Oggetti comuni come armi: è l’inizio di una nuova fase per i conflitti?
Il sabotaggio dei cercapersone usati da Hezbollah segna una svolta nell’evoluzione delle guerre in cui oggetti di uso quotidiano potranno essere usati per attacchi su grande scala. Cresce il senso di vulnerabilità.
L’inizio di una “nuova era di sabotaggi”. Così il New York Times ha definito l’attacco che il 17 e il 18 settembre ha causato l’esplosione di migliaia di cercapersone e walkie-talkie utilizzati dai membri del gruppo politico e militare Hezbollah. L’attacco, per cui Israele è ritenuto responsabile, ha ucciso oltre 30 persone e ne ha ferite migliaia. Il sabotaggio di telefoni e l’inserimento di bombe in oggetti comuni non sono una novità. A segnare un punto di svolta è la scala dell’attacco. “Questo potrebbe essere il primo e spaventoso segnale di un mondo in cui non potremo fidarci totalmente di nessun dispositivo elettronico, dai nostri cellulare ai termostati” ha detto Glenn Gerstell, avvocato e general counsel dell’Agenzia nazionale di sicurezza degli Stati Uniti dal 2015 al 2020.
Mercenari dal Sud globale: la nuova frontiera dei conflitti moderni
Più tecnologia ma anche più soldati al fronte: la Russia recluta in Burundi e Congo, gli Emirati Arabi impiegano milizie sudanesi in Yemen. Anche l'Ucraina sta ingaggiando combattenti dal Sud-est asiatico.
“Le esplosioni non avevano un grande scopo strategico” scrive il New York Times, perché “l’effetto principale è psicologico”. L’idea che oggetti di utilizzo quotidiano possano diventare armi letali crea un crescente senso di vulnerabilità. La sensazione di paura e spaesamento è amplificata dalla difficoltà di attribuire con certezza la responsabilità di un attacco a un Paese o a un attore specifico. Gli Stati si sono tradizionalmente concentrati nel limitare la diffusione di armi altamente distruttive e hanno fatto meno attenzione ai rischi di attacchi alternativi, spiega Aldo Giannuli, politologo e direttore del centro studi Osservatorio globalizzazione, in un video pubblicato sul suo canale YouTube. “Stiamo abbandonando il terreno della guerra come l’abbiamo conosciuta e stiamo entrando nel campo della guerra caotica, dove tutto può essere usato contro tutti” sostiene Giannuli.
Le guerre e i conflitti stanno cambiando anche perché le tecnologie e le innovazioni militari sono accessibili a un numero sempre maggiore di individui e attori non statali. “Non sono più solo le grandi potenze a essere in possesso delle capacità tecnologiche” scrive il sito di informazione The Conversation, anche se continua a esistere un divario tra chi ha la possibilità di trasformare oggetti comuni in armi e di organizzare attacchi a distanza e chi continua a pagarne le conseguenze.
Copertina: Ansa