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Quale futuro per le donne afgane?

Una lettera e due donne, come specchio delle giovani afgane di oggi, che desiderano istruzione, opportunità professionali e una società con meno restrizioni.

di Victoria Romano

Sono stata molto colpita dai recenti drammatici fatti collegati al ritiro delle forze armate statunitensi dall’Afghanistan, e dagli effetti della presa del Paese da parte dei gruppi estremistici sulla condizione dei diritti delle bambine e delle donne. 

Quale futuro spetterà loro se fossero davvero private del diritto all’istruzione?

Guardando le immagini delle ragazze segregate a scuola e nelle loro classi ho immaginato di scrivere una lettera che facesse da seguito al romanzo Mille splendidi soli, di Khaled Hosseini, che ho avuto modo di studiare a scuola. 

Mi sono immedesimata in Laila, una delle protagoniste della storia, che scrive a sua figlia Mariam nel giorno del suo 15esimo compleanno. Nella lettera Laila descrive a sua figlia l'importanza del suo ruolo di donna nell'Afghanistan del 21esimo secolo, e di come lo studio sia l’unica arma che le donne oggi possiedono per uscire dalla loro condizione di segregazione, seppure soltanto con la loro mente e le loro idee.

Laila, alla fine del romanzo di Housseini, sceglie infatti di diventare un’insegnante e dedicare la sua vita ai bambini del suo Paese. Ho immaginato che Laila fosse determinata a diffondere conoscenza e motivazione a sua figlia tanto quanto farebbe con i suoi studenti, evocando il potere della femminilità, anche nella situazione drammatica di un Paese dilaniato dalle guerre e dall’oppressione come l'Afghanistan. Ho immaginato la piccola Mariam come specchio delle giovani afgane di oggi che desiderano istruzione, opportunità professionali e una società con meno restrizioni.

Mi angoscia la difficile realtà delle ragazze afgane, poco più grandi o poco più piccole di me, sorelle con un destino avverso che si vedono negare oggi il diritto allo studio in nome di un ideale politico o religioso che le discrimina. Come possiamo proteggerle? Come possiamo non farle sentire sole e indifese?

Me lo chiedo ogni giorno e al futuro rivolgo la mia preghiera di speranza e salvezza.

Mia amata figlia,

ti scrivo oggi, nel giorno del tuo quindicesimo compleanno. Ora sei abbastanza grande per conoscere la storia del tuo nome, che è legata alla storia della donna a cui un tempo apparteneva.

So di non essere una madre perfetta; non mi è mai stato insegnato come esserlo. Forse è stata l'unica lezione che mio padre non mi ha insegnato. Mia madre, che a malapena mi parlava non avrebbe mai potuto dirmi ciò che ho imparato nei pochi anni trascorsi con Mariam.

Con lei, mi è stata data un'altra possibilità, la possibilità di allevarti nel modo giusto. E voglio raccontarti questa storia per aiutarti a capire chi sei, e l'importanza del tuo ruolo in questo nostro Paese, ora che sei diventata una donna.

Mentre scrivo questa lettera, posso sentire mio padre che ci guarda dall'alto con approvazione. Ricordo ancora le sue parole, che mi insegnavano che potevo essere tutto ciò che volevo. Solo ora, come madre e come insegnante, mi rendo conto dell'importanza delle sue speranze per me.

Mariam e io eravamo molto diverse. Dal giorno in cui sono diventata soggetto dei desideri di Rashid, siamo divenute rapidamente rivali. Io ero giovane e ingenua, e mi ci è voluto del tempo per vederla per quello che era veramente.

Sebbene nessuna di noi due se lo sarebbe aspettato, nonostante tutto l'odio, Mariam è diventata come una madre per me. Mentre condividevamo le nostre storie, ci rendevamo conto che il legame che avevamo era speciale, qualcosa che nessuno di noi aveva mai sperimentato.

Ho imparato tanto su di lei durante quei giorni interminabili, mentre mi intrecciava i capelli bevendo tè in giardino. Mentre io ero ancora una studentessa che studiava le frazioni, lei veniva frustata con una cintura di pelle. Mentre me ne andavo di nascosto con tuo padre, è stata costretta a masticare sassolini. Mentre io giocavo con i miei amici, lei contava i suoi lividi. Dopo tutto il dolore che ha vissuto, il suo cuore era ancora pieno d'amore.

Mariam era la donna più forte che conoscessi. Nello spazio di un solo secondo, ha salvato entrambe le nostre vite. Ha posto fine alla nostra sofferenza e alla nostra infinita resistenza alla tortura di Rashid. Sapevamo entrambe che i talebani non avrebbero lasciato impunite le nostre azioni. Ci ha costretto a lasciarla e non avevamo scelta.

L'abbiamo lasciata sola ad affrontare l'imminente esecuzione. Ma anche in quegli ultimi istanti, era piena di serenità e coraggio. Riesco ancora a vederla salutare con la mano, con il suo sorriso a labbra serrate e il viso triste.

Mariam mi ha dato un futuro, mi ha dato una famiglia.

La cosa più importante, Mariam jo, attraverso il suo sacrificio, sono stata in grado di darti il dono della vita. Hai il nome di un pari – un angelo. Un angelo che l'Afghanistan non era pronto a salvare.

Ma il suo amore vive dentro di te e dovrai portare questo amore al mondo.

di Victoria Romano, 17 anni, di nazionalità neozelandese e italiana, è appassionata di scrittura e film. Contribuisce a U-Blog dal 2020.

Foto Copyright @UNICEF

venerdì 17 settembre 2021