Decidiamo oggi per un domani sostenibile

L'innovazione non fa paura. Due tipi ideali

Alfa e beta: visioni divergenti dello sviluppo tecnologico, tra chi vede solo opportunità e chi chiede cautela e responsabilità. Un’analisi sulle implicazioni etiche e sostenibili del nostro futuro.

venerdì 18 ottobre 2024
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Prima storia: Giorgia Meloni parla con Elon Musk. È un bene, si legge nell'editoriale di un quotidiano italiano, perché l'Italia ha bisogno di innovazione. Il mondo ha bisogno di innovazione. Tony Blair diceva: education education, education. Oggi, trent'anni dopo, bisogna dire: innovation innovation innovation.

Seconda storia: in un incontro di vertice, cui partecipano portatori di interessi diversi, pubblici e privati, di alto rango, un manager dice: "Noi americani cerchiamo l'innovazione, la cavalchiamo, mentre voi europei ne siete spaventati".

Quale lezione trarre da queste due storie?

Ciò che le due storie hanno in comune è l'esaltazione dell'innovazione - che è, oggi, essenzialmente innovazione digitale- e il legare l'innovazione a un modello di sviluppo che possiamo sinteticamente definire “americano”. Per opposizione, si definisce un 'modello europeo' fondato sul timore. Si tratta di grandi semplificazioni.

Dall'Europa all'America

Da un punto di vista storico, la rivoluzione industriale e la rivoluzione tecnico-scientifica sono nate in Europa. Possiamo anche ricordare che le origini dei grappoli di innovazione che negli ultimi cent'anni, e anche oggi, vediamo sprigionarsi in America hanno origini europee. Le innovazioni sono frutto di un pensiero europeo arrivato negli Stati Uniti a partire dagli Anni Trenta del secolo scorso a causa della crisi europea: conflitti sociali, risposte autoritarie, guerra.

Il pensiero europeo, sia pure con molti limiti, e in modo non sempre chiaro e omogeneo, ha elaborato l'esperienza della crisi, ne ha vissuto gli orrori, ha colto in qualche modo un nesso tra uno sviluppo incontrollato e i suoi effetti nefasti. Gli europei hanno visto i vantaggi, ma anche gli svantaggi. Lo stesso pensiero che ha generato innovazione ha anche generato critiche all'innovazione. Un'antica saggezza europea ricorda che all'hybris corrisponde una nemesi. L'aggressione alla natura si ritorce in disastri naturali. La manipolazione del codice della vita comporta rischi ignoti. Possiamo liquidare tutto questo dicendo che si tratta di semplice spavento di fronte all'innovazione?

Due tipi ideali

Nell'opposizione tra “atteggiamento americano” e “atteggiamento europeo” possiamo riscontrare un fondo di verità. Accettiamo dunque la semplificazione. Perché permette di descrivere due modelli, due atteggiamenti. Due “tipi ideali”. Un idealtypus coglie e descrive aspetti della realtà sociale evidenziando i tratti essenziali, anche esagerandoli intenzionalmente, in modo da attingere a una chiarezza espositiva. Dunque potremmo dire: un tipo ideale 'americano' e un tipo ideale 'europeo'.

Ma va anche ricordato che in qualche misura siamo tutti “europei” e tutti “americani”. Sempre procedendo per semplificazioni, siamo vicini al tipo “americano” nel momento in cui perseguiamo l'innovazione come soluzione dei problemi del presente. Siamo vicini al tipo “europeo” nel momento in cui cui poniamo attenzione ai limiti e alle conseguenze dell'innovazione. Diciamo, quindi, in luogo di tipo ideale “americano” e tipo ideale “europeo”, tipo ideale “alfa” e tipo ideale “beta”.

