Intelligenza artificiale per il bene. Tutelare i relatori speciali dell’Onu
AI: lo sviluppo sostenibile come scopo e guida, considerando le implicazioni antropologiche ed etiche. Gli Usa sanzionano la relatrice speciale delle Nazioni unite Francesca Albanese.
Dall’8 al 12 luglio si è tenuto a Ginevra il vertice internazionale “AI for good”: l’intelligenza artificiale per il bene, iniziativa bandiera della piattaforma delle Nazioni unite per l’AI. Lo scopo dichiarato è esplorare attraverso il confronto e il dibattito multistakeholder come l’AI possa essere strumento per l’attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, nel quadro dunque del Patto digitale globale sottoscritto dai leader mondiali unitamente al Patto sul futuro.
Il discorso di apertura tenuto da Doreen Bogdan-Martin, segretario generale dell’International telecommunication union (Itu), ha descritto il contesto e la direzione verso cui le Nazioni unite si sono impegnate a sviluppare l’AI, con queste parole: “Credo che il rischio più grande che corriamo non sia l'eliminazione della specie umana da parte dell'AI. È la corsa a diffonderla ovunque, senza una comprensione adeguata di cosa questo significhi per le persone e per il nostro pianeta […]
Abbiamo già osservato prototipi di intelligenza artificiale avanzata, che hanno imparato a ingannare i propri sviluppatori in ambienti di test per preservare i propri obiettivi. […] Tra i rischi più grandi, quello che sicuramente mi tiene sveglia la notte è lasciare indietro i più vulnerabili, mentre l'intelligenza artificiale avanza a gran velocità, in un momento in cui 2,6 miliardi di persone sono offline. […] Quindi, per la generazione dell'AI, la domanda non dovrebbe essere: chi può costruire i modelli più potenti più velocemente. La nostra domanda deve essere: cosa stiamo facendo per garantire che l'AI funzioni per tutta l’umanità? Qual è il nostro ruolo nel garantire che dia potere a chi non ne ha? Come orienteremo l'arco dell’AI verso la giustizia?”
E da queste premesse, evidenziando l’importanza fondamentale dello sviluppo delle competenze senza lasciare nessuno indietro, di una capacità di governance inclusiva e d’investire nella definizione di standard, così conclude: “Siamo più della generazione dell'AI. Siamo la generazione determinata a plasmare l'AI per il bene. Quindi, non importa quanto velocemente si evolva la tecnologia: non smettiamo mai di mettere l'AI al servizio di tutte le persone e del nostro pianeta. Facciamolo, insieme”.
Nel contesto del vertice di Ginevra, il messaggio del Cardinale Pietro Parolin a nome di Papa Leone XIV esprime una valutazione allineata sugli stessi principi, invitando a considerare insieme le implicazioni antropologiche ed etiche, sottolineando che “lo sviluppo di tali progressi tecnologici deve andare di pari passo con il rispetto dei valori umani e sociali, la capacità di giudicare con coscienza pulita e la crescita della responsabilità umana. Non è un caso che quest'epoca di profonda innovazione abbia spinto molti a riflettere su cosa significa essere umani e sul ruolo dell'umanità nel mondo”.
La priorità ai diritti umani deve essere la priorità dell’AI, come sottolineato nell'intervento dell’Alto commissario per i diritti umani Volker Türk, secondo cui “è proprio di fronte a un cambiamento radicale che abbiamo bisogno di più diritti umani, non di meno”, perché è la stessa velocità del cambiamento a rappresentare un rischio.
Il vertice AI for Good è stata una nuova occasione di dibattito su questi argomenti a livello internazionale, su cui si sta riscontrando un’intensificazione. Già dal 23 al 27 giugno con l’incontro multistakeholder della ventesima edizione dell’Internet global forum che si è tenuto in Norvegia e ancora prima il 2 giugno ad Amburgo con cui è stata adottata la dichiarazione sulla AI responsabile per lo sviluppo sostenibile. La stesso impegno di Siviglia per il finanziamento allo sviluppo adottata il 30 giugno ha dedicato spazio agli stessi argomenti richiamando il Patto digitale globale come riferimento comune. Non ultima, è la stessa Commissione europea con la recente comunicazione sulla strategia digitale internazionale dell’Unione europea adottata lo scorso 5 giugno a richiamarsi agli impegni assunti con il Patto digitale globale.
