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Il futuro dei trapianti, tra progresso, resistenze e organi creati in laboratorio

Nonostante i traguardi raggiunti nel mondo, le liste d’attesa restano lunghe e ancora troppi i “no” alla donazione. Ma biostampa e xenotrapianti potrebbero ridisegnare le prospettive del settore.

martedì 8 aprile 2025
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A 11 anni Marco si ammala di nefrite membrano-proliferativa, una malattia renale. Sedute di dialisi, addio allo sport e alle uscite con gli amici. Con il tempo la situazione peggiora e, poco più che ventenne, Marco ha bisogno di un trapianto. Per fortuna la lista d’attesa dura solo sei mesi: l’intervento arriva il 6 dicembre del 1993. Da quel momento la sua vita diventa più che normale: straordinaria. “Ho imparato a sciare e usare lo snowboard, ad andare per mare con la barca a vela, a scalare vette impossibili e immergermi nei fondali marini”. Con un pensiero ricorrente rivolto al donatore: “Non so chi sia, la legge non lo permette, e credo sia giusto così. Ma lo ringrazierò per sempre, dedicandogli tutto il mio impegno a sostenere la bellezza della donazione”. La storia di Marco, oggi presidente dell’Associazione italiana donazione organi (Aido) di Milano, è raccontata in Volti di rinascita. 55 storie di trapianto ma potrebbero essere 55.000, il bel libro di Leonio Callioni e Francesca Boldreghini pubblicato pochi mesi fa da Baldini & Castoldi.

Il quadro in Italia

In Italia, secondo i dati diffusi a gennaio dalla Rete nazionale trapianti, nel 2024 sono stati eseguiti 4.692 trapianti, 226 in più rispetto al 2023. Un risultato che consolida il secondo posto europeo del nostro Paese, dopo la Spagna. Questo traguardo è stato reso possibile anche dall’aumento delle donazioni effettive, salite a 2.110 (+2,7% sul 2023), su 3.192 segnalazioni di potenziali donatori da parte delle rianimazioni (+3,2%). La differenza tra i due numeri rappresenta la “perdita” nel percorso dalla segnalazione alla donazione reale. Per vari motivi, infatti, una segnalazione può non trasformarsi in una donazione. Ad esempio per il rifiuto dei familiari o del donatore (se aveva espresso opposizione in vita), condizioni mediche che rendono gli organi non idonei, ma anche problematiche logistiche o legali.

In un quadro complessivamente positivo, restano due criticità. La prima riguarda le liste d’attesa: secondo gli ultimi dati disponibili, in Italia oltre 8mila pazienti aspettano un trapianto, di cui circa 6mila sono in lista per un rene, circa mille per un fegato e circa 700 per un cuore. La seconda è l’elevato numero di rifiuti alla donazione. Nelle rianimazioni la percentuale è scesa a 29,3% (dal 30,3% del 2023), ma sono aumentati i cittadini che, all’atto del rilascio della carta d’identità elettronica, hanno scelto di negare l’eventuale donazione post mortem.

“In questo senso è strategica la collaborazione con l’Anci”, ha dichiarato il ministro della Salute Orazio Schillaci. “Con il Centro nazionale trapianti, abbiamo lanciato una campagna informativa in oltre mille Comuni. Vogliamo incentivare sempre più persone a esprimere la propria volontà al momento del rinnovo o rilascio della carta d’identità”.

Il contesto globale e i sistemi di consenso

Anche a livello globale, gli ultimi dati del Global observatory on donation and transplantation (Godt) mostrano un trend positivo: nel 2023 oltre 172mila trapianti di organi, con un aumento del 9,5% sull’anno precedente. Il rene è l'organo più trapiantato, seguito da fegato e cuore. Tuttavia, in molti Paesi la carenza di donatori e di infrastrutture adeguate continua a ostacolare i programmi di trapianto. È il motivo per cui a maggio di un anno fa, all’assemblea mondiale dell’Oms, gli Stati membri (su iniziativa della Spagna) hanno approvato un nuovo accordo sui trapianti: l'Oms ora ha il compito di sviluppare una strategia globale sulla donazione e il trapianto, da presentare all’assemblea nel 2026. La risoluzione mira anche a introdurre misure volte a prevenire e contrastare la tratta di esseri umani a scopo di espianto e traffico di organi.

