Mastodon diventerà la vera alternativa a Twitter?
Il social di Rochko è salito alla ribalta dopo la notizia del complesso processo di acquisto di Twitter da parte di Musk. Tra i punti di forza: zero pubblicità, profilazione degli utenti e competizione per l’indicizzazione dei contenuti. Ma esistono anche alcune incognite.
di Flavio Natale
Dopo che Elon Musk ha annunciato di voler acquistare Twitter per la cifra astronomica di 44 miliardi di dollari, gli utenti della piattaforma social si sono divisi in due aree: chi ha deciso di restare, perché Twitter è sempre Twitter, e chi ha scelto di optare per alcune valide alternative. Tra queste, la più chiacchierata delle ultime settimane è stata Mastodon, la piattaforma nata nel 2016 e gestita dallo sviluppatore tedesco Eugen Rochko, “un Twitter autogestito dagli stessi utenti” che al momento conta oltre 4,4 milioni di iscritti.
Secondo la definizione che si trova sullo stesso sito, “Mastodon è un social network federato con funzionalità di microblogging”, dove per microblogging si intende la pubblicazione di tweet, che sul social di Rochko si chiamano “toot”, con uno spazio massimo di 500 caratteri, integrabili con elementi multimediali di diverso tipo, inclusi i file audio.
Facendo un giro su Mastodon, la prima cosa che si nota è la funzionalità delle “istanze”, canali che gli utenti sono liberi di creare autonomamente, da gestire e moderare a piacimento. Al contempo, gli utenti possono seguire anche altre istanze tematiche, aumentando il bacino dei propri interessi sul social.
I messaggi pubblicati dagli utenti sono interattivi – si possono anche generare sondaggi – e vengono visualizzati, a seconda delle preferenze dell’utente, dalla home pubblica, dai propri follower o anche da utenti accuratamente selezionati. I contenuti si possono ricercare, come su Twitter, per popolarità, hashtag o nome utente.
L’aspetto più interessante di Mastodon è l’assenza di competizione per l’indicizzazione di contenuti. Essendo infatti privo di quegli algoritmi che, su altri social, promuovono alcune interazioni rispetto ad altre, Mastodon è esente dalle cosiddette filter bubble, sistemi di filtraggio che su Twitter, Facebook o Instagram riportano agli utenti in primo piano sempre gli stessi contenuti (e quindi le stesse pubblicità). Questo sistema, naturalmente, ha i suoi pro e contro: se da un lato permette di visualizzare realmente le informazioni presenti sulla propria homepage, perché riportate in ordine cronologico e non di preferenza, ed evita la competizione tra utenti per la supremazia nella visibilità, dall’altra rende la navigazione più macchinosa – perché, naturalmente, i contenuti di interesse personale sono mescolati a quelli di carattere più generale. Ma cosa ci interessa di più? Avere sempre gli stessi argomenti davanti agli occhi (che vuol dire avere interessi e opinioni perennemente riconfermate) o ampliare un po’ lo sguardo, navigando sui social come si naviga nel mondo, ovvero esplorandolo? È una questione a cui i social ancora non sono riusciti a rispondere.
Mastodon è inoltre privo di pubblicità e profilazione, e vive delle donazioni degli utenti, che per ora ammontano a seimila euro mensili. Questa politica è strettamente legata alla natura tecnologica del social che, oltre a essere una piattaforma open source (un sistema di sviluppo software decentralizzato) fa parte di uno specifico fediverso. Il fediverso è una rete di server federati che, seppur indipendenti, possono comunicare tra loro. Questo comporta due vantaggi: il primo è il fatto che gli utenti di Mastodon possono comunicare con altre piattaforme che ricorrono allo stesso protocollo, come Friendica (l’alternativa a Facebook); il secondo è l’assenza di un unico database di utenti, che rende la profilazione estremamente difficile.
L’alternativa Mastodon è stata adottata anche dalla Commissione europea, approdata sul social di Rochko con un canale, Eu voice, dedicato al dialogo tra istituzioni europee e cittadini, e con un canale video, Eu video, pubblicato invece sulla piattaforma open source PeerTube.
“Con il lancio pilota di Eu Voice ed Eu Video, miriamo a offrire piattaforme di social media alternative che diano la priorità alle persone e ai loro diritti alla privacy e alla protezione dei dati”, ha dichiarato Wojciech Wiewiórowski, garante europeo della protezione dei dati. “Non ci sono pubblicità sulle piattaforme; e non è prevista la profilazione dei soggetti che potrebbero utilizzare le piattaforme”.
Naturalmente, questa grande libertà comporta anche dei rischi. Ad esempio Gab, la piattaforma social di microblogging di estrema destra, dopo essere stata bandita dagli store digitali di Google e Apple ha aperto un’istanza su Mastodon. Al contempo, Mastodon ha aperto un contenzioso con il social network di Donald Trump, Truth, per aver utilizzato il codice open source della piattaforma senza aver reso disponibili gli aggiornamenti implementati (regola aurea delle piattaforme open source).
Un altro ostacolo, e forse il più significativo, riguarda la quantità di utenti presenti su questi social alternativi. Perché il rischio di incappare in una sorta di “isolamento” è alto. Ma è anche vero che questo problema può essere risolto solo attraverso un movimento collettivo, in grado di muoversi dai social abituali, e dalle solite dinamiche di profilazione degli utenti, verso altri orizzonti.