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Permettere a tutti di costruire il proprio futuro: l’equità di partenza in Europa e in Italia

Povertà minorile, disuguaglianze e trasmissione degli svantaggi: tra sfide e buone pratiche, l’Europa si muove con strategie come la Child guarantee. In Italia c’è il rischio che gli interventi restino scollegati da un piano strutturale e di lungo periodo.

lunedì 14 luglio 2025
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Che cosa succede quando il punto di partenza definisce anche il punto di arrivo? Nell’Unione europea una persona su cinque che nasce in povertà resta povera per tutta la vita. In Italia questo vale per un minore su tre. È il fenomeno conosciuto come “trasmissione intergenerazionale degli svantaggi”, che mette in discussione uno dei principi fondamentali della democrazia: le pari opportunità. Per contrastare questo blocco strutturale della mobilità sociale, l’Europa ha cominciato a promuovere un insieme di misure, sia nazionali che comunitarie, tra cui spicca la Child guarantee, la Garanzia europea per l’infanzia adottata dalla Commissione nel 2021.

Equità di partenza: significato e sfide

In termini generali, si parla di equità di partenza quando a ogni persona viene garantita la possibilità di sviluppare le proprie capacità, indipendentemente dalle condizioni in cui nasce come il reddito familiare, il genere, il luogo d’origine, la disabilità o il contesto territoriale. È un principio al cuore dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, in particolare nei Target 1.4 e 4.3, e si declina in tre ambiti chiave: educativo, lavorativo e sociale.

In campo educativo, significa assicurare a tutti gli studenti le stesse opportunità di apprendimento e accesso alle risorse, a prescindere dal background familiare. Nel mondo del lavoro, implica offrire a ogni persona pari possibilità di carriera, senza discriminazioni. In ambito sociale, richiede la costruzione di sistemi di supporto capaci di aiutare ciascun individuo a superare gli ostacoli che impediscono la piena realizzazione del proprio potenziale.

In Europa siamo ancora lontani dal suo raggiungimento: l’Eurostat rivela che “nel 2023, il tasso di rischio di povertà per gli adulti dell'Ue di età compresa tra 25 e 59 anni era più elevato per coloro che si trovavano in situazioni finanziarie difficili intorno ai 14 anni (20%), rispetto a coloro che erano cresciuti in condizioni finanziarie migliori (12,4%)”. Se in Europa il tasso di trasmissione inter-generazionale degli svantaggi ha un tasso del 20%, in Italia sale al 34%, posizionandosi tra le tre nazioni con un tasso più alto dietro Bulgaria e Romania.

Child guarantee: una strategia per l’Europa

Nel 2019 la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha annunciato la creazione di una Garanzia europea per l'infanzia, con l'obiettivo di garantire a ogni bambino in Europa a rischio di povertà o esclusione sociale l’accesso ai diritti più basilari, come l'assistenza sanitaria e l'istruzione. Nel 2021 è stata proposta e poi adottata la Raccomandazione del Consiglio che ha istituito la European Child guarantee (Ecg). Per attuare la Raccomandazione, gli Stati membri hanno quindi nominato i propri coordinatori e hanno predisposto piani d'azione nazionali che coprono il periodo fino al 2030.

La Child guarantee si concentra su cinque ambiti fondamentali: i servizi per la prima infanzia, l’istruzione e le attività scolastiche, una nutrizione adeguata, condizioni abitative dignitose e l’assistenza sanitaria. I target principali invece sono quattro: minori in povertà o esclusione sociale, minori con disabilità, minori con background migratorio o appartenenti a minoranze etniche, minori fuori famiglia.

Trattandosi di una raccomandazione, però, non esistono meccanismi sanzionatori in caso di inadempienza. E proprio l’assenza di risorse dedicate rischia di comprometterne l’attuazione. HeuroHealthNet riporta che a marzo 2024 il Parlamento europeo non è riuscito ad allocare i 20 miliardi richiesti per finanziare stabilmente la Child guarantee nel prossimo ciclo del Fondo sociale europeo plus (Esf+). Un passo indietro, secondo l’Alleanza europea per gli investimenti nell’infanzia, che ha definito l’esclusione del fondo dedicato "un’occasione persa" per combattere la povertà minorile.

Come sta andando?

A settembre 2024, si è tenuto l’evento “La Garanzia europea per l'infanzia: progressi e direzioni future al triennio" che ha riunito circa 140 partecipanti per condividere spunti su come migliorare l'implementazione dell'Ecg. Tra le esperienze condivise, Eurochild scrive che “la Bulgaria ha impegnato oltre 136 milioni di euro per iniziative a beneficio di 200.000 bambini, tra cui il programma ‘Future for children’, incentrato sulla prevenzione dell'abbandono infantile e sulla riduzione della povertà infantile. La Romania invece, con l'obiettivo di istituzionalizzare la partecipazione dei bambini per una migliore attuazione dell'Ecg, ha recentemente modificato la legislazione per rafforzare i diritti dei minori”.

