Riforma della governance globale: si può veramente fare?
Un libro pubblicato dal think thank Feps avanza le proposte per un sistema internazionale più resiliente agli shock globali. Approfondimenti su clima, finanza, digitale, diritti. L’Ue è il modello per attuare l’Agenda 2030.
Come si può riformare la struttura governativa globale? E soprattutto: quali sono gli strumenti già a disposizione per farlo? A porsi queste domande il libro “A new Global deal. Reforming world governance”, pubblicato il 19 aprile dal think thank Feps (Foundation for european for progressive studies) con l’obiettivo di definire, attraverso i contributi di esperti ed esperte di alto livello, le linee guida per adattare le strutture governative mondiali alle problematiche del nostro tempo.
“Esiste un chiaro divario tra le sfide che abbiamo di fronte e l’attuale sistema di governance globale”, ha commentato la politica ed ex parlamentare europea Maria João Rodrigues, curatrice del volume e dell’introduzione al libro. Rodrigues ha sottolineato che “l’ordine mondiale sta subendo una trasformazione su larga scala” che le strutture internazionali faticano ad affrontare. Per questo, ha ricordato, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha indetto un Summit sul futuro (programmato per settembre 2024) e un Summit sociale globale (programmato per il 2025) per riformare le strutture di governo che dovrebbero arginare, prevedere, confrontarsi con gli shock sempre più frequenti. Questi summit costituiscono per l’ex parlamentare “un’opportunità irripetibile”, che “dovrebbe essere sfruttata al massimo delle sue potenzialità da tutti gli attori che vogliono cambiare l’ordine globale per un futuro migliore”.
Il libro avanza dunque una serie di proposte riguardanti la riforma del sistema di governance in settori politici cruciali come il clima e l’ambiente, le questioni sociali, la trasformazione digitale, il commercio, le catene di approvvigionamento e la politica industriale.
Affronta anche la questione di come riformare l'architettura finanziaria globale e le istituzioni delle Nazioni Unite. Inoltre, discute il modo in cui un “New global deal” – accordo globale per la riforma delle istituzioni internazionali proposto da Guterres, di cui si parlerà durante il Summit del futuro – potrà aiutare i Paesi ad attuare gli Obiettivi dell’Agenda 2030.
Per avere centralità geopolitica l’Onu ha un disperato bisogno di riforme
Senza una revisione radicale le Nazioni Unite rischiano di rimanere prigioniere del paradosso evocato dal suo Segretario generale: “Il mondo è cambiato, le istituzioni no”.
Tema, quest’ultimo, di particolare rilevanza, approfondito da Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, nel suo contributo al libro. Per Giovannini, il modello a cui ispirarsi per attuare l’Agenda 2030 è l’Unione europea: con il quadro strategico del Green Deal e il pilastro europeo dei diritti sociali “la Commissione guidata da Ursula von der Leyen ha posto l’Agenda 2030 al centro della sua strategia, che ha incluso la definizione di regole di governance esplicitamente finalizzate all’attuazione dell’Agenda 2030 e al raggiungimento degli SDGs”. In questo senso, “l’esperienza dell’Ue potrebbe essere utilizzata per identificare pratiche utili alla progettazione del New global deal e del Nuovo contratto sociale, proposti dal segretario generale delle Nazioni Unite”.
Ci sono quattro aree, in particolare, in cui l’esperienza europea potrebbe risultare particolarmente proficua:
- l’adozione dello sviluppo sostenibile come principio chiave per guidare le politiche pubbliche, le strategie aziendali e i comportamenti privati;
- la progettazione di un sistema di monitoraggio per valutare i progressi verso gli SDGs a livello locale, nazionale e sovranazionale, nonché valutare l’impatto che le politiche pubbliche hanno su di essi;
- l’adozione dell’Agenda 2030 come quadro per la progettazione e la valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche e delle strategie aziendali;
- la progettazione di politiche pubbliche, utilizzando strumenti di previsione strategica e il concetto di “resilienza trasformativa”, per affrontare gli shock futuri, ridurre rischi, identificare le opportunità e mettere il mondo su un percorso più sostenibile.
“Queste quattro aree mostrano come il potere trasformativo dell’Agenda 2030 possa diventare efficace solo attraverso un insieme di azioni che cambino profondamente il modo in cui funzionano i sistemi socioeconomici e le politiche pubbliche”.
Cambiare per continuare a cambiare, dunque, costruendo un futuro diverso ed evitando gli scenari più catastrofici. A sottolinearlo anche Maria João Rodrigues che, parlando dei possibili futuri dei prossimi anni (tra cui una “nuova Guerra fredda”, dovuta a un maggior allineamento della Cina con la Russia, o una “struttura policentrica con zone di influenza” in un ordine globale altamente frammentato), sottolinea che l’unico domani auspicabile verrà da una “rinnovata cooperazione internazionale” con un sistema multilaterale capace di evolversi e affrontare le sfide del 21esimo secolo.
Le possibilità di un simile scenario dipendono però dall’impegno di tutti, e in particolare “dalla costruzione di un’ampia coalizione di forze che coinvolga Stati, organizzazioni regionali, entità della società civile e anche cittadini, ovunque si trovino nel mondo”.