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Il mondo dentro. Quanto conta il nostro benessere?

Secondo un rapporto dell'Unicef, il suicidio è la prima causa di morte tra i giovani europei tra i 15 e i 19 anni; la quarta in tutto il mondo. Ancora poca attenzione al benessere psicosociale e alla salute mentale dei ragazzi e delle ragazze.

di Chiara Zito 

Pietro correndo è caduto e si è fatto male al braccio sinistro. Tornato a casa dai suoi genitori gli è stato subito consigliato di andare da un medico per verificare che il braccio stesse bene ed evitare che la botta subita, se non curata, si trasformasse in qualcosa di più grave.

Anna, invece, non si sente bene già da un po' di tempo ed ha deciso di condividere le emozioni di tristezza, solitudine e difficoltà che sente dentro con le persone a lei più care. Le è stato detto, però, di non lamentarsi troppo e di alzarsi immediatamente da quel letto: c'è chi sta peggio!

Pietro è andato da un medico, che ha messo una fasciatura ed ha consigliato un antidolorifico, ora sta di nuovo bene!

Anna, invece, continua a stare male; la situazione sembra precipitare ogni giorno di più, si sente sempre più sola e le persone intorno a lei minimizzano la sua sofferenza. Si è chiusa come un riccio, si sente diversa da tutti i ragazzi e le ragazze delle sua età e, soprattutto, non si sente compresa, dai suoi genitori, dagli insegnanti, dagli amici. Tutto le sembra buio, e in un freddo giorno di novembre comincia a pensare di non voler vivere più.

Si stima che ogni anno 45.800 adolescenti al mondo si tolgano la vita. Secondo i dati del rapporto dell’Unicef La condizione dell’infanzia nel mondo: Nella mia mente”, tra i giovani tra i 15 e i 19 anni in Europa, il suicidio è la prima causa di morte, quarta in tutto il mondo, dopo gli incidenti stradali, la violenza interpersonale e la tubercolosi.

Oggi non si dedica ancora la giusta attenzione al benessere psicosociale e alla salute mentale dei ragazzi e delle ragazze: ci sono molte barriere sociali nel chiedere aiuto, pregiudizi culturali nei riguardi della sofferenza psicologica, e non ci sono abbastanza servizi accessibili ad adolescenti e giovani.

Per cui tante, troppe storie di vita diventano purtroppo simili alla storia di Anna.

Si parla ancora troppo poco del disagio psicologico in adolescenza e delle diverse forme che può prendere: difficoltà a gestire l'ansia, stati di depressione, disturbi del comportamento alimentare, per nominarne alcuni tra quelli oggi più comuni tra ragazzi e ragazze.

È importante ricordare che la sofferenza emotiva e il disagio psicologico non vanno mai visti come colpa o fallimento personale.

La salute mentale merita la giusta cura, attenzione, dignità e rispetto.

Il primo passo da cui partire è la consapevolezza che non si è sbagliati se si chiede aiuto, che non si è diversi e non si è inadeguati se ci si sente di star male dentro.

Chiedere aiuto è possibile, ed è anche possibile combattere i pregiudizi verso la sofferenza psicologica e cambiare in meglio la nostra cultura: vogliamo un futuro in cui la salute mentale sia trattata con lo stesso rispetto e riguardo di quella fisica! Siamo chiamati a questo cambiamento e se è scontato ricordarcelo ora, visto che a ottobre ricorre la Giornata internazionale della salute mentale, è importante non scordarlo nel resto dell’anno.

Facciamo capire a tutti, coetanei ed adulti, scuola e famiglia, che i bisogni di Anna sono importanti tanto quanto quelli di Pietro, quindi è giusto che vengano date le stesse opportunità di supporto dalla società e dalle istituzioni.

di Chiara Zito, volontaria Younicef, attivista per l'ambiente e Ubloggger (www.ublogger.org)

 

Se vuoi saperne di più, il 4 novembre segui l’evento digitale

“IL MONDO DENTRO DI ME.

Benessere psicosociale e salute mentale raccontati dagli adolescenti”

 

 

 

mercoledì 20 ottobre 2021