Ogni trapianto coinvolge non solo il paziente e il medico, ma anche il donatore e la sua famiglia. Ecco perché un ruolo chiave sul numero effettivo di donazioni è giocato dal sistema di consenso. Alcuni Paesi adottano il modello opt-in, in cui la donazione è possibile solo previa dichiarazione esplicita. Altri applicano il consenso presunto (opt-out), dove ogni cittadino è considerato donatore salvo opposizione.

E l’Italia? Formalmente segue l’opt-out (Legge 91/1999), ma con un impianto “ibrido”: i cittadini possono registrare attivamente la propria volontà (opt-in) o esprimere un rifiuto. In assenza di una scelta documentata, prevale ancora l’usanza di consultare i familiari al momento del decesso.

Le nuove frontiere

Negli anni il numero di trapianti di organi trapiantabili è aumentato notevolmente: oltre ai reni, la lista comprende cuori, fegati, polmoni, pancreas e intestini. In casi eccezionali, si trapiantano persino i volti. Il primo trapianto parziale di faccia è stato eseguito nel 2005 in Francia su Isabelle Dinoire. Sebbene la donna sia morta 11 anni dopo (probabilmente per le complicanze della terapia antirigetto), l’intervento ha aperto un nuovo capitolo nella medicina rigenerativa. Anche perché nel frattempo i progressi nelle tecniche chirurgiche, nella conservazione degli organi e nelle terapie immunosoppressive (quelle che controllano il rigetto) hanno aumentato la sicurezza e l’efficacia dei trapianti. E guardando al futuro, la tecnologia promette miglioramenti una volta impensabili.

Tra i settori più promettenti c’è la xenotrapiantologia, il trapianto di organi da una specie all’altra, che mira a colmare la carenza di organi umani disponibili. Recentemente sono stati effettuati trapianti di reni e cuori da maiali geneticamente modificati a pazienti umani. Ad esempio, nel marzo 2024, al Massachusetts General Hospital, Richard Slayman ha ricevuto con successo un rene di maiale geneticamente modificato.

Secondo la Fondazione Veronesi, i primi tentativi fanno ben sperare, ma i risultati andranno verificati sul lungo termine: “Il problema principale degli xenotrapianti è dovuto essenzialmente al rigetto iperacuto, quello che si verifica pochi minuti dopo il trapianto”. Per ovviare al problema della compatibilità, si osserva, “gli scienziati stanno provando a realizzare degli animali con organi ‘umanizzati’. In particolare, grazie alle tecniche di editing genetico come Crispr-Cas9, è oggi possibile creare animali con organi transgenici in cui vengono eliminati i geni responsabili della mancata compatibilità e aggiunti altri che li ‘umanizzano’”.

Un’altra direzione interessante è la biostampa 3D. Utilizzando cellule e materiali biologici del paziente, è possibile creare strutture tridimensionali che replicano la funzione degli organi naturali. Nel 2019 un team di scienziati israeliani ha stampato il primo cuore in miniatura usando le cellule di un paziente. Non trapiantabile, ma un enorme passo avanti rilevante verso un futuro di organi creati “su misura”. Con due vantaggi: ridurre la dipendenza da donatori e minimizzare il rischio di rigetto. Le sfide tuttavia non mancano, a partire dalla complessità delle reti vascolari nei tessuti stampati e la necessità di standardizzare i protocolli di produzione.

Anche la perfusione meccanica è una tecnologia in fase di sviluppo. Permette di preservare gli organi al di fuori del corpo, mantenendoli vitali per periodi più lunghi rispetto ai metodi tradizionali. Nell’ottobre 2024 l’azienda biotecnologica X-Therma ha trasportato per prima volta il rene di un maiale conservato a temperature inferiori allo zero - e non fra i 2 e gli 8 gradi come avviene ora - su lunga distanza (oltre l’Oceano Atlantico).

Infine, l’intelligenza artificiale si potrebbe rivelare uno strumento potente anche nei trapianti. In Inghilterra, il sistema OrQA (Organ Quality Assessment utilizza algoritmi di deep learning per analizzare immagini di organi donati e valutarne la qualità. In Francia, il Paris Transplant Group ha sviluppato iBox, un algoritmo che sarebbe in grado di prevedere l'esito del trapianto renale, aiutando i medici a personalizzare le terapie post-intervento.

Queste innovazioni suscitano entusiasmo ma anche interrogativi etici: fin dove possiamo spingerci con i trapianti? È giusto utilizzare organi di animali o stampare quelli umani? Chi decide i limiti della sperimentazione? Non ci sono risposte semplici. Ma, come spesso accade, il progresso scientifico richiama una riflessione sulla responsabilità e i diritti umani.

Copertina: Jonathan Borba/unsplash