Decidiamo oggi per un domani sostenibile

Le sfide della Germania dopo il voto che chiude l’era Merkel

I negoziati di coalizione saranno difficili e richiederanno molto tempo. Considerati i compiti che la Germania dovrà affrontare, si auspica che i responsabili politici raggiungano presto una soluzione, necessaria anche per agire sulle politiche climatiche e sostenibili.  

di Karoline Rörig

La Germania ha votato. Il risultato mostra maggioranze estremamente strette: la Spd emerge come vincitore delle elezioni, ma con il 25,7% è appena davanti alla Cdu/Csu, la quale con 24,1% porta un risultato storicamente minimo (meno 8,9%). I Verdi sono diventati la terza forza (guadagnando più 5,8%), ma con il 14,8% sono dietro le loro aspettative. Tuttavia, insieme ai Liberali, la Fdp (il quarto partito con l'11,5%), avranno un impatto decisivo sulla formazione del nuovo governo (per i risultati in dettaglio vedi qui).

Sullo sfondo della stretta maggioranza, i negoziati di coalizione, che sono in corso adesso, saranno difficili e probabilmente richiederanno molto tempo. Considerati i grandi compiti che la Germania e i suoi partner europei e internazionali devono affrontare, si spera comunque che i responsabili raggiungano al più presto possibile ad una soluzione, e che le trattative non siano così lunghe come dopo le elezioni del 2017: all’epoca durarono più di sei mesi e alla fine, in una replica del governo precedente, si formò di nuovo una grande coalizione di Cdu/Csu e Spd.

Tuttavia, i soggetti coinvolti e gli elettori si sono ultimamente stancati di questa grande coalizione: Nei sondaggi pre-elettorali, solo il 9% degli intervistati desiderava che l'alleanza Cdu/Csu e Spd fosse rilanciata, e anche i partiti hanno ripetutamente invocato durante la campagna elettorale che sarebbe giunto il momento del cambiamento e della transizione. Il risultato delle elezioni offre molte opzioni in questo senso.

Non è questa la sede per ripercorrere e discutere i possibili scenari di coalizioni di governo, si tratta piuttosto di delineare, pur brevissimamente, il punto di partenza in quell'area che dovrebbe essere al centro dell'azione politica di qualsiasi futuro governo: dove sta oggi la Germania rispetto all'attuazione dell'Agenda 2030 e al raggiungimento degli obiettivi climatici? Qual è l’eredità del governo uscente e dell'era Merkel a questo proposito?

Il 26 settembre 2021, in effetti, segna una svolta e l'addio di Angela Merkel come cancelliera, dalla carica che ha ricoperto per 16 anni. In questo periodo ha guidato quattro governi, tre cosiddette grandi coalizioni di Cdu/Csu e Spd (2005-2009, 2013-2017, 2018-2021) e una coalizione giallo-nera di Cdu/Csu e Fdp dal 2009-2013. Come capo del governo ha lasciato un’impronta profonda e duratura non solo in Germania, ma anche in Europa e nel mondo, e giustamente gode di un alto livello di riconoscimento in patria e all'estero.

Ma come risulta assai chiaro dagli molti esami e revisioni della sua carriera che girano nei media in questi giorni, il bilancio del suo mandato nella nostra area di interesse, cioè la protezione del clima e la sostenibilità, è di difficile realizzazione. Angela Merkel lo ammette lei stessa e con grande rammarico, ancora recentemente nell’ultima sua conferenza stampa estiva nel luglio 2021, dicendo che rispetto all'obiettivo di limitare l'aumento del clima globale a due gradi "non è successo abbastanza" durante il suo cancellierato. Sottolinea, tuttavia, il suo impegno personale nella lotta contro il riscaldamento globale, ed emerge quanto la questione ha plasmato tutto il suo lavoro politico.

In effetti, la questione le stava a cuore fin dall'inizio della sua carriera politica negli anni '90, quando era Ministra dell'ambiente nel governo di Helmut Kohl (1994-1998). Questo periodo ha visto momenti importanti come la prima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima a Berlino nel marzo-aprile 1995, in cui il "Mandato di Berlino" per ridurre i gas serra è stato adottato anche grazie all'impegno personale dell’allora Ministra Merkel, e la Conferenza mondiale sul clima del 1997 a Kyoto, in cui sono stati concordati obiettivi vincolanti secondo il diritto internazionale per limitare le emissioni. Questo protocollo, che entrerà in vigore nel 2005, è da considerare una pietra miliare nella protezione del clima.

 Nello stesso anno, Angela Merkel viene eletta cancelliere della Germania per la prima volta, ed è allora nella posizione di promuovere una politica climatica più ambiziosa: L'anno 2007, con il vertice speciale dell'Ue a Berlino in marzo e il vertice del G8 a Heiligendamm in giugno, porta effettivamente delle risoluzioni sostanziali per ridurre l’emissione dei gas serra. Poco dopo, nel settembre, la cancelliera tedesca fa un appello insistente per la protezione del clima davanti alle Nazioni unite a New York, dichiarando che è "un compito globale che riguarda tutti".

