Dobbiamo imparare a vivere bene: il ruolo della formazione completa
Come passare da una società “4.0”, fondata sulla tecnologia, a una “5.0” a misura di essere umano. L’importanza della formazione e le sue implicazioni in campo sociale, politico, economico.
di Remo Lucchi, presidente Advisory board Eumetra Mr
Stiamo attraversando un momento di trasformazione sociale molto complesso, e per molti aspetti pericoloso per l’evoluzione dell’individuo.
L’obiettivo dell’“individuo” dovrebbe essere di vivere bene la propria esistenza, con capacità di autogestirsi, sviluppando solo relazionalità positiva con tutti gli altri – sapendo che tutte le forme di vita sono il frutto solo di relazione positiva, e non di contrapposizione – in un contesto sociale che sia umanocentrico e sostenibile.
Per affrontare questo tema dobbiamo innanzitutto capire come si forma l’“individuo”, che è un’entità più evoluta dell’“essere umano”.
L’“essere umano” è il punto di partenza. Non ha capacità di gestione di se stesso, con una progettualità adeguata, se non dopo una formazione, che deve essere portata a compimento: mai interromperla prima del completamento – oltre che impegnarsi per ben gestirla. L’interruzione potrebbe innescare un pericolo di non facile gestione.
L’attuale situazione sociale, estremamente tesa – sia a livello nazionale che internazionale – ne è la testimonianza.
La regola basica è semplice: dato che il mondo è formato da “se stessi” e dalla “relazione con gli altri”, è fondamentale che si sia formati nelle due componenti, nella sequenza corretta:
- partendo da una fase “zero”, dove esiste l’essere umano, ma non è ancora stato fatto nessun investimento per creare un individuo;
- si avvia la “prima fase”, che ha l’obiettivo di sviluppare investimenti per ottenere un individuo che prenda possesso della propria individualità, il “se stesso”, tramite l’acquisizione di capacità critica. È il primo obiettivo – una sorta di piattaforma di base – perché l’individuare “se stessi” è la base prioritaria – una fase intermedia necessaria, pur non sufficiente – sulla quale poi innestare la fase successiva, di completamento. La frequenza delle scuole medio superiori dà un ottimo contributo al raggiungimento di questo primo obiettivo. Va in ogni caso rilevato che – non avendo ancora scoperto il valore degli “altri” – in questo stadio la centratura su se stessi è massima;
- Si deve quindi avviare e completare anche la “seconda fase”, che ha come obiettivo non rinunciabile la “relazione con gli altri”, avendo la certezza che solo la relazione positiva con gli altri è la condizione per vivere bene. Si tratta quindi di completare la formazione, aggiungendo alla capacità critica, anche il “senso civico e l’etica” (capacità di gestire progettualmente bene la relazionalità positiva con gli altri). Per raggiungere questo obiettivo finale, è necessario proseguire nella formazione, sia frequentando l’università, sia con il contributo della formazione professionale.
L’evoluzione storica del contesto sociale
Nella nostra storia c’è ovviamente sempre stato l’“essere umano”, ma quasi mai l’“individuo con capacità critica” (tanto meno l’individuo completamente formato), se non in una piccolissima minoranza, che ha poi di fatto sempre gestito il potere.
Da sempre, e fino a 20-25 anni fa, più dell’80% degli individui non aveva raggiunto il primo livello di formazione culturale. Erano quindi “masse” e non individui, con assenza di aspirazione individuale: non c’erano progetti, né sogni di partecipazione. C’è sempre stata accettazione passiva di uno status primario. Tutte le componenti del contesto sociale erano in mano a una piccola minoranza, senza rivendicazioni.
Negli ultimi 20-25 anni si è invece avviato un percorso formativo completamente nuovo: la quasi totalità delle nuove generazioni che è entrata nell’adultità ha portato a termine le scuole medio superiori, pur non completando gli studi. Cambio epocale, per la prima volta nella storia: si sono formati gli “individui con capacità critica” (a oggi oltre il 70%, in soli 25 anni).