Più recentemente invece è Malta ad essere al centro dell’attenzione. Lo scorso maggio, infatti, ha ospitato l'evento della Community of practice on social inclusionPromuovere e promuovere l'attuazione della garanzia europea per l'infanzia attraverso gli strumenti di finanziamento Esf+". Sessanta partecipanti provenienti da 16 Stati membri dell'Ue si sono riuniti per una tavola rotonda dinamica volta a esplorare le modalità di attuazione della Garanzia nei diversi Paesi. Questo scambio ha visto il confronto tra autorità di gestione, organismi intermedi, Ong e altri stakeholder rilevanti, al fine di riflettere sui piani nazionali, condividere pratiche promettenti ed esaminare gli interventi pertinenti sostenuti dal Esf+. Un tema centrale emerso, si legge sul sito, è stata “l'importanza cruciale della collaborazione intersettoriale e la necessità di una solida rete di servizi di supporto, non solo per i bambini, ma anche per genitori, assistenti sociali e altri professionisti in prima linea”. Il coinvolgimento della comunità, il lavoro sul campo con i gruppi target e la professionalità di chi eroga i servizi si sono infatti rilevati fattori determinanti per l'attuazione e il successo della Garanzia europea. Dalla conferenza sono emerse anche alcune sfide comuni, tra cui la carenza di personale, il burnout e la retribuzione inadeguata per i professionisti che lavorano nell'assistenza sociale. I partecipanti hanno inoltre sottolineato la necessità di maggiori investimenti nel benessere del personale e di una collaborazione più efficace con il sistema giudiziario. 

Il piano italiano

In Italia, la Coordinatrice nazionale della Garanzia europea per l'infanzia è Maria Burani Procaccini, nominata nel 2023 dalle ministre Calderone e Roccella. L’Italia ha risposto alla Raccomandazione europea con l’approvazione, nel 2022, del Piano nazionale d’azione per la Garanzia dell’infanzia (Pangi). “I ministeri coinvolti sono quattro: Lavoro e politiche sociali, Famiglia e pari opportunità, Salute e Istruzione” ha spiegato la coordinatrice alla Camera, “oggi abbiamo un’occasione unica: possiamo contare su una disponibilità di circa un miliardo e quattrocento milioni di euro, una cifra significativa, che ci permette di affrontare temi cruciali per l’infanzia e l’adolescenza”. Il Piano, si articola su quattro assi principali: educazione, salute, alimentazione e diritto all’abitare; prevede interventi strutturali e sperimentazioni su casi specifici.

  • Istruzione: tra gli obiettivi principali c’è l’estensione dell’offerta educativa 0–6 anni, la generalizzazione del tempo pieno nella primaria, il riconoscimento della mensa scolastica come Livello essenziale di prestazione (Lep) e la diffusione dei patti educativi di comunità.
  • Salute: il Piano propone l’estensione della pediatria fino ai 18 anni, il potenziamento del supporto psicologico scolastico, la creazione delle Case della comunità e il programma “Mille giorni” per la salute nei primi anni di vita.
  • Alimentazione: si rafforzano le mense scolastiche gratuite o agevolate nelle aree a maggiore disagio, e si favorisce l’integrazione tra interventi pubblici e aiuti alimentari del terzo settore.
  • Diritto all’abitare: prevede alloggi a canone calmierato per famiglie in difficoltà, percorsi di autonomia per i care leavers e l’estensione del programma Pippi per prevenire l’allontanamento dei minori.

A livello di governance invece, il Piano prevede il coordinamento dei ministeri con rappresentanti di regioni, comuni, Istat, Istituto degli innocenti (lo storico ente con sede a Firenze dedicato all’accoglienza e alla tutela dei bambini), ma promuove anche la partecipazione attiva dei più piccoli tramite lo Youth advisory board e attiva servizi di outreach per intercettare le situazioni di esclusione.

Un progetto interessante che nasce grazie al Piano è “DesTEENazione - Desideri in azione Comunità Adolescenti” che mira a creare 60 spazi multifunzionali su tutto il territorio nazionale. Questi luoghi sono ideati per valorizzare le risorse individuali e favorire l’espressione delle potenzialità di preadolescenti e adolescenti attraverso attività di vario tipo che vogliono “stimolare la partecipazione attiva di ragazze e ragazzi, promuoverne l’integrazione e l’inclusione sociale, sviluppare le loro competenze affettive e relazionali e prevenire la dispersione scolastica. Un ulteriore focus è dedicato all’inserimento lavorativo, con azioni mirate per accompagnare i giovani nel mondo del lavoro. A supporto delle finalità del progetto, sono inoltre previste attività specifiche rivolte alle famiglie”.

