Una Belt and road di progetti “piccoli ma belli” per adeguarsi alla nuova Cina
Il gigantesco piano di investimenti infrastrutturali internazionali entra in nuova fase, tra digitalizzazione, progetti green e Paesi in debito. Unione europea, Stati Uniti e India propongono alternative. Il disimpegno dell’Italia.
“La Belt and road è basata sulla 'pianificazione e costruzione comune con benefici reciproci’. Va al di là delle differenze tra civilizzazioni, culture, sistemi sociale e livelli di sviluppo. Ha aperto una nuova via per gli scambi tra i Paesi e ha creato un nuovo contesto per la cooperazione internazionale. La Belt and road initiative rappresenta la ricerca collettiva di uno sviluppo per l’umanità” ha affermato il presidente Xi Jinping durante il suo discorso al terzo forum della Belt and road initiative (Bri) che si è svolto a Pechino tra il 17 e il 18 ottobre 2023 e a cui hanno partecipato 140 Paesi, prevalentemente dal Sud Globale. Durante il forum sono stati discusse alcune azioni da intraprendere per trasformare la nuova via della seta, con una riduzione degli investimenti cinesi e una maggiore attenzione a progetti sostenibili e digitali.
La nuova fase della Bri
Lanciata nel 2013 da Xi Jinping con un forte richiamo alle tradizionali rotte commerciali della via della seta, la Belt and road initiative consiste in un piano di sviluppo infrastrutturale terrestre e marittimo. L’obiettivo? Migliorare i collegamenti e rafforzare le relazioni tra i Paesi dell’Eurasia. Oltre ad ampliare le opportunità di investimenti cinesi all’estero e rilanciare il ruolo della Cina sul piano internazionale, naturalmente. In questi dieci anni la Bri si è ampliata, includendo anche progetti in Africa e in Sud America. Finora 150 Paesi e 30 organizzazioni internazionali hanno aderito alla Bri e gli investimenti hanno raggiunto mille miliardi di dollari, secondo i dati del Green finance & development center dell’Università Fudan di Shangai.
Con il terzo summit la Belt and road initiative entra in una nuova fase. A ricevere la maggior parte dei finanziamenti saranno i 小而美项目 (xiǎo ér měi xiàngmù), letteralmente progetti “piccoli, ma belli”, ridotti in termini di dimensione e di rischio, confermando la diminuzione degli investimenti cinesi nella Bri osservata negli ultimi anni. La scelta potrebbe essere anche legata alle difficoltà che il Paese si trova ad affrontare sul piano interno: un rallentamento della propria economia, con un obiettivo di crescita del Pil fissato al 5% per il 2023, e alti tassi di disoccupazione giovanile.
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Maggiore attenzione verrà posta alla digitalizzazione, all’innovazione tecnologica e all’Intelligenza artificiale. Proprio durante il forum, la Cina ha lanciato la “Artificial intelligence global governance initiative” con l’obiettivo di regolamentare lo sviluppo dell’AI. “Stamo pronti a aumentare gli scambi e il dialogo con altri Paesi e a promuovere insieme lo sviluppo stabile, ordinato e sicuro dell’Intelligenza artificiale” ha affermato Xi Jinping nel suo discorso al terzo forum della Bri.
Anche i progetti di sviluppo sostenibile diventeranno centrali all’interno della Bri. O almeno questa è l’indicazione fornita dal presidente Xi Jinping durante il forum: “La Cina continuerà ad approfondire la cooperazione nelle aree come le infrastrutture green, l’energia pulita e i trasporti sostenibili e a incrementare il supporto per la Bri international green development coalition”, invitando gli Stati membri
Nel primo semestre del 2023 il 41% degli investimenti cinesi in campo energetico nella Bri è stato destinato al solare e all’eolico e il 14% all’energia idroelettrica, riporta il Green finance & development center dell’Università Fudan di Shanghai, evidenziando un maggior impegno della Cina per la sostenibilità.
Riscuotere i debiti
Il ridimensionamento degli investimenti della Bri, che diventeranno “piccoli ma belli”, è in parte legato all’indebitamento di alcuni Paesi nei confronti della Cina. Il caso più noto è forse quello dello Sri Lanka che, non riuscendo a restituire il prestito, ha ceduto alla Cina il controllo del porto di Hanbantota per 99 anni. Ma in una situazione simile si trovano anche Pakistan, Zambia e Suriname, sotto pressione per saldare il debito.
Secondo una ricerca dell’AidData research Lab, che ha analizzato oltre 20mila progetti finanziati tra il 2000 e il 2021, molti dei quali all’interno della Bri, i prestiti cinesi ai Paesi in via di sviluppo ammontano a oltre 1.300 miliardi di dollari. Molti progetti sono stati sospesi o annullati. E la Cina ha introdotto alcune misure per ridurre i rischi e recuperare una parte del debito, come incrementare le pene per i pagamenti in ritardo.
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Le alternative alla Belt and road initiative
Negli ultimi anni sono nati progetti per contrastare e ridimensionare la Bri. Nel 2021 gli Stati Uniti e gli altri membri del G7 hanno lanciato la Build back a better world per promuovere lo sviluppo industriale nei Paesi a basso e medio reddito. Anche l’Unione europea nel 2021 ha adottato una propria strategia per incoraggiare le connessioni nel settore digitale, energetico e dei trasporti e rafforzare i sistemi educativi e sanitari nel mondo. Si chiama Global gateway e prevede investimenti per centinaia di milioni di euro in progetti sostenibili e di alta qualità.
A marzo del 2019 con il primo governo Conte, l’Italia è stata il primo e unico Paese del G7 ad aderire alla Bri. Per il nostro Paese era ritenuta un’opportunità per aumentare gli scambi commerciali, mentre per la Cina è stato un importante riconoscimento simbolico sul piano politico. Il governo Meloni sembra intenzionato a non rinnovare l’accordo. Con questa scelta anche l’Italia si allinea alle politiche degli Stati Uniti e dell’Unione europea che sempre più vedono la Cina come un avversario. Importanti anche le motivazioni economiche: con l’adesione alla Bri non sono stati raggiunti i risultati economici e commerciali sperati. L’accordo ha una durata di cinque anni e si rinnova automaticamente: Italia ha quindi tempo fino alla fine dell’anno per comunicare ufficialmente l’uscita.
Le sfide alla Bri non arrivano solo dagli Stati occidentali. Durante il G20 che si è svolto a settembre del 2023 a New Dehli, l’India ha annunciato l’India-Middle East Europe economic corridor, un progetto infrastrutturale per collegare il Paese all’Europa attraverso la penisola arabica, escludendo la Cina dalle eventuali nuove rotte commerciali.
Fonte dell'immagine di copertina: ansa.it