Ma non c’è stata una coscienza collettiva sulle conseguenze di questo punto di arrivo, che non ha avuto prosecuzione e completamento della formazione:
- Gente massimamente centrata su se stessa;
- Con grande desiderio di partecipazione, di inclusione nei contesti sociali di protagonismo;
- Guidata da un desiderio di competizione più che di relazione (poco senso civico, poca etica).
Purtroppo l’assenza di una formazione completa è stata accompagnata – nello stesso periodo – anche da problematiche sociali nuove e complesse – globalizzazione, varie crisi finanziarie mondiali – che hanno ostacolato le aspirazioni di queste nuove generazioni, e che di fatto si sono infilate in un precariato progressivo.
E qui è nato un problema importante, per la prima volta: mentre in passato le masse non si erano mai illuse, e sono sempre state rassegnate, questa nuova generazione ha avuto una reazione violenta: aveva avviato dei sogni, ma si è sentita tradita, e sono nate reazioni violente, di contrapposizione. È nato il populismo: la difesa di se stessi, la richiesta di un massimo di attenzione verso la propria individualità, un forte egocentrismo. E ciò in realtà si è verificato un po’ in tutto il mondo occidentale.
Problemi sociali: sostenibilità?
Queste fenomenologie sono preoccupanti perché tendono ad aumentare le contrapposizioni, e a ostacolare le collaborazioni e le mediazioni, che sono invece l’unico modo per andare avanti. Fra l’altro le tensioni stanno crescendo, e il distacco tra chi si percepisce in situazione di “non benessere”, e coloro che sono percepiti “in benessere”, sta aumentando.
E ciò con conseguenze sociali importanti: coloro che si percepiscono in questo status non positivo hanno quasi naturalmente una massima centratura su loro stessi: puntano a un proprio benessere, da raggiungere possibilmente in breve periodo. Di conseguenza, non vogliono sentir parlare di sostenibilità, del rispetto delle condizioni future per chi verrà. E anche i comportamenti non sono guidati da queste preoccupazioni e attenzioni.
In ogni caso questi individui “contrappositivi” di fatto non hanno la responsabilità di questi atteggiamenti, e dei relativi accadimenti. È il sistema di gestione (storica) del Paese che non ha capito:
- quale può essere la conseguenza di una interruzione della formazione
- e che per evitare accadimenti di questo tipo deve creare innanzitutto una diversa cultura della formazione, molto più evoluta, e deve fare in modo che tutti gli individui siano aiutati in tutti i modi – anche finanziandoli a fondo perduto – a completare in modo dovuto tutti gli studi. Sono le nuove generazioni, il futuro del Paese, la loro formazione è un investimento per il futuro benessere del Paese, non un costo.
E la formazione consente peraltro anche un arricchimento indispensabile: dona anche una vera capacità di resilienza, cioè di sapersi gestire in modo interessante anche in caso di difficoltà. Si diventa “imprenditori” di se stessi.
Il completamento della formazione: è vero il grande obiettivo
La formazione evoluta e completata, in realtà è “il metodo” per innescare l’ottimalizzazione della qualità della vita di ogni individuo:
- al di là del miglioramento delle competenze, e delle opportunità professionali;
- offre agli individui gli strumenti di ottimalizzazione della vita: oltre alla capacità critica (cioè il capire se stessi), offre - come si diceva - il “senso civico / l’etica”, fondamentali per instaurare la relazionalità con gli altri, che è vita, evitando la contrapposizione, che invece è paralisi;
- offre l’empatia, cioè la capacità di “mettersi nei panni dell’altro”, cioè di ascoltare senza pregiudizi, cercando di capire il punto di vista dell’altro.
Significa investire totalmente sugli individui. È come se si passasse:
- da una Società 4.0, dove l’obiettivo dominante è la tecnologia – rivoluzione industriale basata sull’internet of things;
- a una Società 5.0, cioè un paradigma focalizzato sulle persone e sul contesto in cui vivono, l’ambiente, sulla qualità della vita e la Sostenibilità, pur con il supporto della tecnologia dell’industria 4.0, a partire da un mutato rapporto tra uomo e robot.