Alfa vs. Beta

Nel tipo ideale “alfa” l'orientamento all'innovazione si è sviluppato in modo abnorme, privo di anticorpi. L'idea della sostenibilità è frutto, invece, del tipo “beta”. Così impostata la questione, appare evidente il fatto che le due storie sopra citate parlano di come il tipo “alfa” tenti di liquidare, rappresentandola in modo svilito, la posizione del tipo “beta”. Infatti, giace nello spavento e nella paura chi non solo è minacciato, ma si sente battuto. Definire il tipo “beta' spaventato” è una scelta di comodo, e anche capziosa. Si tratta di un giudizio tramite il quale il tipo “alfa” cerca di liquidare la posizione “beta”, orientata alla sostenibilità: volete mettere limiti all'innovazione solo perché l'innovazione vi spaventa!

Ma chi è spaventato, bloccato dalla paura, è incapace di azione. Il tipo ideale “beta” non è incapace di azione. Si può dunque, dal punto di vista “beta”, chiamare con altro nome ciò che da un punto di vista “alfa” appare come “spavento” o “paura”. Il tipo “beta” non è preda dello spavento. È 'in ansia'. L’“ansiosa preoccupazione” è frutto dello sguardo di chi non vede solo gli effetti positivi ma anche gli aspetti nocivi. Di chi continua a considerare che possano esistere innovazioni tanto pericolose da giustificare il loro abbandono. Il tipo “beta”, insomma, non si tappa gli occhi di fronte a ciò che vede e si fa carico di considerare le conseguenze. L'aspetto essenziale della sua posizione consiste nel cercare costantemente il modo di trasformare l'ansiosa preoccupazione in responsabile presenza: agire prendendo posizione e compiendo scelte politiche.

Ciò che viene in modo sbrigativo chiamato spavento, dunque, è consapevolezza, è l'essere nel mondo e con il mondo. È orientamento alla saggezza e alla cura. È saggia cautela.

Alfa

Per il tipo “alfa” l'innovazione va perseguita, per così dire, senza cercare il pelo nell'uovo. Anche lui sa bene che l'innovazione ha effetti nocivi. Ma se la cava sostenendo che l'innovazione stessa risolverà ogni problema generato dall'innovazione. E allo stesso tempo non si perita di scaricare gli effetti nocivi dell'innovazione lontano dal qui e ora.

Il tipo “alfa” considera come male minore la crescente divaricazione della forbice tra ricchezza e povertà, tra élite e cittadini ridotti a utenti; accetta conflitti e contraddizioni che degenerano in crisi globali, in guerre e distruzioni. Accetta come inevitabile conseguenza il peso che grava oggi sulle periferie del mondo e che graverà sulle future generazioni, sulla natura vivente.

Lo sguardo “alfa” che vede gli uni spaventati e gli altri, invece, felicemente orientati all'innovazione mette tra parentesi la posizione degli attori sociali. Quel manager che nel corso di quell'incontro di vertice ha accusato gli europei di essere spaventati dall'innovazione, è -non dimentichiamolo- remunerato in considerazione del valore di un titolo di borsa, del profitto garantito agli shareholder.

Non si può infatti dimenticare che l'innovazione, in mano ad interessi privati, resta strettamente legata alla ricerca di un ritorno dell'investimento, un ritorno sempre più alto, in tempi sempre più brevi. L'innovazione “alfa”, cioè, è legata a doppio filo con la speculazione finanziaria.

Chi indirizza l'innovazione in una direzione o in un'altra? Chi finanzia certi progetti di ricerca e sviluppo e ne punisce altri? I 'mercati finanziari' - o forse potremmo dire con una espressione meno ambigua: è il capitalismo finanziario. 

Beta

Il tipo 'beta' ha solide ragioni per sostenere che l'innovazione è, in gran misura, al servizio di un capitalismo finanziario che impone agli stessi ricercatori gli obiettivi della ricerca tecnico-scientifica. Solo certe ricerche vengono adeguatamente finanziate. Tra i campi di ricerca sostenuti e premiati dal capitale finanziario brilla quello delle cosiddette intelligenze artificiali.

L'innovazione fondata sull'intelligenza artificiale è solo una delle innovazioni possibili. Ci sono validi motivi per dire che il suo recente trionfo radica in motivi ideologici di tipo “alfa”.

