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Intelligenza artificiale e crisi climatica stanno riscrivendo (e accentuando) le disuguaglianze globali

L’1% più abbiente detiene disponibilità economiche, potere e controllo delle tecnologie chiave. Diversi rapporti recenti descrivono la progressiva concentrazione della ricchezza e l’erosione della classe media.

lunedì 10 novembre 2025
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La disuguaglianza nelle condizioni di vita delle persone è oggi estremamente ampia. Il divario tra ricchi e poveri nel mondo continua ad allargarsi. I miliardari, che secondo Oxfam sono meno di 2.800, sono più ricchi che mai. Insieme, ora possiedono una ricchezza netta complessiva di oltre 15mila miliardi di dollari. Se fossero un Paese, sarebbero il terzo più ricco del pianeta, subito dopo Stati Uniti e Cina. In fondo alla piramide, invece, i cittadini dei Paesi a basso e medio reddito faticano ad accedere a sanità, istruzione e altri servizi pubblici essenziali.

Il grafico qui sotto ci offre lo stato aggiornato dei Paesi con alta, media e bassa disuguaglianza nel mondo. È tratta dal recente G20 Global inequality report, commissionato dalla presidenza sudafricana del G20 e guidato dal premio Nobel Joseph Stiglitz. I numeri sono piuttosto impressionanti: circa l’83% dei Paesi ha un indice di Gini superiore a 0,4, che è la soglia identificata dalla Banca mondiale per un’elevata disuguaglianza di reddito. Il 10,5% ha una disuguaglianza media, mentre solo il 6% della popolazione mondiale vive in Paesi con bassa disuguaglianza di reddito. Negli Stati più diseguali, inoltre, la probabilità di un declino democratico è sette volte superiore rispetto alle società più eque. Nuovi dati mostrano anche mostrano anche che dal 2000 la quota di reddito dell’1% più ricco è aumentata nel 47% dei Paesi, quelli che ospitano il 68% della popolazione mondiale, mentre è inferiore o invariata nel 53% dei Paesi.

Negli ultimi anni espressioni come “il 50% più povero”, “il 40% medio” o” l’1% più ricco” sono diventate molto frequenti: aiutano a visualizzare subito le concentrazioni di reddito e ricchezza. Ma se gli estremi della piramide – povertà in basso e ricchezza illimitata in alto – catturano l’attenzione, un altro fenomeno è in corso: l’indebolimento delle classi medie. Basta guardare a quanto accaduto negli ultimi 30 anni ai Paesi Ocse, dove i redditi mediani sono aumentati di un terzo in meno rispetto al reddito del 10% più ricco. In parallelo, negli ultimi due decenni i prezzi delle case sono cresciuti tre volte più rapidamente del reddito mediano delle famiglie; il lavoro precario è cresciuto, spinto anche dell’automazione; l’ascensore sociale è rallentato.

Accumulo di ricchezza

Stiglitz e i suoi ci mostrano anche che la disuguaglianza di ricchezza è oggi molto più elevata della disuguaglianza di reddito. Dal 2000 al 2024 l’1% più ricco dell’umanità ha acquisito il 41% di tutta la nuova ricchezza creata sul pianeta, mentre al 50% più povero è arrivato appena l’1%. In pratica, per ogni dollaro di ricchezza guadagnato dalla metà più povera, l’élite mondiale ne ha intascati 41. Oggi la ricchezza dei miliardari ha raggiunto il livello più alto della storia. Nel frattempo, una persona su quattro nel mondo salta regolarmente i pasti. E come se non bastasse, nei prossimi dieci anni fino a 70mila miliardi di dollari di ricchezza ereditata verranno trasferiti di generazione in generazione, ampliando le disuguaglianze. Lo rivela uno studio innovativo, condotto tra gli altri dall'economista italiano Salvatore Morelli e citato nel report G20: sono stati stimati gli effetti che lasciti ereditari di diverse dimensioni hanno sulla disuguaglianza di ricchezza complessiva, identificando anche le soglie oltre le quali l’eredità aggrava i divari.

Non è un problema da poco. Quando la ricchezza assume una posizione dominante rispetto alla produzione reale, si indeboliscono crescita e innovazione, e si creano concentrazioni di potere. In un recente articolo su Le Monde, l’economista francese Patrick Artus ha mostrato come nei Paesi sviluppati la ricchezza finanziaria e immobiliare cresca molto più rapidamente del Pil reale. Negli Usa è passata dal 335% del Pil nel 2000 al 447% nel 2024, mentre il patrimonio immobiliare è aumentato dal 207% al 246%. In Francia la ricchezza finanziaria dal 202% al 222%, mentre il patrimonio immobiliare e dal 226% al 310%. È una crescita basata più sui valori degli asset che sulla produttività. “Questa dipendenza”, scrive Artus, “rende la crescita meno stabile e sempre più guidata dalla speculazione piuttosto che dalla creazione di valore reale”.

Se la salute è un miraggio

Ma esistono anche altre statistiche che danno l’idea dell’“emergenza disuguaglianze” (copriyght Stiglitz). Un nuovo rapporto di UnAids avverte che dove nasci determina in larga misura le tue probabilità di sopravvivere a una pandemia. L’accesso diseguale a cure, alloggi dignitosi e istruzione espone milioni di persone a rischi maggiori. Per fare qualche esempio, nelle baraccopoli africane l’incidenza dell’Hiv è più alta, in Inghilterra il sovraffollamento abitativo ha moltiplicato i decessi da Covid, in Brasile chi non ha completato la scuola elementare ha avuto molte più probabilità di morire durante l’emergenza sanitaria. Disuguaglianza e malattie rappresentano un circolo vizioso, dicono gli esperti, e nessun vaccino può spezzarlo da solo.

