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Anche abbattendo le emissioni il mare salirà: occorre adattarsi all’inevitabile

Il livello delle acque aumenterà di 10-25 centimetri entro il 2050 e continuerà a crescere nella seconda metà del secolo. Dalle isole galleggianti alle città spugna: ecco come i Paesi provano ad affrontarlo.

martedì 10 gennaio 2023
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Una città galleggiante per salvare le Maldive. Case, scuole, negozi e hotel su isole artificiali collegate tra loro per ospitare fino a 20mila persone, energia prodotta da pannelli fotovoltaici e iniziative di economia circolare per ridurre a zero i rifiuti prodotti: Maldives floating city è l’ambizioso progetto dello stato delle Maldive, sviluppato in collaborazione con l’azienda olandese di sviluppo immobiliare Dutch Docklands, per permettere al Paese di affrontare l’innalzamento del livello del mare. L’80% delle oltre mille isole delle Maldive, infatti, si trova solo a un metro sopra il livello del mare e rischia di scomparire entro la fine del secolo.

Nelle Maldive i progetti di isole artificiali non sono una novità: nel 2004, infatti, è stata inaugurata Hulhumalé, chiamata anche la Città della speranza, nata con lo scopo di diminuire la densità abitativa nella capitale Malé. L’isola è stata costruita pompando sabbia dai fondali marini circostanti e si trova a due metri sopra il livello del mare: potrà così ospitare le persone che in futuro non avranno più una casa.

3 febbraio 1997 (Nasa Earth observatory)

19 febbraio 2020 (Nasa Earth observatory)

Perché il livello del mare aumenta? Dal 1880 il livello medio del mare si è alzato di 21-24 centimetri e a partire dalla fine degli anni ’60 si osserva un’accelerazione: tra il 1971 e il 2018 l’aumento medio annuo è stato di 2,3 millimetri, mentre tra il 2006 e il 2018 è stato di 3,7 millimetri. Le cause principali sono l’espansione del volume dell’acqua, dovuta all’aumento della temperatura degli oceani, e la perdita di massa dei ghiacciai e delle calotte di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide. A determinare l’innalzamento del livello del mare in futuro potrebbe essere il ghiacciaio Thwaites in Antartide, soprannominato il “Ghiacciaio del giorno del giudizio”: con i suoi 120 chilometri di costa è il più grande sul Pianeta e ogni anno riversa 50 miliardi di tonnellate di ghiaccio nell’oceano. Il suo collasso potrebbe provocare un innalzamento del livello del mare di sessanta centimetri, ma è difficile monitorare lo stato e la velocità di fusione del ghiacciaio e prevedere cosa potrà accadere.


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Di quanto salirà il livello del mare? Secondo le stime del Sesto rapporto di valutazione del Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) pubblicato nel 2019, entro il 2050, anche se si dovessero ridurre le emissioni di gas serra, il livello del mare salirà di altri 10-25 cm. Entro la fine del secolo l’aumento potrebbe essere di 28-55 cm in uno scenario a basse emissioni e di 63-110 centimetri nel peggiore dei casi.

Innalzamento del livello del mare (Sesto rapporto di valutazione dell’Ipcc)

In particolare il livello del Mediterraneo è aumentato di sei centimetri negli ultimi 20 anni e potrebbe salire di 43-84 centimetri entro la fine del secolo, secondo le stime riportate nel rapporto “Climate and environental change in the Mediterranean basin” pubblicato dalla rete di scienziati indipendenti MedECC.


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Quali saranno le conseguenze? Si stima che circa 800 milioni di persone oggi vivano in aree vulnerabili a un eventuale innalzamento di 50 centimetri entro il 2050 e che i Paesi asiatici saranno i più colpiti. Milioni di persone sono già esposte a inondazioni ed eventi estremi, come uragani e tifoni, che diventeranno più intensi e frequenti a causa dell’aumento della temperatura e dei cambiamenti climatici. Secondo le stime dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), inoltre, l’innalzamento del livello del mare potrebbe comportare costi fino a 5mila miliardi di dollari entro la fine del secolo.

Parola chiave: adattamento. La comunità scientifica concorda sull’inevitabilità di un continuo innalzamento del livello del mare. Occorre quindi adattarsi. Nel Global risks report del 2019 il World economic forum identifica in particolare tre strategie: sviluppare progetti per allontanare l’acqua dagli insediamenti umani; creare sistemi naturali di difesa, come le foreste di mangrovie e le paludi; spostare case, industrie e servizi lontani dalle zone a rischio di allagamento.

Quali sono le strategie che i Paesi stanno implementando?

A New York, ad esempio, nel 2022 sono iniziati i lavori del Lower Manhattan coastal resiliency project, un’iniziativa della città per ridurre i rischi legati alle alluvioni causate dalle tempeste e dall’innalzamento del livello del mare attraverso l’installazione di barriere frangiflutti e l’aumento dell’altezza di banchine e pontili.

Gli interventi per contrastare l’innalzamento del livello del mare, Battery Park, New York

Anche la Cina ha avviato, a partire dal 2015, progetti pilota per rendere le aree urbani meno vulnerabili alle inondazioni: si tratta delle “città spugna”, città in cui le zone coperte da asfalto e cemento sono limitate a favore di giardini e aree verdi che permettano di assorbire l’acqua in eccesso. Con un aumento medio annuo di 3,94 millimetri, superiore di 0,7 millimetri alla media globale annua, le coste della Cina sono infatti particolarmente esposte alle inondazioni e all’innalzamento del livello del mare.

Un’altra soluzione per ridurre l’impatto dell’innalzamento del livello del mare è la riforestazione delle aree costiere: Singapore, ad esempio, sta investendo in progetti per ripristinare e tutelare le foreste di mangrovie. Le radici di queste piante trattengono il suolo, mitigando l’erosione causata dall’oceano. Le foreste di mangrovie, inoltre, sono habitat per specie animali e vegetali e catturano significative quantità di CO2.

In altri casi si è cominciato a pensare a come e dove trasferire la popolazione che rimarrà senza casa a causa dell’innalzamento del livello del mare: nel 2014, ad esempio, Anote Tong, allora presidente delle Kiribati, una repubblica insulare nel Pacifico centrale, ha comprato dei terreni nelle isole Fiji, mentre in Corea del Sud è stata progettata Oceanix Busan, una città galleggiante che potrà ospitare fino a 12mila persone.

Oceanix Busan (Oceanix/Big-Bjarkle Ingels Group)

Il governo indonesiano nel 2022 ha deciso di costruire sull’isola del Borneo una nuova capitale: si chiamerà Nusantara (arcipelago) e ospiterà la sede del governo e delle agenzie statali. La sua realizzazione, che secondo le stime costerà 33 miliardi di dollari e sarà finanziata con fondi statali e investimenti locali e stranieri, rischia però di contribuire alla deforestazione della foresta del Borneo e alla perdita di habitat di specie a rischio come l’orango, l’orso malese e la nasica.