Gli Stati Uniti sanzionano la relatrice speciale delle Nazioni unite Francesca Albanese
La pubblicazione del rapporto della relatrice speciale dell’Onu sui territori palestinesi occupati “dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio” Francesca Albanese ha destato attenzione mediatica, in particolare per le sanzioni annunciate il 9 luglio dal Segretario di stato degli Usa Marco Rubio, giustificate dalle “attività parziali e maliziose che da tempo la rendono inadatta al servizio come Relatrice Speciale” e in particolare per aver formulato “accuse estreme e infondate” nei confronti di aziende nel mondo, incluso importanti aziende americane e raccomandando sulla base di queste alla Corte Penale internazionale di “avviare indagini e procedimenti penali nei confronti di queste aziende e dei loro dirigenti. Non tollereremo queste campagne di guerra politica ed economica, che minacciano i nostri interessi e la nostra sovranità nazionale”.
Le alte cariche delle Nazioni unite sui diritti umani hanno espresso serie preoccupazioni per la posizione assunta dagli Stati Uniti. In particolare l’Alto commissario per i diritti umani Volker Türk, chiedendo la revoca delle sanzioni, ha precisato che “anche di fronte a un forte disaccordo, gli Stati membri delle Nazioni Unite dovrebbero impegnarsi in modo sostanziale e costruttivo, piuttosto che ricorrere a misure punitive”, mentre il presidente del Consiglio Onu sui diritti umani Jürg Lauber, ha dichiarato: “i Relatori Speciali sono uno strumento essenziale del Consiglio per l'adempimento del suo mandato di promuovere e proteggere tutti i diritti umani nel mondo. Invito tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a collaborare pienamente con i Relatori Speciali e i titolari del mandato del Consiglio, e ad astenersi da qualsiasi atto di intimidazione o ritorsione”.
Il rapporto di Francesca Albanese è un documento tecnico che raccoglie notizie su circa mille entità aziendali quali “produttori di armi, aziende tecnologiche, aziende edili e di costruzioni, industrie estrattive e di servizi, banche, fondi pensione, assicuratori, università ed enti di beneficenza” che “favoriscono e traggono profitto dalla distruzione di vite innocenti”. Il rapporto, richiamandosi al diritto internazionale, alle sentenze della Corte internazionale di giustizia, ai principi guida dell’Onu su business e diritti umani, con attenzione particolare al principio guida n.4 relativo alla responsabilità degli Stati che dovrebbero “adottare misure aggiuntive per proteggere dalle violazioni dei diritti umani da parte di imprese possedute o controllate dallo Stato o che ricevono un sostegno e servizi sostanziali da agenzie statali, come le agenzie di credito all'esportazione e le agenzie ufficiali di assicurazione o garanzia degli investimenti, anche, ove appropriato, richiedendo la due diligence sui diritti umani”, conclude formulando precise raccomandazioni e richieste.
Agli Stati membri, rivolge la richiesta di un embargo totale sull’invio di armi a Israele, la sospensione di tutti gli accordi commerciali e congelamento di beni a entità e individui coinvolti in attività che potrebbero mettere in pericolo i palestinesi. Alle società coinvolte chiede di cessare le attività commerciali e di risarcire il popolo palestinese. Esorta inoltre la Corte Penale Internazionale e le magistrature nazionali a “indagare e perseguire dirigenti aziendali e/o entità aziendali per il loro ruolo nella commissione di crimini internazionali e nel riciclaggio dei proventi derivanti da tali crimini”. Concludendo, esorta ancora “i sindacati, gli avvocati, la società civile e i cittadini comuni a fare pressione per boicottaggi, disinvestimenti, sanzioni, giustizia per la Palestina […] insieme, i popoli del mondo possono porre fine a questi crimini indicibili. Le atrocità osservate a livello globale richiedono urgentemente responsabilità e giustizia, che richiedono azioni diplomatiche, economiche e legali contro coloro che hanno mantenuto e tratto profitto da un'economia di occupazione trasformatasi in genocidio. Ciò che accadrà in seguito dipende da tutti.”
* In foto: una manifestazione per Gaza a Roma