Una società che cerca di bilanciare lo sviluppo economico con la risoluzione dei problemi socio-ambientali, in cui le tecnologie vengono usate non solo per profitto, ma per migliorare la qualità della vita di ogni cittadino; la qualità della vita di ogni individuo, nel rispetto del suo genere, delle sue preferenze, di ogni tipo di “diversità”. Dove anche l’Intelligenza Artificiale sia al servizio degli individui, e non il contrario.
E si sviluppa la capacità di comunicare – pensieri, emozioni, stati d’animo – in maniera efficace, rispettosa e mai violenta.
E terminano le contrapposizioni, e la vita diventa vera.
È qui che si gioca anche il nuovo paradigma, quello dell’Impresa 5.0, che è prima di tutto un paradigma culturale. Persone aperte, inclusive, capaci di immaginare, intuire, sentire e non solo pensare. Persone empatiche, capaci di sentire dentro la Vita, e di agire in coerenza con questo.
Tocca a noi, e a ciascuno di noi, insieme, occuparcene: è nostra comune responsabilità. Una società umanocentrica, sostenibile e resiliente: è quella che dovremo costruire tutti insieme.
Un grande grazie a Claudia Segre per i suoi pensieri illuminanti.
Ma non dobbiamo dimenticare la prima fase della formazione
Stanti i turbamenti e le complessità sociali che stanno caratterizzando sempre di più il tempo che arriva, non si può dare però per scontato che il primo obiettivo basico nello sviluppo dell’individuo – cioè la presa di coscienza di sé, e l’acquisizione di capacità critica – sia facilmente acquisibile. È fondamentale che la struttura della piattaforma base, sulla quale costruire l’individuo nel suo futuro, sia solida, e che tenga conto del contesto sociale che si sta attraversando.
Le continue trasformazioni sociali fanno emergere nuove fragilità, e ridisegnano la qualità delle relazioni. Fenomeni di disagio o di violenza coinvolgono i giovani ormai fin dalla prima età scolare. Il mondo della scuola si trova a gestire un quadro certamente complesso: è il luogo dove i giovani trascorrono momenti importanti della loro esistenza, ed è l’istituzione alla quale si affida la gran parte delle aspettative per una crescita sana e serena.
Molti sono i fenomeni che concorrono a disegnare un quadro in profonda e continua trasformazione nelle famiglie e nella società. È quindi necessaria una specifica proposta educativa che aiuti a preservare la scuola come luogo di benessere e sviluppo delle competenze fondamentali per vivere in un continuo cambiamento.
In realtà la gestione didattica della scuola tende – nella generalità dei casi, salvo alcune iniziative autonome – ad andare in continuità con il passato, non tenendo conto delle complessità crescenti in cui siamo entrati.
Ci sono tuttavia delle eccezioni, non previste dallo Stato ma da iniziative private. Hanno ancora una dimensione contenuta, ma sono di grande interesse.
Una di queste iniziative è proposta e sviluppata da un grande gruppo privato italiano.
Questa iniziativa intende affrontare i disagi sociali che, per la gravità delle loro implicazioni e la loro ampia diffusione, sono diventati vere e proprie emergenze. E al tempo stesso intende promuovere le competenze trasversali che sono determinanti per il bambino di oggi e l’adulto di domani.
Sviluppato insieme a insegnanti, genitori ed esperti, e dedicato alle scuole primarie, raccoglie e mette a disposizione informazioni, approfondimenti e strumenti per conoscere e affrontare tematiche quali bullismo e cyberbullismo, la valorizzazione delle diversità, la prevenzione delle dipendenze, la promozione di un corretto rapporto con il cibo e la nutrizione.
Ma temi di questa importanza non possono essere affidati solo ad iniziative private (anche se è una fortuna che ci siano). Il tema è di tale rilevanza strategica, che deve riscuotere un’attenzione prioritaria soprattutto a livello pubblico.