Preoccupanti sono anche le disuguaglianze di etnia, genere, identità e status sociale. Secondo il Rapporto ASviS 2025, nell’ultimo anno una persona su cinque dichiara di essere stata discriminata per un motivo vietato dal diritto internazionale, quota che nei Paesi a basso reddito sale a una su quattro. Ma non solo. Incidono, e non poco, anche le disuguaglianze di opportunità. Chi nasce in fondo alla scala della distribuzione del reddito è più probabile che ci rimanga. In alcuni Paesi Ocse, le persone che vivono in regioni svantaggiate possono avere da sei a dieci volte più probabilità di essere povere rispetto agli altri coetanei. Gli studenti e le studentesse nelle aree rurali ottengono sistematicamente risultati inferiori rispetto ai loro coetanei nelle aree urbane. E la quota di giovani tra i 18 e i 24 anni che non lavorano, non studiano e non seguono corsi di formazione (Neet) varia di 13 punti percentuali tra le regioni con le migliori e quelle con le peggiori performance.

Uno scenario che riguarda da vicino anche l’Italia, dove la disuguaglianza è anche ereditaria. Secondo il rapporto “La pesante eredità” pubblicato da Future Proof Society e Tortuga, un quarantenne di oggi possiede in media la metà della ricchezza rispetto a un baby boomer alla stessa età. Nel 2022 oltre il 75% del patrimonio era nelle mani degli over 50, mentre Millennials e Gen Z ne controllavano meno del 9%. E senza interventi mirati, il massiccio trasferimento generazionale di 6.460 miliardi previsto nei prossimi vent’anni rischia di cristallizzare ulteriormente i divari invece di colmarli.

Chi alimenta la crisi climatica

Due rapporti pubblicati nelle ultime settimane fanno luce sul legame tra crisi climatica e disuguaglianze.  Il primo è il Climate inequality report dell’autorevole World inequality lab 2025: mostra che nel mondo l’1% più ricco genera il 15% delle emissioni legate ai consumi, ma controlla investimenti responsabili del 41% delle emissioni globali legate al capitale. E se gli stessi super ricchi possederanno anche le tecnologie pulite del futuro, la loro quota di ricchezza mondiale potrebbe salire dal 38% al 46% entro il 2050. Per questo il report chiede una svolta radicale: stop ai nuovi investimenti fossili, tassa sugli asset ad alta intensità di carbonio, massiccia spesa pubblica green.

Numeri che trovano conferma nel rapporto Oxfam “Climate Plunder: How a powerful few are locking the world into disaster. Qui vediamo un altro lato dell’impronta climatica: 308 miliardari generano 586 milioni di tonnellate di CO2 l’anno, più di 118 Paesi messi insieme. Una persona nello 0,1% più ricco emette oltre 800 chilogrammi di CO2 al giorno, rispetto ai due chilogrammi della metà più povera dell’umanità. E non è solo questione di jet privati: quasi il 60% dei loro investimenti è in settori ad alto impatto come petrolio, gas e miniere, e la loro impronta finanziaria supera quella di molti Stati. Se tutti consumassero come l’1% più ricco, il budget planetario per restare sotto 1,5 gradi svanirebbe in meno di tre mesi. Tutto questo ha effetti con cui già stiamo facendo i conti, in termini di morti legate al caldo, danni alle economie dei Paesi a medio e basso reddito e perdite dei raccolti. A questo ritmo, i danni al 2050 sarebbero gravissimi.

Crescita diseguale?

Nel 2017 il filosofo Yuval Noah Harari teorizzava che la biotecnologia e l’ascesa dell’intelligenza artificiale potrebbero dividere l’umanità in una piccola classe di “superumani” e un’enorme sottoclasse di persone “inutili”. Una volta che le masse perderanno il loro potere economico e politico, era la sua tesi, i livelli di disuguaglianza sono destinati ad aumentare in modo allarmante. Si tratta naturalmente dello scenario più catastrofico: gli umani potranno usare queste tecnologie per creare tipi di società molto diversi. Ma alcuni segnali sono già davanti a noi. Oggi la produzione, i chip e le infrastrutture dell’AI sono concentrate nei Paesi ricchi. Se non si riduce questo gap, ha avvertito l’Omc nel suo ultimo World trade report, l’AI amplierà il divario di ricchezza globale. Ma c’è un’alternativa. In uno scenario in cui le economie a basso e medio reddito riducono del 50% il divario infrastrutturale digitale con quelle ad alto reddito e adottano l'AI più ampiamente, potrebbero aumentare i redditi fino al 15%. Ma servono politiche commerciali aperte: l'accesso ai sistemi che supportano l'AI rimane disomogeneo, con dazi doganali vincolati che raggiungono fino al 45% in alcune economie a basso reddito.

E i segnali di concentrazione del potere non mancano già oggi. Come ha osservato Federico Fubini nella sua newsletter sul Corriere della Sera, nove delle dieci persone più ricche del pianeta operano in settori legati a internet e all’intelligenza artificiale. Non era accaduto nemmeno nell’epoca dei “Robber Barons” o durante la bolla dot-com. La nuova aristocrazia del capitale è sempre più un’élite tecnologica.

Copertina: 123Rf