L'AI è l'arma che il tipo “alfa” usa per togliere valore e spazio alla risposta “beta”: l'assunzione di responsabilità.

Si vuole infatti far pensare: i problemi sono troppo complessi e gravi perché la povera azione di noi 'beta” abbia un qualche effetto. Ciò che possiamo fare, pur mettendo in campo tutto il nostro senso di responsabilità, sarà insufficiente. Ecco dunque l'allettante invito: affidatevi a intelligenze artificiali.

Il tipo “beta” sceglie di assumersi impegni. I Sustainable Development Goals (SDGs) dell'Onu - con tutti i loro limiti, il loro essere generici, il loro apparire come lista incompleta e per certi aspetti squilibrata - indicano un cammino. Sono una esemplare iniziativa di tipo “beta”. Qui non c'è timore, paura, spavento di fronte all'innovazione. C'è invece un pubblico, universale appello all'assunzione di responsabilità.

Così, agli occhi del tipo “beta”, le metriche Environmental, Social, Governance, Esg, appaiono il tentativo messo in opera dal tipo “alfa” di addomesticare gli SDGs, togliendo loro la radicalità, la nettezza che li contraddistingue. Infatti, gli indicatori Esg, mentre in apparenza sembrano coerenti declinazioni degli SDGs, sono del tutto privi del valore universale di questi ultimi: in un quadro economico fragile, si pongono limiti all'organizzazione e alla strategia delle imprese a tutela di un solo portatore dei interessi: l'investitore.

Global Digital Compact

Il tipo “beta”, però, non può non restare stupito e deluso leggendo il Pact for the Future delle Nazioni unite -presentato al recente Summit del Futuro di New York - e il Digital Compact che lo accompagna.[1] Salta agli occhi del tipo 'beta' l'accondiscendenza acritica con cui viene accolta l'innovazione digitale - e in particolare l'accettazione acritica dell'ultima novità: l'intelligenza artificiale.

“Il mondo digitale si evolve a ritmo incalzante", si legge nel Digital Compact. "La nostra cooperazione deve essere lungimirante e capace di identificare, anticipare, valutare, monitorare e adattarsi alle tecnologie emergenti in modo da poter cogliere le opportunità e rispondere ai rischi e alle sfide nuove ed emergenti”.

“Lo scopo del Global Digital Compact è quello di stabilire an inclusive global framework, essential for multi-stakeholder action (...). Il Compact intende delineare principi, obiettivi e azioni per promuovere per tutti un futuro digitale aperto, libero, sicuro e human-centered".

Le stesse frasi generiche che appaiono nei documenti prodotti dalle grandi case digitali e nei regolamenti dell'Unione europea: "open, free, secure and human-centered....".

L'human-centered però sfuma e passa in secondo piano, alla luce dell'accogliere, alla pari, le istanze dei diversi stakeholder: non solo governi, international and regional organizations, civil society, the technical community, academia, ma anche the private sector. Tutti insieme appassionatamente. Con il fatale risultato di veder mancare seri impegni e stringenti indicazioni.

Certo, non mancano i riferimenti ai diritti umani e agli SDGs, ma resta la disperante constatazione: l'industria digitale è troppo potente per essere assoggettata a controlli o a indirizzi.

Eppure, a uno sguardo di tipo “beta”, risulta evidente il fatto che l'industria digitale usi materie prime non rinnovabili, consuma energia, acqua, inquina e produce rifiuti difficilmente smaltibili. Oltre a mettere in discussione il diritto al lavoro, a creare dipendenza e a provocare impoverimento dell'essere umano.

Perché, può chiedersi il tipo “beta”, l'industria digitale è sostanzialmente esentata dai vincoli di sostenibilità cui sono invece sottoposte altre industrie, ad esempio l’automotive? Il motivo sembra risiedere in una narrazione propagandistica messa in campo dal tipo “alfa”: l'industria digitale - e in particolare l'intelligenza artificiale, sono necessarie per perseguire strategie orientate alla sostenibilità.

