La spinta verso una maggiore presenza delle donne ai tavoli di mediazione
Il ruolo delle donne negli accordi di pace andrebbe potenziato perché, laddove vengono incluse, i risultati sono positivi e più duraturi.
di Annamaria Vicini
Il conflitto Russia-Ucraina ha reso evidente l’assenza del genere femminile dai tavoli della mediazione: il presidente Usa Biden, Draghi, Macron e Scholz per l’Unione europea, il turco Erdogan, l’israeliano Bennett, senza dimenticare ovviamente i principali attori Putin e Zelensky sono tutti uomini.
Sarebbe ingeneroso dimenticare il viaggio in Ucraina della presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola e le visite nel Paese aggredito della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che tuttavia hanno solo scalfito l’impressione di uno scenario occupato da una massiccia presenza maschile.
“Le donne mediatrici sono una minoranza” – conferma Loredana Teodorescu, Responsabile affari europei e internazionali dell’Istituto Luigi Sturzo e presidente di Women in international security (Wiis) Italy– “Ma è anche vero che la loro è un’assenza più formale che sostanziale, perché spesso agiscono in modo invisibile. Ciò non significa però che il loro ruolo sia meno importante”.
I numeri comunque sono impietosi: solo il 6% sono le donne firmatarie di accordi di pace e il 6% quelle che hanno svolto un ruolo ufficiale di mediatrici, mentre il 13% hanno svolto un ruolo ufficiale di negoziatrici. E ciò nonostante che, quando vengono incluse, i risultati siano positivi soprattutto per quanto riguarda la durata degli accordi di pace, con un 35% di probabilità in più che questi resistano almeno una quindicina di anni.
Tra gli esempi virtuosi l’accordo tra il governo delle Filippine e il Fronte islamico di liberazione Moro (Milf) nel 2014, con a capo della delegazione Miriam Coronhel Ferrer, e la storica intesa sul nucleare in Iran raggiunta nel 2015 grazie soprattutto alla capacità e alla tenacia di Federica Mogherini in rappresentanza dell’Unione europea. Successi che dovrebbero favorire una maggiore presenza delle mediatrici ai tavoli di negoziazione, dove però purtroppo a pesare è a monte la scarsa rappresentanza di donne ai vertici, a partire dai ruoli di capi di stato e di governo.
Riguardo all’Ucraina, Loredana Teodorescu riferisce come di recente abbia potuto incontrare la vice-ministra degli Affari esteri Emine Dzhaparova ma ricorda che donna è anche la vicepremier, Iryna Vereshchuk. “Svolgono ruoli importanti, che occorrerebbe valorizzare”, sottolinea Teodorescu, puntando il dito contro i media che poco o nulla fanno per dare visibilità a queste figure.
Così come andrebbe maggiormente valorizzato il lavoro “dietro le quinte” spesso svolto dalle negoziatrici, importante per facilitare il contatto con la parte femminile delle popolazioni locali di cui fa emergere istanze che diversamente resterebbero inascoltate, ma anche per realizzare un approccio di più ampio respiro, con esiti meno visibili e immediati ma con obiettivi di visione più larga e più duratura sul lungo periodo.
E non andrebbe sottovalutato nemmeno il ruolo delle rifugiate (più del 60% del totale), che “sono la voce del loro Paese di provenienza e svolgono un importante compito di rappresentanza a livello informale, per questo andrebbero maggiormente sostenute anche con programmi di formazione”.
Nel 2000 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione dove si riconosce “la necessità urgente di incorporare una prospettiva di genere nelle operazioni di mantenimento della pace” e si attribuisce al Segretario Generale il compito di “nominare più donne come rappresentanti e inviate speciali per realizzare missioni proficue in suo nome, e a questo proposito, chiede agli Stati Membri di presentare al Segretario Generale delle candidate per includerle in una lista centralizzata aggiornata periodicamente”.
Nel 2017, promossa dal Ministero per gli Affari esteri italiano, è nata la Rete delle donne mediatrici nell’area mediterranea, un’area geografica particolarmente importante per il nostro Paese, e successivamente, nel 2019, è stata lanciata a New York sotto l’egida delle Nazioni Unite l’Alleanza globale delle donne mediatrici.
La Rete delle donne mediatrici nell’area mediterranea è implementata dall’Istituto affari internazionali e dall’Women in International Security Italy e, anche se non è riuscita ancora a incidere realmente su un incremento numerico delle donne ai tavoli formali, ha comunque portato risultati positivi sostenendo e dando visibilità al lavoro che viene svolto a livello locale.
“L’Italia sta facendo un buon lavoro, con un piano e un budget specificamente dedicato”, è l’opinione di Loredana Teodorescu. “Fare network è importante, serve a scambiare esperienze e unire gli sforzi. A cinque anni dalla nascita della Rete si rende tuttavia necessario fare il punto su come utilizzare al meglio le risorse e come valorizzare ulteriormente le competenze femminili”.