Sipri: la produzione di armi non riesce a soddisfare la domanda
Aumenta la richiesta di armi e attrezzature militari degli ultimi anni, ma la produzione delle grandi aziende del settore non risponde adeguatamente, registrando un calo nei ricavi del 2022.
Secondo i dati pubblicati dall'Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma (Sipri) il 4 dicembre 2023, i ricavi delle vendite di armi e servizi militari da parte delle cento maggiori aziende del settore sono nel 2022 il 3,5% in meno rispetto al 2021.
La carenza di manodopera, l'aumento dei costi e le interruzioni nella catena di approvvigionamento, amplificate dalla guerra in Ucraina, hanno limitato la capacità produttiva di molte aziende statunitensi ed europee, nonostante una crescente richiesta globale alimentata dalle tensioni geopolitiche. Inoltre, alcuni Paesi hanno piazzato i nuovi ordini tardivamente nel corso dell'anno facendo sì che l'impennata della domanda non si riflettesse sui ricavi di queste aziende nel 2022. I dati Sipri mostrano che questa tendenza, interessa soprattutto le principali aziende statunitensi (che rappresentano il 51% del totale dei ricavi da armamenti della Top 100) che hanno registrato un calo del 7,9%, principalmente a causa dei continui problemi della catena di approvvigionamento e la carenza di manodopera derivante dalla pandemia di Covid-19. L'Asia, l'Oceania e il Medio Oriente d’altra parte, hanno mostrato una risposta più rapida alla domanda crescente. I ricavi da armamenti delle 22 aziende di Asia e Oceania presenti nella classifica sono aumentati del 3,1%. Nel 2022, il Medio Oriente ha registrato il maggior aumento percentuale (11%) rispetto a qualsiasi altra regione: solo le aziende turche hanno segnato un +22%, seguite da quelle israeliane (6,5%).
Rapporto Sipri: spesa militare mondiale in “continuo aumento”
Crescita record degli armamenti, secondo l’ultimo studio dell’Istituto internazionale di ricerca per la pace di Stoccolma. Stati Uniti e Cina i Paesi che investono di più, seguiti dalla Russia. In Europa +13% di spesa rispetto al 2021.
Modesta la crescita in Europa, dove i ricavi da armamenti delle 26 aziende della Top 100 sono aumentati dello 0,9%. Tuttavia inizia a filtrare la domanda legata alla guerra in Ucraina di materiale adatto a una guerra di logoramento, come munizioni e veicoli blindati. Molti produttori europei di questi articoli hanno visto crescere le loro entrate, in particolare Germania, Norvegia e Polonia.
Nonostante il ritardo nella produzione, l’instabilità geopolitica mondiale e il crescente numero dei conflitti hanno scatenato un inarrestabile incremento delle spese militari e una corsa agli armamenti su scala mondiale.
Sull’instabilità geopolitica che “favorisce i mercanti di armi” si è espresso anche l’ex premier Romano Prodi, in un articolo pubblicato il 9 dicembre sul Messaggero. “Le spese militari globali, come riportato da Sipri, hanno raggiunto i 2240 miliardi di dollari nel 2022, mostrando un aumento del 3,7% rispetto all'anno precedente, superando persino le spese militari degli ultimi anni della guerra fredda”, ha commentato Prodi. Questa crescita ha portato a una ricerca intensiva di armi sempre più sofisticate, con un'espansione nell'arsenale nucleare che supera le 12mila testate, delle quali 2mila sono considerate pronte per essere utilizzate. Gli Stati Uniti, con un bilancio della difesa che ammonta al 1140% del totale mondiale, mantengono la leadership, seguiti dalla Cina. L'Europa ha visto una crescita significativa nella spesa militare, in particolare a causa della situazione in Ucraina, con un aumento del 13% nell'ultimo anno.
L'incremento delle spese militari europee dovrebbe essere accompagnato da una strategia comune di difesa e politica estera, suggerisce Prodi. Tuttavia, le sfide legate ai bilanci pubblici e alle pressioni per destinare risorse a settori come la spesa sociale, stanno generando una crescente resistenza all'aumento delle spese per la difesa.
Fonte dell'immagine di copertina: 123rf