Da allora, Merkel è stata soprannominata la "cancelliera del clima". Tuttavia, negli anni successivi diventa difficile per lei essere all'altezza di questo titolo e delle conseguenti implicazioni e rivendicazioni: a partire dal 2008, infatti, la crisi finanziaria mondiale significa una sfida enorme e richiede altre priorità, in primo luogo la crescita economica, purtroppo anche a prezzo degli obiettivi climatici. La conferenza mondiale sul clima di Copenaghen alla fine del 2009 ha segnato un punto basso in questo senso. In quest’occasione, Merkel, ancora una volta, ha fatto un appello urgente alla comunità mondiale per concordare obiettivi vincolanti per la riduzione delle emissioni di CO2, ma nessun accordo è stato raggiunto.

Dopo il fallimento della conferenza di Copenaghen, non si è potuto attuare programmi e misure specifiche nello spirito degli obiettivi climatici, neanche a livello nazionale. Bisogna considerare, tuttavia, che Merkel e i suoi vari partner di coalizione sono stati vincolati da un classico dilemma politico, quello di interessi contraddittori e concorrenti che devono essere bilanciati e messi d'accordo. Per il governo tedesco, negli anni della crisi, si trattava allora soprattutto di proteggere e affermare la Germania come importante sede industriale (parola chiave: industria automobilistica) e di garantire i posti di lavoro (parola chiave: industria del carbone).

Questo dilemma permane e continua a influenzare le politiche ambientali negli anni a seguire. Solo lo shock di Fukushima nel 2011 porta ad un cambiamento decisivo, alla risoluzione di uscire dal nucleare. Era una decisione spontanea e solitaria dalla cancelliera, una risoluzione tanto discussa all’epoca, provocando resistenze e irritazioni da parte dell’allora partner di coalizione, la Fdp, e dall’industria energetica. Ma non fu revocata.

Sfidati dagli attivisti di "Friday for Future", il quarto governo Merkel, la terza grande coalizione dell’unione Cdu/Csu con la Spd, a partire dal 2018 comincia ad attivarsi con più determinazione: nel 2019 viene approvata la prima legge sulla protezione del clima, che prevede obiettivi climatici vincolanti con bilanci di gas serra annualmente decrescenti per i settori dei trasporti, dell'energia, dell'industria, dell'edilizia, dell'agricoltura e della gestione dei rifiuti (però, è già stata modificata per volere della Corte costituzionale federale, che metteva in guardia sulla mancanza di giustizia intergenerazionale.

Sulla scia e all'indomani della pandemia Covid-19 il clima e l'Agenda 2030 diventano finalmente una priorità assoluta. Il governo tedesco, che detiene la presidenza del Consiglio dell'Ue nella seconda metà del 2020, da un contributo importante all'accordo sul cosiddetto recovery plan, il Next Generation Eu. Insieme al Green Deal europeo, la protezione del clima, la giustizia climatica e l'Agenda 2030 si spostano allora al centro dell'azione politica.

Così, l'argomento prende lo spazio che merita anche nell'ultima dichiarazione di governo di Angela Merkel nel giugno 2021. Parla della necessità di stabilire un cambiamento di rotta decisivo per il futuro dell'Europa e di recuperare il tempo perso. Il focus principale della ricostruzione dovrebbe essere il rinnovamento verde e la digitalizzazione. Solo con una economia verde l'Europa sarebbe adatta al futuro e competitiva. Parlando della protezione del clima dichiara: "Si tratta niente di più e niente di meno che del futuro del nostro pianeta”.

Guardando il suo impegno per tutta la durata del suo mandato alla guida del paese, si deve credere ad Angela Merkel, la "cancelliera del clima", che sia seria e fermamente convinta da queste sue parole. Non sarà più giudicata dai risultati. Adesso spetta ad altri a portare avanti in Germania la transizione ecologica e l’attuazione della Agenda 2030.

In una panoramica sommaria come questa, i singoli aspetti e le fasi di uno sviluppo così complesso, ovviamente, non possono essere presentati in modo esauriente. Un interessante riassunto e spunti in inglese offrono, per esempio, Ellen Thalman e Julian Wettengel nel loro articolo "The story of ‘Climate Chancellor’ Angela Merkel".

Nelle prossime puntate di questo “Dialogo italo-tedesco per lo sviluppo sostenibile”, rivisiteremo e approfondiremo i singoli temi e aspetti, soprattutto gli sviluppi più recenti e attuali. In Germania, la protezione dell'ambiente e del clima e l'impegno per uno sviluppo sostenibile hanno una lunga e vivace tradizione, e molte facce e espressioni. Ne daremo conto nel seguito e presenteremo protagonisti e iniziative.

Angela Merkel ha indubbiamente fatto del suo meglio per portare avanti la questione, dovendo tener conto e soppesare molti interessi contrastanti, e in tempi difficili. Ora tocca ai suoi successori a continuare questa eredità e a stabilire nuovi accenti.

di Karoline Rörig, fondatrice e direttrice dell’Ufficio per il dialogo italo-tedesco

giovedì 7 ottobre 2021