Uomini, da presunte vittime ad attori del cambiamento
L’associazione Maschile Plurale invita ad accettare la sfida del femminismo e a mettere in discussione un ordine ingiustamente considerato naturale.
Gli uomini possono essere femministi?
L’interrogativo attraversa e divide il composito mondo delle sigle che si battono per l’uguaglianza (o in qualche caso per la differenza) tra i generi, ritrovando vigore a causa dell’efferato femminicidio di Giulia Cecchettin e dell’ondata di sdegno che ne è seguita.
Ma se vogliamo che questi fatti non si ripetano, come purtroppo già sta avvenendo, bisogna “andare oltre l’emozione del momento”: il monito arriva da un esponente dell’associazione Maschile Plurale che, come si legge sull’home page del sito, “si occupa di promuovere una cultura che superi il patriarcato e una società liberata dal maschilismo e dal sessismo”.
Stefano Ciccone, sociologo e autore di alcuni libri sull’argomento, intervenuto a un incontro promosso dall’associazione Reti culturali, va controcorrente: quello che deve essere cambiato è il discorso pubblico dominante, che rappresenta gli uomini come vittime di un femminismo massimalista perché contro il genere maschile. Mentre in realtà, “il femminismo ha svelato un dominio considerato naturale, che naturale non è ma è frutto di una costruzione culturale”.
Ma se perfino intellettuali del calibro di Massimo Cacciari hanno dichiarato pubblicamente che il patriarcato è finito secoli fa, l’ha pungolato la psicologa Antonella Ciccarelli.
“I temi che riguardano le relazioni tra i sessi sono considerati come qualcosa da cui si può prescindere, ed è per questo che alcuni intellettuali ne parlano con superficialità”, ha ribattuto Ciccone. “L’omicidio di Giulia Cecchettin ci dice che la cultura patriarcale si rinnova riproducendo forme diverse di potere”.
Insomma, non siamo più negli anni del Dopoguerra rappresentati dal film di Paola Cortellesi che tanto successo sta avendo sia di pubblico che di critica, forse anche proprio perché rappresenta una realtà che oggi appare lontana e quindi in qualche modo genera meno paura.
“Oggi”, spiega il sociologo, “il patriarcato non è più rappresentato dal capofamiglia che bastona la moglie ma è qualcosa di più articolato: è nella polarizzazione mente/corpo, scienza/natura, razionalità/emozioni”.
Il che non significa che non esiste più la violenza fisica, come purtroppo quasi ogni giorno dobbiamo constatare, ma che quella violenza è anche il frutto estremo e avvelenato di una sopraffazione più pervasiva e insidiosa, meno evidente e quindi più difficile da individuare e sradicare.
Talmente pervasiva e insidiosa che le donne stesse non ne sono esenti. Un esempio è venuto proprio in questi giorni dall’interrogatorio a cui è stata sottoposta la ragazza che ha denunciato per stupro il figlio di un noto comico e alcuni suoi amici, interrogatorio condotto da un’avvocata e che più che accertare i fatti è sembrato voler vittimizzare una seconda volta colei che ha subito.
“La vittima ‘buona’ è accettata, ma se si prova a ragionare e a testimoniare una volontà di cambiamento allora no”, rilancia l’esponente di Maschile Plurale che insieme ad Antonella Ciccone collabora con i Cuav (Centri per uomini autori di violenza).
“Spesso queste persone non riconoscono di aver agito in modo violento anche perché la violenza è socialmente legittimata”, spiega il sociologo. “Basti pensare ai testi di alcune canzoni, non solo del genere trap ma anche di quello considerato melodico che va a Sanremo. Bisognerebbe ascoltare di più gli autori di violenza per avere maggiori strumenti per capire il fenomeno e riuscire a costruire una conoscenza dei meccanismi relazionali”.
Ma, tornando alla domanda iniziale: gli uomini possono essere femministi?
“Gli uomini dovrebbero smettere di sentirsi vittime e accettare la sfida del femminismo, dovrebbero mettersi in discussione e capire chi vogliono essere. C’è una precarietà dell’identità e perciò si ha paura di mettere a rischio il modello tradizionale. Ma riflettere non crea disordine”.
Forse per questi “nuovi” maschi mancano i modelli.
Il genere femminile ha capito da un po’ l’importanza dei role models e c’è tutto un lavorio per portare (o riportare) alla luce le biografie e le carriere di coloro che possono essere ispiratrici per le nuove generazioni.
Da questo punto di vista il genere maschile appare invece un po’ spiazzato. Occorre reinventarsi, e non è facile.
Ma qualcuno che ci sta provando c’è, speriamo che presto siano in molti.
Fonte dell'immagine di copertina: bpawesome/123rf