L’Italia resiste, ma serve uno slancio per ripartire
Un’importante novità potrebbe essere rappresentata dall’elezione al Colle di una Presidente donna con alto profilo. Anche il rientro dei “cervelli in fuga” sarebbe per il Paese un’iniezione di vitalità.
di Annamaria Vicini
Il nome “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr) è a mio avviso una contraddizione in termini. Se sei impegnato a resistere, come puoi allo stesso tempo avere l’energia e l’entusiasmo necessari a ripartire?
E infatti, nonostante i riconoscimenti che stiamo ricevendo a livello internazionale, l’Italia in questo momento sembra un Paese bloccato. Impegnato a resistere, il che di fronte alle aggressioni della pandemia è sacrosanto, ma in difficoltà a riprendere il cammino.
Un Paese nella grande maggioranza disciplinato, e questo non è un male, ma allo stesso tempo rassegnato, spento, privo di slanci. Quanta invidia ci hanno fatto le immagini delle piazze e delle strade cilene, piene di folla festante, di un popolo, quello sì, pronto al cambiamento per lasciarsi alle spalle definitivamente la triste era di Pinochet.
In Italia le strade e le piazze a volte si riempiono, ma di gente incattivita, livorosa, che lotta non “per” ma “contro” qualcosa o qualcuno, mentre la maggioranza resta a guardare impotente e depressa. Si sente un vuoto, che non è quello del governo giustamente impegnato a tenerci in sicurezza, a non perdere i vantaggi acquisiti grazie a una campagna vaccinale che, soprattutto nella sua prima fase, è stata coronata dal successo.
Il vuoto è quello della politica, dei partiti, che non sanno più indicare una meta, che non hanno obiettivi se non quello dell’autoconservazione e della sopravvivenza. Impegnati in giochi di potere, l’ultimo quello per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, uno spettacolo davvero triste e degradante che non può che allontanare sempre più i cittadini dalla cosa pubblica.
Una vera novità sarebbe rappresentata dall’elezione di una Presidente, come viene chiesto in un appello lanciato da un gruppo di donne dello spettacolo e della cultura, anche se troppo vago nella sua formulazione (“Ci sono in Italia donne che per titoli, meriti, esperienza ed equilibrio possono benissimo salire al Colle”) mentre sarebbe stato opportuno tracciarne il profilo, così da renderlo più stringente e meno bon ton.
Ma il vuoto è anche quello dell’informazione che, a parte le solite lodevoli eccezioni, ha rinunciato da tempo a scavare nel marasma quotidiano delle parole da cui siamo sommersi, che si limita a replicare e rilanciare sempre le stesse notizie, che non sa offrire a un Paese stanco gli stimoli utili alla ripresa.
La lotta contro la pandemia è un mezzo, non può essere un fine. Resistere è necessario, ma non è la stazione d’arrivo.
Forse tutto questo è anche l’amaro frutto dell’aver lasciato andar via i nostri giovani e le nostre giovani migliori, privandoci delle loro competenze e della loro carica vitale. Forse per ripartire abbiamo bisogno che tornino. Non sarà facile convincerli a lasciare Paesi dove sono giustamente apprezzati e remunerati. Però almeno ci possiamo provare.
di Annamaria Vicini, giornalista e scrittrice