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Quando il contact tracing diventa strumento di sorveglianza governativa

La scelta del Minnesota di usare sistemi di tracciamento sui manifestanti apre scenari inediti e secondo alcuni rischia di minare gli sforzi per la salute pubblica.

di Andrea De Tommasi, redazione FUTURA network

Qualche giorno fa le autorità del Minnesota hanno ammesso l’uso dei dati del contact tracing per finalità di polizia. Il commissario del dipartimento di pubblica sicurezza, John Harrington, ha dichiarato in conferenza stampa che le forze dell’ordine stavano usando “il tracciamento dei contatti” sui manifestanti arrestati in seguito alle violente proteste scoppiate dopo l’uccisione di George Floyd. Ha detto che l'obiettivo è “vedere se ci sono organizzazioni criminali o di suprematisti bianchi che hanno avuto un ruolo” e “capire come possiamo seguirle, legalmente”. L’annuncio ha riacceso le polemiche sui rischi di abusi da parte di governi e istituzioni pubbliche quando entrano in possesso di una grande quantità di dati.

 

Esperti di salute pubblica e privacy hanno reagito con allarme, affermando che l’attività delle forze dell'ordine attraverso il contact tracing potrebbe ostacolare gli sforzi di tracciamento del Covid-19. Un articolo apparso su Vox ha osservato che “l’utilizzo da parte di un funzionario di polizia di un termine che richiama la lotta contro il Covid potrebbe portare un pubblico già sospettoso rispetto alla raccolta dei dati a rifiutarsi di partecipare agli sforzi contro il coronavirus. Considerando che le manifestazioni di massa potrebbero diventare focolai per la diffusione del virus, è particolarmente preoccupante che le stesse persone che potrebbero trarre maggiori benefici dal tracciamento ora hanno molte più ragioni per non fidarsi. E potrebbero non avere torto”.

 

La Electronic frontier foundation (Eff), organizzazione che difende la privacy digitale, ha scritto ampiamente sulla necessità di leggi e controlli sui dati raccolti allo scopo di contenere la diffusione del virus: “I funzionari della sanità pubblica che effettuano il contact tracing non devono mai condividere le informazioni personali che raccolgono con la polizia, le agenzie di controllo dell'immigrazione o i funzionari dell'intelligence. In precedenti epidemie, le persone che si fidavano delle autorità di sanità pubblica avevano maggiori probabilità di rispettare gli sforzi di contenimento. D'altra parte, un approccio punitivo può spezzare quella fiducia. Ad esempio, le persone possono evitare i test se temono le conseguenze del trattamento dei dati”.

 

Negli Stati Uniti, gli sforzi per sviluppare sistemi di tracciamento dei contatti digitali sono in gran parte riconducibili agli Stati e alle società tecnologiche, sebbene i sostenitori della privacy abbiano espresso preoccupazione per l'invasività di tali app. Intanto, i legislatori americani hanno delineato un piano per regolare le app di tracciamento dei contatti digitali e proteggere la privacy delle persone. Il primo giugno è stato presentato con supporto bipartisan l’Exposure notification privacy act, il disegno di legge per prevenire potenziali abusi da parte delle app che hanno lo scopo di avvisare gli utenti che potrebbero essere stati esposti al Covid-19.

 

Sul potere dello Stato di accedere ai dati per finalità di ordine pubblico è intervenuto su formiche.net Andrea Monti, professore incaricato di diritto dell’ordine e della sicurezza pubblica all'Università di Chieti-Pescara: ‘La scelta delle autorità del Minnesota rivela, tuttavia, un pregiudizio meno evidente ma non meno importante nella retorica distopica di chi ha paura dello Stato: quella di invocare la “privacy” come immunità e impunità per la commissione di atti illeciti. Protestare è sacrosanto ed è il diritto fondante di una democrazia. Vandalizzare, distruggere e picchiare sono, invece, comportamenti che ledono l’ordine pubblico e come tali vanno prevenuti prima che accadano, contenuti quando si manifestano, puniti quando sono cessati’.

 

Monti ritiene che nel caso del Minnesota non siamo di fronte a un uso clandestino delle informazioni: “Non dovrebbe suscitare alcuno scandalo se un’autorità pubblica utilizza ciò che ha a disposizione - dati di contact tracing inclusi - per assolvere al proprio ruolo istituzionale. E non si capisce perché la privacy di chi commette atti illeciti dovrebbe essere ‘tutelata’ quando si tratta di contact tracing ma tranquillamente ‘violata’ quando si tratta di utilizzare trojan di Stato che si infiltrano negli smartphone e ne prendono il controllo”.

 

Diversi Paesi stanno sviluppando sistemi di contact tracing per contenere l’epidemia di Covid-19. In Italia è attiva Immuni, l’applicazione per semplificare il tracciamento dei contatti e ricevere avvisi nel caso in cui si sia entrati in contatto con persone poi risultate positive al coronavirus. L’app è una delle prime nel suo genere a essere diffusa in Europa. Ha scritto Luca De Biase sul Sole 24 Ore del 2 giugno: ‘In un contesto di criminalità digitale e di sorveglianza governativa, la tranquillità dei cittadini in relazione all’uso di un’applicazione per il tracciamento come Immuni, delicatissima in termini di privacy, è stata messa alla prova. Nel tentativo di differenziarsi da tutto questo, il sistema digitale per il contenimento dell’epidemia non si chiama più ‘contact tracing’, ma ‘exposure notification’”.

 

Nell’attuale contesto della pandemia la raccolta e la condivisione dei dati sono diventati uno degli elementi chiave per contenere la diffusione del virus. Ma è importante mantenere la riservatezza. Taylor Owen, esperto di governance delle tecnologie emergenti, suggerisce quattro precauzioni. Innanzitutto, dice, “non tutte le tecnologie disponibili per l'uso nella lotta contro Covid-19 sono uguali o intercambiabili”. C’è differenza tra il sistema di contact tracing centralizzato e le app di exposure notification (vedi Immuni). In secondo luogo, i governi devono esaminare attentamente le sfide legate all'implementazione della tracciabilità dei contatti digitali. Dice Owen: “Se la progettazione del sistema o il suo funzionamento falliscono, qualsiasi compromesso tra le libertà civili e la salute pubblica o tra la privacy dei dati e il bene collettivo è controverso”. Il terzo punto è considerare come il potere degli Stati si rifletterà sulle scelte tecnologiche, “in un momento in cui le tensioni nella geopolitica delle infrastrutture tecnologiche stanno arrivando al culmine”. In quarto luogo, conclude Owen, dobbiamo chiederci in che modo il dispiegamento di queste tecnologie potrebbe aggravare le disuguaglianze e gli abusi esistenti.

lunedì 8 giugno 2020