Nonostante l’ambizione del Piano nazionale italiano per la Garanzia dell’infanzia e le risorse disponibili, resta forte il rischio che gli interventi risultino frammentati, discontinui e scollegati da una visione strategica di lungo periodo. L’approccio italiano tende a moltiplicare iniziative locali o sperimentali senza sviluppare misure universali, capaci di garantire reali pari opportunità fin dalla nascita.

Alcune proposte in Italia

Diverse sono le proposte avanzate da politici ed esperti che invece vanno in questa direzione. “Gli interventi strutturali per l’infanzia dovrebbero essere centrali nelle politiche di ogni Paese. Purtroppo, da noi si fa troppo poco”, ha affermato Irene Manzi, responsabile nazionale scuola e povertà educative del Partito Democratico, in un comunicato stampa lo scorso 12 giugno. “In questi anni abbiamo fatto proposte concrete in Parlamento per combattere la povertà educativa e il disagio psicologico tra i più giovani a partire dalla gratuità delle mense, il sostegno per l’acquisto dei libri di testo, l’investimento in asili nido, la piena attuazione e l’implementazione della Child Guarantee (su cui questo governo non ha fatto nulla), il sostegno alla comunità educante per mettere in rete scuole, enti locali e servizi territoriali. Un’offerta educativa di qualità, il contrasto alla dispersione e all’abbandono possono interrompere il ciclo vizioso della povertà che si perpetua da una generazione all’altra”.

Matteo Renzi invece, spiega Maurizio Carucci su Avvenire, ha firmato lo scorso marzo quattro proposte di legge di Italia Viva a sostegno dei più giovani, che prevedono: “l'abolizione dei tirocini extracurriculari; la regolamentazione dei tirocini curriculari, che dovrebbero avere una durata massima di sei mesi e una indennità minima di 350 euro al mese; il dimezzamento delle tasse per i lavoratori tra 25 e 35 anni; il sostegno alla proposta del reddito di formazione del professor Tommaso Nannicini”. Quest’ultima, si legge sul sito di Nannicini, comprende: “un percorso personalizzato di formazione e accompagnamento al lavoro e una forte garanzia del reddito per chi accetta di mettersi in gioco seguendo quel percorso (fino a 1.500 euro al mese, più un sostegno alla mobilità nel caso che sia richiesto di spostarsi)”. 

La necessità di garantire ai giovani un reddito è emersa anche da un dibattito tra Enrico Giovannini e Chiara Saraceno, nel corso dell’evento di presentazione del libro “Obiettivo 2030. Come trasformare l'Italia per un futuro sostenibile“, che si è tenuto il 15 maggio al Salone del libro di Torino all’interno del Festival dello Sviluppo Sostenibile. Su FUTURAnetwork Donato Speroni ha approfondito la questione proponendo un reddito di 400 euro per tutti i giovani, dalla nascita alla maggiore età. Una misura che invertirebbe il calo demografico ma anche e soprattutto a ridurrebbe le disuguaglianze di partenza.

Altre misure ed esempi europei

Oltre alla Child guarantee, l’Unione europea ha attivato anche Alma (“Aim, learn, master, achieve”), un’iniziativa rivolta ai giovani Neet. Alma prevede un percorso in tre fasi: una formazione preparatoria nel Paese d’origine; un’esperienza lavorativa in un altro Stato Ue per 2–6 mesi con tutoraggio; e il follow-up al rientro per facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro o la prosecuzione degli studi. Parallelamente, in diversi Paesi europei sono già in atto misure strutturali per contrastare la povertà infantile e promuovere l’equità di partenza. Alcuni dipendono da un sistema di welfare elevato, come nel caso della Danimarca, dove istruzione e assistenza sanitaria sono completamente gratuite per tutti e finanziati dalle tasse. In Svezia, invece, il Consiglio per il finanziamento degli studenti (Csn) garantisce un sistema integrato di borse di studio e prestiti agevolati per sostenere gli studi dei giovani, a cui si affiancano sussidi specifici per la patente di guida, per l’alloggio e persino per l’acquisto di attrezzature domestiche. In Francia invece, dal marzo 2022 è attivo il Contrat d’engagement jeunes (Cej), un programma rivolto ai giovani tra i 16 e i 25 anni (29 se con disabilità) che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione. Il Cej prevede un accompagnamento intensivo e personalizzato volto a facilitare un inserimento lavorativo sostenibile. In Germania, oltre sistema di assegni familiari universali pari a 255 euro mensili per figlio, è attivo un pacchetto educativo e di partecipazione (BuT), destinato ai minori di famiglie a basso reddito, che copre spese per trasporto scolastico, materiali, gite, pasti a scuola, doposcuola e sport.