ASviS Live: “Costruire la pace richiede un rafforzamento delle organizzazioni internazionali”
Al Salone del Libro e in diretta l’evento dell’Alleanza: la crisi internazionale che stiamo vivendo deve porre le basi per un nuovo ordine mondiale. La viceministra Sereni: portare l’aiuto pubblico allo sviluppo allo 0,7%.
di Andrea De Tommasi
Si è parlato del futuro del multilateralismo, del ruolo dell’Onu e dell’Europa, del processo di costruzione globale della pace nel terzo ASviS Live, tappa di avvicinamento al Festival dello sviluppo sostenibile, che si è tenuto lunedì 23 maggio al Salone del Libro di Torino e in diretta streaming. Un evento per riflettere sulla crisi alimentata dalla guerra in Ucraina, che ha rappresentato una drammatica battuta d’arresto per l’azione multilaterale, ma offre al contempo la necessità e l’occasione per migliorare il funzionamento delle grandi istituzioni internazionali. L’incontro, con il quale si sono aperte le candidature agli eventi del Festival dello sviluppo sostenibile 2022 che si terrà dal 4 al 20 ottobre, è stato trasmesso anche su Futura network, Ansa, Rainews, Repubblica, Quotidiano Nazionale, La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno, Radio Radicale, Sapere Ambiente e sulla pagina Facebook di Rai per il sociale.
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Donato Speroni, senior expert dell’ASviS e responsabile di Futura network, ha aperto l’incontro richiamandone la particolare delicatezza e attualità: “Come mai abbiamo scelto un tema così difficile? Siamo stati mossi dalla tragedia della guerra in Ucraina. E abbiamo pensato che le crisi offrono l’occasione per cambiare l’esistente. Accadde alla fine della Seconda guerra mondiale, con la nascita delle Nazioni unite e la definizione del sistema monetario attraverso la conferenza di Bretton Woods. I momenti più difficili sono quelli in cui si pensa di poter cambiare il futuro, e la chiave è la pace. Ma non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia nel mondo senza istituzioni solide e non può essere solo in Europa” ha ricordato Speroni, aggiungendo che pace e cooperazione internazionale sono tra i principali impegni dell’ASviS. Già un anno fa, al nostro interno, è maturato il progetto del Quaderno ‘Lettura ragionata dell’Enciclica Fratelli Tutti alla luce dell’Obiettivo 16’, con l’intento di avviare una riflessione condivisa sul messaggio universale dell’Enciclica e del suo rapporto col programma dell’Agenda 2030”.
Partendo da questi presupposti, Speroni ha invitato gli ospiti a riflettere su diversi temi come il ruolo dell’Onu, la collaborazione tra le democrazie al di là degli aspetti militari per la giusta difesa dell’Ucraina e i rapporti con il resto del mondo per costruire un modello di sviluppo sostenibile ed equo, le prospettive dell’Unione europea anche alla luce della recente Conferenza sul futuro dell’Europa e delle ipotesi di collaborazione rafforzata tra alcuni Paesi e di una più ampia intesa rispetto ai Ventisette per includere in un accordo politico i Paesi candidati all’Ue, dall’Ucraina ai Balcanici.
L’incontro è entrato subito nel vivo grazie al panel condotto da Diva Ricevuto, presidente di Sulleregole e coordinatrice del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide), che ha interrogato Raul Caruso, ordinario di Economia della pace all’Università Cattolica, sul ruolo delle Nazioni unite nella politica del futuro. “L’Onu ha raccolto più successi di quanto si immagini”, ha affermato; “il ruolo nel peacekeeping è stato davvero cruciale. Ricordiamo esperienze negative come Srebrenica, ma ce ne sono tante positive. D’altra parte, occorre riconoscere che il Consiglio di sicurezza va riformato”. Caruso ha evidenziato la necessità di “riscrivere le regole del commercio internazionale di armamenti, visti i progressi tecnologici del settore e lo sfaldamento degli assetti costruiti dopo la Seconda guerra mondiale”, e ha parlato del ruolo dell’Unione europea nei Balcani, “dove si è svolta l’ultima guerra europea e dove, se non siamo capaci di costruire un dialogo costruttivo, si gioca la nostra credibilità come attori globali”. Una partita che coinvolge anche il campo degli investimenti, considerando che “le istituzioni multilaterali paradossalmente costano meno dei singoli impegni degli Stati”.
