Il Pnrr, occasione per cambiare non solo l’Italia ma anche gli italiani
Per attuare il Pnrr è importante il coinvolgimento delle istituzioni, ma fondamentale la partecipazione delle associazioni e dei singoli cittadini.
di Annamaria Vicini
Il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) è stato approvato ed è giusto esultare per un traguardo il cui raggiungimento non era, fino a qualche mese fa, per nulla scontato. Ma l’esultanza lascia subito spazio al dubbio e all’incertezza: ce la faremo, ce la farà l’Italia, a realizzare un cambiamento giustamente da qualcuno definito “epocale”?
Perché dopo il difficile compito di mettere nero su bianco non un elenco di numeri e di cose da fare ma un progetto organico per definire una visione di futuro, come giustamente ha ricordato Draghi, arriva l’ancor più arduo compito di realizzarlo. Il problema è ben presente al Presidente del Consiglio, che nel suo discorso alle Camere ha sottolineato l’importanza di coinvolgere nel processo di governance le istituzioni e le parti sociali.
Ma sarà sufficiente?
Le riforme per essere attuate hanno bisogno di un’adesione convinta se non di tutti, cosa obiettivamente impossibile, almeno di una buona parte dei cittadini interessati, pena il loro fallimento.
Cambierà l’istruzione senza l’adesione convinta degli insegnanti?
Si colmerà il divario digitale, che in Italia sappiamo essere più alto che altrove, senza l’accettazione - in particolare delle fasce più anziane e meno istruite - di aprirsi a forme di comunicazione e accesso da molti ritenute ostiche o addirittura insormontabili?
E riuscirà finalmente la Pubblica Amministrazione a diventare più smart se gli addetti continueranno a opporre resistenza?
Il contrasto al cambiamento climatico, madre di tutte le battaglie, potrà avvenire se si continuerà a preferire l’auto ai mezzi pubblici anche quando questi ultimi, si spera, diventeranno più diffusi e più appetibili sia per i tempi di percorrenza che per i costi?
L’elenco potrebbe continuare, ma credo il senso sia chiaro.
Del resto, anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi esprime, in un’intervista al Corriere della Sera, un’analoga preoccupazione riguardo al ruolo delle imprese: “come verranno coinvolti i privati nella realizzazione, per esempio, del cloud o della transizione energetica?”, è una delle tante domande che rivolge al governo, dopo aver sottolineato giustamente l’importanza prioritaria di un processo di semplificazione e sburocratizzazione.
Se la necessità di quest’ultima però sembra essere ben presente al presidente del Consiglio e alla compagine governativa, quella del coinvolgimento dei portatori di interesse non istituzionali risulta invece carente.
Eppure, una buona notizia c’è, ed è che una parte non residuale di popolazione mostra interesse e disponibilità a partecipare alla cosa pubblica. Lo confermano le tante associazioni di volontariato, che in Italia sono non solo numerose ma anche particolarmente attive in diversi campi, e hanno spesso supplito alle carenze dell’intervento pubblico.
Lo dimostrano anche alcune iniziative promosse da enti locali, che trovano un riscontro convinto e ampio da parte della cittadinanza. Mi è noto l’esempio di Milano, dove il comune insieme alla regione, al Politecnico e ad altri enti e fondazioni, ha promosso il progetto Forestami con l’obiettivo di piantumare tre milioni di alberi entro il 2030: attualmente sono 281.160 quelli già piantumati, grazie a donazioni di privati e a un lodevole partenariato tra enti pubblici e soggetti privati. Un’altra iniziativa, dello stesso comune di Milano, riguarda i Patti di collaborazione per la gestione dei beni comuni attraverso i quali cittadini e cittadine singoli o riuniti in associazioni possono collaborare con l’amministrazione nella realizzazione di progetti di gestione, manutenzione, miglioramento e attivazione dei beni comuni urbani, dalle aree verdi a porzioni di terreno, dagli spazi a piccole installazioni per la pratica di sport.
Sicuramente in giro per l’Italia ci saranno altri esempi di buone pratiche, che forse sarebbe utile censire e diffondere. Ma quello che qui preme è ribadire con forza l’importanza del coinvolgimento non solo dei portatori di interesse istituzionali ma anche delle associazioni e dei singoli cittadini nell’attuazione delle riforme previste dal Pnrr: attraverso quali modalità lo dovrà decidere il governo, che dell’attuazione è il garante e il massimo responsabile.
Se verrà attuata un’adeguata informazione e se si individueranno le forme più opportune di partecipazione anche dal basso il Piano avrà maggiori possibilità di successo. Diversamente rischiamo di non cogliere appieno un’opportunità unica e forse irripetibile di cambiare non solo l’Italia ma anche gli italiani.
di Annamaria Vicini, giornalista pubblicista, ha collaborato con alcune delle maggiori testate nazionali e cura un blog di successo. Ha fondato l’associazione CoderMerate, che promuove l’insegnamento del coding e della robotica educativa a bambini e adolescenti. Ha pubblicato il romanzo Non fare il male, e l’eBook Abbracciare il nuovo mondo. Le startup cooperative.