È spiacevole, ma necessario, ricordare la consonanza tra ciò che si dice nel Pact for the Future e nel Global Digital Compact a proposito di industria digitale e di AI e i documenti programmatici delle grandi case digitali. Basta citare un caso esemplare:

Accelerating Sustainability with AI. A Playbook, pubblicato da Microsoft nel novembre 2023.[2] “L'intelligenza artificiale è uno strumento fondamentale [vital tool] per accelerare la diffusione delle soluzioni di sostenibilità esistenti e per lo sviluppo di nuove soluzioni, in modo più rapido, economico e migliore [faster, cheaper, and better]”.

La debolezza dell'argomentazione appare evidente quando si enumerano le “tre capacità dell'IA di cambiare le cose [AI’s three game-changing abilities]": 1) Misurare, prevedere e ottimizzare sistemi complessi. 2) Accelerare lo sviluppo di soluzioni di sostenibilità. 3) potenziare il lavoro di chi opera nel campo della sostenibilità [Empower the sustainability workforce]”. 

Misura... ottimizza... accelera... Tutto qui? In cambio di questo dobbiamo accettare gli effetti negativi prodotti dall'AI. Il terzo punto poi dice più di quello che vorrebbe: dietro l'anodina espressione 'workforce' si cela l'essere umano, alla cui saggezza resta affidata, alla fin fine, ogni politica di sostenibilità.

Non è solo questa debolezza argomentativa a turbare il tipo “beta”. C'è il fatto che Microsoft - che pure si è impegnata ad azzerare le emissioni di carbonio entro il 2030 - ammette nel suo ultimo rapporto ambientale, pubblicato nel maggio 2024, un aumento del 29% delle emissioni dal 2020. E intanto continua a fornire alle aziende impegnate nell'estrazione di combustibili fossili servizi tesi ad incrementare la produzione.

Nel Global Digital Compact, insomma, l'interesse pubblico si riduce a ciò che le grandi case digitali - troppo potenti per essere sottoposte a controlli o regolamentazioni - sono disposte a concedere. La lobby dell'industria digitale è più forte di ogni lobby che il tipo “beta" possa mettere in campo.

Fare quello che si può

Pochi giorni fa ho ricevuto una mail in cui mi si diceva: "La tua attività di promotore del sano senso critico è certamente destinata ad essere soffocata da forze plurime e ascoltata solo da una ristretta cerchia di persone che tuttavia non avranno il peso politico ed economico per imporsi".

Può darsi che le cose stiano così, ma non è detto. Il fare quello che si può per diffondere la cultura dello sviluppo sostenibile non è solo una orgogliosa alternativa all'aggregarsi al carro degli apparenti vincitori; non è solo un nobile gesto; non è solo un modo di mantenersi vivi e coerenti con la propria etica. È agire politico: la politica che nasce dal basso, dall'azione civica, dalla cittadinanza attiva, ha un grande valore.

E poi, forse, quelle parole che mi sono state scritte sono un riconoscimento, un gesto scaramantico, un modo per propiziare la fortuna. Un modo per dire il contrario. Un modo, per chi mi scrive, di ricordare a sé stesso: nonostante tutto anch'io mi riconosco nel tipo “beta”. Un modo di parlare non di impotenza, ma di potenza.

Perché non possiamo escludere infine che sia il tipo “alfa” a essere spaventato. Spaventato dal rendersi conto delle conseguenze delle proprie azioni; spaventato dal peso del contrasto messo in campo dal tipo “beta”.

[1]   United Nations, Summit of the Future Outcome Documents: September 2024: Pact for the Future, Global Digital Compact and Declaration on Future Generations

[2]   Brad Smith, Vice Chair and President, and Melanie Nakagawa, Chief Sustainability Officer, "Accelerating Sustainability with AI: A Playbook", Microsoft blog, Nov 16, 2023. Testo integrale: Accelerating Sustainability  with AI: A Playbook.

Karen Hao, "Microsoft’s Hypocrisy on AI", The Atlantic, September 13,2024.