Manlio Graziano, docente di geopolitica alla Paris School of International Affairs di SciencesPo e all'Università della Sorbona, ha esplorato le prospettive di un rinnovato atlantismo che rischia tuttavia di indebolire il progetto europeo promosso da Macron: “L'Europa, intendendo i 27 Paesi, si trova oggi ricompattata, il che è buono, ma dietro agli Stati Uniti. Oggi tutto è rimesso in discussione. Perché la Francia, leader della tendenza più indipendentista, non ha reagito differentemente, come accadde invece nel caso della guerra in Iraq? Penso che se oggi avessero agito diversamente avrebbero provocato una scissione: nel 2003 si trattava della guerra in Iraq e non in Europa. La situazione per l’Europa è particolarmente fragile. Questo accodamento agli Stati Uniti non potrà durare molto a lungo”.
Franco Vaccari, fondatore e presidente dell’associazione Rondine Cittadella della Pace, si è soffermato sul senso profondo del concetto di pace, che rischia di essere “svuotato di significato o caricato di retorica”, ritenendo che “per diventare davvero costruttori di pace dobbiamo perdere un po’ della nostra tranquillità, dei nostri privilegi, lavorando sulla falsa e terribile immagine del nemico, perché se l’Europa sta ritrovando la sua unità perché c’è la guerra questo significa che non è vera unità. Dobbiamo mantenere le relazioni, sapendo che saranno i giovani russi e i giovani ucraini a costruire la pace. E dico i giovani perché hanno, insieme alle donne, una marcia in più per risolvere i conflitti”.
Silvia Stilli, portavoce dell’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi) e coordinatrice del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 17 (Partnership per gli obiettivi), ha osservato che le istituzioni europee hanno difficoltà a rispondere alla volontà di protagonismo dei giovani, ad esempio “di fronte alla disponibilità delle Ong ad averli come volontari dai tempi della pandemia, in Italia abbiamo un blocco dell'invio dei volontari all’estero”. Sul multilateralismo, Stilli ha detto che per funzionare a livello anche umanitario ha bisogno di un forte bilateralismo, di una politica che sia fattiva nel difendere il ruolo del parlamento: “L’Europa oggi ha un ruolo determinante nella diplomazia, per contrastare la parte militarizzata di Usa, Russia e Cina. Ma in Europa ci sono anche muri e fili spinati, in Ucraina e in Polonia, abbiamo un restringimento dei diritti civili in questi Paesi e non solo”. Per Stilli l’Ue deve rafforzarsi sui valori comuni: “Siamo sicuri che l’impegno per l’armamento e per rafforzare un esercito europeo sia la priorità, mentre l’Italia ad esempio arranca sull’obiettivo dello 0,70% destinato all’Aiuto pubblico allo sviluppo? Questa è una riflessione che lascio a tutti noi”.
Loredana Teodorescu, responsabile Affari europei e internazionali dell’Istituto Luigi Sturzo e presidente di Women in international security (Wiis) Italy, ha esordito citando Robert Schuman: “La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi” - e ha sottolineato il ruolo delle donne non come vittime ma come protagoniste del cambiamento, per oltrepassare il principio del ‘business as usual’ anche nell’ambito delle relazioni internazionali: “Se vogliamo arrivare a nuove idee, abbiamo bisogno di uno scambio di visioni. La partecipazione femminile alla vita pubblica è un catalizzatore di idee per affrontare le sfide globali. Se penso alla pace, il contributo delle donne è specifico: quando sono coinvolte nella mediazioni, queste sono sostenibili nel tempo e c’è il 35% di probabilità in più che un accordo duri per sempre. Le donne in ruoli apicali sono segni importanti per la disuguaglianza, i valori e una pace che sia duratura”.
