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Che cosa sono gli e-sport e perché la Cina ha deciso di includerli negli Asian games

Le competizioni di videogiochi a livello agonistico sono ora tra le discipline dei Giochi asiatici. Il Comitato olimpico critica la scelta per la violenza di alcuni contenuti. La questione resta aperta.

di Flavio Natale

Sabato 23 è stata inaugurata la prima edizione dei Giochi asiatici, un evento sportivo di enorme portata che include 45 Paesi e 12.400 atleti, superando i partecipanti alle Olimpiadi di Tokyo del 2022. I Giochi, considerati un “esercizio di soft power” dall’esperto di politica dello sport dell’università di Edimburgo Jung-Woo Lee, sono iniziati un anno in ritardo a causa del Covid-19. La principale città ospitante è Hangzhou, capitale dell’industria tecnologica cinese a un’ora di treno da Shangai, ma le competizioni si svolgono in 54 diverse sedi, tutte in Cina.  

Uno degli aspetti più innovativi (e discussi) di questa prima edizione riguarda l’inclusione, tra le discipline sportive, degli e-sport, le competizioni di videogiochi a livello agonistico. I giocatori si sfideranno su sette diverse piattaforme, tra cui Fifa, storico videogioco di calcio, e League of Legends, arena multigiocatore online dalle tinte fantasy. Il Comitato olimpico internazionale si dice però preoccupato per la violenza presente in alcuni videogiochi. Anche se esistono “scarse prove che la crudeltà si riversi nella vita reale”, commenta l’Economist, e tralasciando il fatto che “le Olimpiadi includono sport da combattimento come la boxe”.

Ma gli e-sport sono veramente così diffusi?

Secondo un sondaggio condotto da Morning Consult, in America il 69% della generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012) guarda gameplay (video di utenti che giocano). YouTube, che vende 30 miliardi di dollari di pubblicità all'anno, considera i videogiochi come la seconda categoria di contenuti più rilevante dopo la musica. Secondo la società di ricerca DataReportal, il videogioco Minecraft è tra i termini più cercati su TikTok. Twitch, servizio di live streaming di proprietà di Amazon che si concentra sui gameplay, conta a oggi 7,13 milioni di utenti. Epic Games ha recentemente lanciato Postparty, un'app per condividere clip del celebre videogioco Fortnite.

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Il mercato occidentale è però solo una porzione di un territorio molto più grande, che si trova in Oriente. Ad esempio, in Corea del Sud esiste la Seoul Game Academy, una catena di scuole frequentata da oltre 3mila studenti dai nove anni in su (circa il 99% dei quali maschi), che si allenano nella speranza di diventare atleti di e-sport a tempo pieno.

La scuola, descritta come “il modo più veloce per diventare un giocatore professionista”, costa circa 500 dollari al mese. E, qualora non riuscisse nell’intento di formare nuovi atleti, permette ai ragazzi di restare nel mondo dei videogiochi come sviluppatori. Per dare un’idea della rilevanza degli e-sport in Corea del Sud, Lee Sang-hyeok, campione 27enne di League of Legends, guadagna più di qualsiasi altro giocatore di calcio del Paese.

Per gli editori dei videogiochi, gli e-sport sono un business in continua ascesa. Riot Games, la società californiana dietro League of Legends, ha venduto a Huya, servizio di streaming cinese, la trasmissione del campionato per cinque anni alla modica cifra di 310 milioni di dollari. Il campionato coreano è invece sponsorizzato da diverse aziende, che vanno da imprese locali a Tiffany & Co. Inoltre, l’inserimento degli e-sport nei giochi asiatici spingerà, secondo gli esperti, a una diffusione sempre più capillare dei videogiochi stessi. Oltre a confermarne la loro validità come disciplina sportiva. Come dice Park Se-woon, direttore della Seoul Game Academy: “Non si tratta solo di giochi, ma di sogni”.

Fonte dell'immagine di copertina: Sean Do/unsplash

mercoledì 27 settembre 2023