Un altro genere di forza
Esistono altri modelli, oltre quello muscolare, che le donne stanno conquistando con dolore e fatica. Se ne parla anche nel podcast del Corriere della Sera "Fortissime".
di Annamaria Vicini
Genere femminile uguale “sesso debole”? Quante volte abbiamo sentito questa equazione, alternata a quell’altra, solo apparentemente più benevola di “gentil sesso”. Ma è davvero così?
Sì, se la forza viene identificata con quella muscolare, indubbiamente più caratterizzante il genere maschile. Ma è un’identificazione corretta? O esistono altri tipi di forza, di cui anche le donne possono fregiarsi così da non dover sempre essere considerate eterne bambine, ovvero esseri incapaci di autonomia di pensiero e di azione?
Molti e forse anche molte penseranno che è qualcosa di superato, di non più attuale, di appartenente a un passato ormai lontano. In realtà il nostro immaginario è ancora fortemente condizionato da quell’idea di debolezza che si sovrappone inesorabilmente alla figura femminile.
Ben venga quindi l’iniziativa della vicedirettrice del Corriere, Barbara Stefanelli, che insieme alla giornalista Greta Privitera ha realizzato una serie di podcast dall’emblematico titolo Fortissime, disponibile sul sito e sull’app del giornale oltre che su Spotify, Apple, Amazon Music e Google Podcast.
Nata come proseguimento dell’ottava edizione del Tempo delle Donne, che come è ormai tradizione si tiene a Milano in Triennale, è un viaggio delle Eroine alla ricerca di un altro genere di forza che non sia quella esclusivamente basata sulla potenza fisica.
Le Eroine sono scrittrici, modelle, sportive, ingegnere, filosofe, designer, avvocate, attrici, conduttrici televisive, cantanti, graduate dell’esercito, docenti universitarie, che si interrogano (oltre a essere interrogate dalle due giornaliste) su che cosa sia per loro la forza, con un viaggio a ritroso verso l’infanzia, per poi approdare alla realtà attuale attraverso un percorso quasi sempre accidentato e doloroso.
Perché se è vero che per molte donne nel periodo infantile la forza era rappresentata dal padre, è altrettanto vero che lo stesso padre a volte ha costituito un ostacolo, un inciampo, superato solo grazie alla forza di volontà e alla determinazione. Vale soprattutto per le meno giovani, che hanno dovuto confrontarsi con padri più autoritari, i quali imponevano regole rigide a quante volevano emanciparsi attraverso lo studio, come nel caso dell’ingegnera aerospaziale Amalia Ercoli Finzi o della filosofa Francesca Rigotti.
Ma durante il viaggio ciascuna si è trovata a combattere con il proprio “drago”, ovvero gli ostacoli posti dalla famiglia e dalla società, perché dopo il padre autoritario c’è da abbattere il muro della conciliazione lavoro/famiglia, o i pregiudizi verso una situazione di disabilità (come nel caso della designer Maria Fossati) o di diversità (come è stato per l’avvocata e attivista per i diritti Lgbtqi+ Cathy La Torre).
Anche la mancanza di modelli a cui ispirarsi in una scuola in cui si studiano prevalentemente autori di sesso maschile può costituire una barriera se il sogno è quello di diventare scrittrice, come racconta Rosella Postorino, mentre per Donatella Di Pietrantonio è stato proprio un compito assegnato dal maestro delle elementari a farle capire di possedere “la forza del racconto”.
Per le più giovani, costrette a confrontarsi con i social network dove è d’obbligo mostrare solo il lato migliore di sé, il “drago” da sconfiggere è stato doversi paragonare con modelli di perfezione irraggiungibili, perché anche se sei bella puoi sentirti brutta quando hai 18 anni e il fidanzatino ti ha lasciato come è successo alla modella Eva Riccobono, che però proprio da quel dolore ha avuto la spinta per diventare ciò a cui aspirava.
E mentre combatti con gli ostacoli fuori di te devi anche sconfiggere quelli interiori, che si chiamano insicurezza (“belle o brutte abbiamo le stesse insicurezze”, ammette la conduttrice televisiva Diletta Leotta), mancanza di autostima (“non ci ho creduto abbastanza per fare della scrittura il centro della mia vita”, dice Donatella Di Pietrantonio, oggi scrittrice affermata, ma che in prima battuta ha scelto di dedicarsi alla professione di odontoiatra infantile), vergogna (“mi vergognavo a dire che volevo fare la scrittrice, perché era come affermare che avevo qualcosa da dire”, confessa Rosella Postorino). Affrontare le difficoltà e superarle le ha portate a scoprire la propria forza.
Ma quindi, per tornare al quesito iniziale, esiste un altro genere di forza? E qual è?
Le risposte sono molteplici e non poteva essere che così trattandosi di un viaggio, qualcosa che è ancora in itinere, aperto a nuovi contributi e senza pretese di fornire certezze.
Per alcune è l’affermazione delle proprie idee e del proprio valore, meglio se in alleanza con altre donne. Spesso questo traguardo viene raggiunto con la maturità, che porta con sé anche l’acquisizione di una maggior consapevolezza. Concetti che vengono declinati anche con le espressioni “essere sé stesse” (Elvina Finzi, ingegnera nucleare) o “essere felici” (Antonia Rinaldi, comandante di Compagnia nell’esercito italiano), perché anche la felicità è un atto di coraggio quando la competizione è spinta all’eccesso.
Essere felici comporta una capacità di distacco che non è rinuncia perché, come spiega l’attrice Michela Giraud, “capire che tutto è caduco aiuta a durare di più”. Felicità che può essere anche scoprire quali sono i propri desideri più profondi e cercare di realizzarli, accettando senza viverla come una sconfitta che non tutti arrivino a compimento (Rosella Postorino).
Forza quindi è anche accogliere la propria vulnerabilità dicono in molte, e qui forse si intravede anche il segno lasciato dalla pandemia. Ma c’è anche chi identifica la forza con la capacità di indignazione, pur ammettendo che praticarla oggi è difficile (“La mia generazione ha preso troppa posizione pubblica, mentre oggi siamo più precarie e abbiamo paura”, afferma la docente Carmen Leccardi).
“Essere donne sta diventando un punto di forza”, sostiene la scrittrice Ema Stokholma. “E questo anche grazie al fatto che abbiamo più modelli a cui ispirarci”. Il viaggio è cominciato, indietro non si torna. L’importante è non essere sole.
E se le donne più mature contano soprattutto sulla sorellanza, le più giovani vorrebbero accanto in questo cammino anche gli uomini, i quali, chissà, potrebbero scoprire di non identificarsi più solo con quel modello tutto muscoli che per troppo tempo ci ha condizionato.