Draghi: per salvare la globalizzazione bisogna aumentare gli interventi degli Stati
La liberalizzazione degli scambi ha deluso: non ha favorito i valori democratici e ha creato maggiori diseguaglianze. Per correggerla servono politiche di bilancio e investimenti pubblici più coraggiosi. Il testo integrale della conferenza alla Nabe.
Pubblichiamo integralmente l’intervento di Mario Draghi, il 15 febbraio, alla 40esima conferenza annuale dell'Associazione nazionale per l'economia aziendale (Nabe), durante la quale ha ricevuto il Premio Paul Volcker alla carriera per la politica economica. Nel suo discorso l'ex premier ha spaziato su vari temi, ma due sono stati gli elementi centrali della sua tesi: il paradigma della globalizzazione economica è stato completamente trasformato e viviamo ancora nel mezzo di questa trasformazione; in questo contesto, la politica economica dovrà fare affidamento più su misure fiscali che su misure monetarie. “Questo periodo di profondi cambiamenti nell’ordine economico globale”, ha affermato l’ex premier comporta “sfide profonde per la politica economica”.
Draghi ha fatto notare che la globalizzazione, contrariamente alle aspettative iniziali, “non è riuscita a diffondere i valori liberali della democrazia e della libertà” ma anzi li ha indeboliti “nei Paesi che ne erano stati i principali sostenitori, finendo per alimentare la crescita di forze che guardano più alla dimensione interna”. Ha aggiunto che la debolezza fondamentale di questo sistema è stata l'assenza di regole internazionali e regolamenti delle controversie recepite da tutti i Paesi nel libero scambio.
Di fronte alle transizioni, è stata la sua analisi, le democrazie devono tornare alla loro vocazione fondamentale: proteggere i cittadini dagli effetti economici sulle loro vite causati da shock esterni, dalla geopolitica al clima. Il più urgente di questi effetti è l’inflazione. Per far fronte a questo, Draghi ha invocato un nuovo approccio basato sul legame tra politica monetaria e politica di bilancio e sulla cooperazione tra agenzie indipendenti: “Negli anni a venire, la politica monetaria si troverà ad affrontare un contesto difficile, in cui dovrà inoltre non bisogna mai distinguere tra inflazione temporanea e permanente, tra esplosioni di crescita salariale e spirali che si autoavverano, e tra le conseguenze inflazionistiche di una spesa pubblica buona o cattiva”.
In Europa, ha osservato l’ex premier, le politiche fiscali comuni dovranno garantire investimenti e sostenere un deficit alto, per avere una crescita – in linea con le esigenze climatiche – in cui anche “l’adozione estesa dell’intelligenza artificiale può aiutare”. Draghi ha richiamato un percorso fiscale chiaro e credibile che si concentri sugli investimenti e che preservi i valori sociali europei. È in questa cornice che l’ex capo del governo ha sottolineato che, mai come in quest’epoca, le differenze tra i possibili risultati delle nostre scelte “sono state così marcate”. Ha portato l’esempio del clima: “Raggiungere lo zero netto in tempi sempre più brevi richiede approcci politici radicali in cui il significato di commercio sostenibile viene ridefinito”, ha detto Draghi, citando l’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti e, in prospettiva, il Carbon Border Adjustment Mechanism dell’Unione europea.
Draghi ha concluso sottolineando che i cittadini “conoscono bene il valore della nostra democrazia” e “vogliono preservarla”, ma “spetta ai leader e ai politici ascoltare, capire e agire insieme per progettare il nostro futuro comune”.
Il discorso integrale
Si ringrazia il Nabe per l'immagine di copertina