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La prima presidente è di destra ma da sinistra non sono mancati i contributi femminili

Basterebbe ripescare dal dimenticatoio le storie delle 21 politiche donne che contribuirono a scrivere la nostra Costituzione.

di Annamaria Vicini

Si parla tanto in questi giorni del perché la prima donna a diventare premier in Italia sia di Destra e non invece di quel Centrosinistra che spesso sbandiera la parità di genere senza poi metterla in pratica al suo interno.

Eppure in quest’area non mancano modelli di politiche a cui ispirarsi, a partire dalle 21 Madri costituenti che parteciparono alla stesura della nostra Costituzione. 

Grazie a una mostra dell’associazione Toponomastica femminile ho scoperto donne che meritatamente hanno fatto la storia e che nella stragrande maggioranza sono del tutto dimenticate.

Tolte Nilde Iotti, prima presidente della Camera dei deputati e politica con sfavillante carriera, e Angelina (Lina) Merlin, conosciuta per la legge che portò alla serrata delle “case chiuse” in cui la prostituzione era legalizzata con sfruttamento di chi si prostituiva e grave danno all’immagine femminile, delle altre si è persa, se mai si è avuta, la memoria.

Eppure sono donne che hanno vissuto vite incredibili, consapevoli del proprio valore e coraggiose al punto da trattare uno scambio di prigionieri tra militari tedeschi e combattenti partigiani. La temeraria autrice di questa trattativa si chiamava Angela Gotelli ed era nata ad Albareto, piccolo comune della provincia di Parma.

Angela, come la maggior parte delle Madri della nostra Repubblica, partecipò alla Resistenza, ma anche quando si racconta la lotta di Liberazione dal nazifascismo sono sempre i partigiani ad averla fatta. Loro, le partigiane, sono state cancellate, anzi non sono mai esistite, se non fosse per quello splendido romanzo di Renata Viganò, L’Agnese va a morire, che pochi e poche temo abbiano letto. Per non parlare poi di chi, come Teresa Noce, Rita Montagnana ed Elettra Pollastrini, andò anche in Spagna per partecipare a quell’altra Resistenza contro un altro dittatore che non si chiamava Mussolini ma Francisco Franco.

E i loro meriti non finiscono qui. Oltre ad aver dato un contributo fondamentale alla stesura della Carta costituzionale e in particolare di alcuni articoli – il 3, il 29, il 30, il 31, il 37, il 48 e il 51 – in chiave di parità di genere, hanno aperto nuove strade per le donne raggiungendo anche alcuni primati.

Angela Maria Guidi, altro nome sconosciuto, ne vanta diversi: nel 1925 fu l’unica donna a partecipare a un concorso per ispettori del lavoro risultando vincitrice; fu la prima italiana a prendere la parola alla Camera durante la Consulta nazionale, un’assemblea legislativa transitoria istituita subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale prima che nascesse l’Assemblea costituente; è stata la prima donna della Repubblica a ricoprire un incarico ministeriale, come sottosegretaria di stato presso il Ministero dell’Industria e del Commercio.

Ed è grazie a loro, in particolare a Maria Maddalena Rossi e Nadia Gallico Spano, se le donne hanno avuto accesso alle cariche pubbliche e alla magistratura, anche se per la prima magistrata si dovranno aspettare circa due decenni.

E come non parlare di Elisabetta Conci e Maria De Unterrichter, entrambe trentine, che patirono l’una il confino e l’altra l’esilio in quanto le famiglie da cui provenivano erano vicine ai movimenti irredentisti e che all’Assemblea costituente si prodigarono, soprattutto la prima, perché venissero istituite le Regioni a statuto speciale?

A prigionia, confino, torture, furono soggette molte di loro a causa delle loro idee e dell’attività antifascista che svolgevano diffondendo giornali clandestini o rifiutandosi di prestare giuramento al regime.

Ma sapevano anche guardare avanti, alla società che sarebbe venuta dopo il Ventennio, che volevano fosse molto diversa da quella sperimentata e che relegava le donne al ruolo di “fattrici” per dare alla patria soldati da mandare al fronte.

“La nostra esigenza di entrare nella vita nazionale, di entrare in ogni campo di attività che sia fattivo di bene per il nostro Paese, non è l’esigenza di affermare la nostra personalità contrapponendola alla personalità maschile, Noi non vogliamo che le nostre donne si mascolinizzino, non vogliamo che le donne italiane aspirino a una assurda identità con l’uomo: vogliamo semplicemente che esse abbiano la possibilità di espandere le proprie forze, tutte le loro energie, tutta la loro volontà di bene nella ricostruzione democratica del nostro Paese”, affermò in un discorso  all’Assemblea costituente Teresa Mattei, la più giovane d’età con i suoi 25 anni.

Ma tutte meriterebbero di essere citate e quindi anche Maria Agamben, Ottavia Penna, Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Filomena Delli Castelli, Angiola Minella, Maria Nicotra, Vittoria Titomanlio perché tutte contribuirono a rendere la neonata Repubblica un luogo più ospitale per il genere femminile.

E tutte seppero mettere da parte le divisioni politiche (9 erano state elette nelle liste della Dc, 9 nelle liste del Pci, 2 erano socialiste e una era espressione dell’Uomo qualunque) per fare squadra e ottenere gli obiettivi che ritenevano importanti per l’affermazione di tutte le donne.

E allora forse questo dovrebbero fare le politiche (ma anche i politici) appartenenti ai partiti che hanno ereditato quella tradizione: studiare la storia innanzitutto, e poi trovare punti di mediazione anziché di divisione. Imparando dalle Madri costituenti e dalle loro storie che ancora oggi riescono ad appassionarci e a farci riflettere. 

di Annamaria Vicini

fonte dell'immagine di copertina: ansa.it

martedì 25 ottobre 2022