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Per Filippo Salone, responsabile relazioni esterne di Fondazione Prioritalia e co-coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 16, “la storia dell’Europa ci insegna che la guerra non è la continuazione della politica con altri mezzi ma è il fallimento della politica. Costruire l’Europa significa costruire la pace, diceva Jean Monnet. Non dobbiamo dimenticare che l’Europa ha come sua pietra angolare la costruzione della pace”. Salone ha ricordato che l’Onu e l’Unione europea, nonostante i loro limiti, sono fondamentali per la risoluzione negoziale dei conflitti, e ha inviato a cogliere gli stimoli generativi della Conferenza per il futuro dell’Europa, “un’infrastruttura politica di servizio” che ha saputo rappresentare l'esigenza di mobilitazione democratica delle giovani generazioni e allo stesso tempo lanciare puntuali proposte di riforma sul piano della governance istituzionale dall'Unione. Infine, ha rivolto un pensiero all’ex presidente del Parlamento europeo David Sassoli e al suo impegno costante in difesa della pace.
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“La pace non può essere considerata scontata ma richiede scelte e atti concreti”, ha affermato Marina Sereni, viceministra degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, “e tra questi atti c’è la cooperazione internazionale allo sviluppo”. Sul ruolo dell’Onu, ha sottolineato che “nei luoghi di crisi, nelle emergenze umanitarie non sarebbe possibile intervenire se non ci fossero le Nazioni unite: imperfette, bisognose di riforme ma indispensabili per salvare vite umane e cercare di promuovere la pace. Altrettanto fondamentale per la nostra cooperazione allo sviluppo”, ha proseguito, “è il ruolo che svolgono le Osc, le organizzazioni della società civile, molto vicine alle comunità locali. Se in alcune aree, dalla Siria all’Afghanistan, dal Sahel al Venezuela, non ci fossero le Organizzazioni della società civile (Osc) italiane, non ci sarebbe la cooperazione italiana”. Ma non ci sono solo emergenze, tra le ragioni dei conflitti, ha ricordato, ci sono le diseguaglianze, gli squilibri, la mancanza di uno sviluppo equo e sostenibile e “la nostra bussola è quell’Agenda 2030 su cui l’ASviS lavora da molti anni unendo attori istituzionali e non".
Per l’emergenza ucraina, ha spiegato, “l’Italia ha fatto la sua parte, stanziando importanti risorse per i primi aiuti. Inoltre ci apprestiamo a fare un bando di circa dieci milioni per le Osc italiane impegnate in questa crisi”. A suo avviso, l’aumento nel bilancio dello Stato delle risorse per la cooperazione “è indispensabile, anche per rispettare l’impegno internazionale a destinare all’Aiuto pubblico allo sviluppo lo 0,7 del Pil, muovendoci gradualmente nella direzione di colmare il divario, visto che ora siamo allo 0,28”.
Come cambieranno i rapporti e le relazioni internazionali con la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina? E cosa può fare l’Europa? “Siamo certamente uniti di fronte ad un’aggressione illegale”, ha detto ancora Sereni, “ma abbiamo anche per la prima volta affrontato insieme un’emergenza umanitaria e migratoria di proporzioni enormi, cosa che prima sembrava impossibile. Se vogliamo avere voce in capitolo sulle grandi questioni globali”, ha concluso, “dobbiamo superare la regola dell’unanimità. Non è un tabù aprire il tema della riforma dei Trattati e bisogna anche lavorare, a trattati vigenti, su forme di cooperazione rafforzata”.
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