Pnrr: il difficile percorso del Piano per gli asili-nido
Tra proroghe e decreti aggiuntivi è la spia delle difficoltà di attuazione dei progetti contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.
di Annamaria Vicini
Migranti, caro-energia e Pnrr erano i temi in scaletta per l’incontro del 9 gennaio tra la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e la premier italiana Giorgia Meloni. Ma se i primi due occupano quasi quotidianamente uno spazio sui mezzi di informazione, del terzo si è persa la traccia. Ecco perché ci sembra importante trattare l’andamento del Piano asili-nido, perché può rappresentare un caso di scuola essendo una spia delle difficoltà che il governo può incontrare nell’attuazione dei progetti facenti parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza a tutti i livelli e in tutti i settori.
Come già segnalato in un articolo precedente, alla scadenza del bando per la realizzazione di nuovi nidi e scuole per l’infanzia le domande pervenute per i servizi da zero a tre anni coprivano solo la metà dei fondi stanziati: 1,2 miliardi su 2,4. In particolare si era notato che a latitare erano le richieste dalle regioni del Sud Italia, proprio quelle che risultavano maggiormente carenti.
Ragion per cui i termini del bando erano stati riaperti, con due proroghe riservate esclusivamente ai nidi (le domande per le scuole dell’infanzia infatti superavano lo stanziamento previsto), e con un nuovo decreto specifico per il Mezzogiorno.
Ma poiché si era nel frattempo capito che la scarsità di partecipazione al bando delle regioni del Sud era dovuta anche a difficoltà di progettazione, contemporaneamente alla riapertura dei termini per la presentazione delle domande erano state attivate delle task force per supportare i Comuni nella presentazione dei progetti con il coinvolgimento dell’Agenzia per la coesione territoriale, dell’Anci, delle Prefetture e di altre istituzioni.
Questa politica ha portato a un incremento della partecipazione del 76%, mentre il bando specifico per il Mezzogiorno ha avuto come esito richieste di finanziamento addirittura superiori alla cifra stanziata (81,2 milioni di euro contro i 70 disponibili). L’iter tuttavia è ancora in divenire: sono infatti in corso le verifiche sull’ammissibilità dei progetti: le ultime graduatorie hanno visto ridursi sensibilmente quelli accettati “con riserva”, da 1.148 a circa 300. Per il 18,4% dei progetti ammessi è stata anche attuata una rimodulazione degli importi che ha comportato una loro riduzione.
Quanto fin qui esposto, grazie anche a un attento monitoraggio sull’attuazione del Pnrr realizzato da Openpolis, ci dice che il percorso di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è un percorso a ostacoli, il cui esito non è affatto scontato e che va accompagnato in ogni singolo step.
L’altro aspetto da non sottovalutare, e che appare sistematicamente ignorato, è quello del personale da adibire a questi servizi.
Una volta realizzati i nuovi nidi e scuole per l’infanzia, dove si troveranno gli addetti necessari a ricoprire i posti vacanti? Chi e con quali competenze si prenderà cura dei 264.480 bambini che li frequenteranno, posto che questi sono i numeri previsti dal Pnrr?
Il problema del resto si sta già verificando nel comparto sanitario, dove si sono iniziate a costruire le cosiddette “Case di comunità”, luoghi fisici dove i cittadini dovrebbero poter accedere a prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e sociali. Per il 2026 è prevista la realizzazione di 1.350 strutture, che però rischiano di rimanere dei gusci vuoti a causa della mancanza di dottori di medicina generale e pediatri di libera scelta che dovrebbero prestarvi la loro opera.