Moda circolare in Ue: entro il 2030 il settore potrà riciclare fino al 26% dei materiali
Nuove tecnologie possono assicurare una circolarità dei rifiuti, ma servono investimenti e collaborazioni pubblico-privato. In uno scenario futuro, rileva McKinsey, fino a 15mila nuovi posti di lavoro e quattro milioni di tonnellate di emissioni in meno.
di Flavio Natale
In Europa vengono generati a oggi più di 15 chilogrammi di rifiuti tessili pro capite annui. A dirlo è il nuovo studio “Scaling textile recycling in Europe – turning waste into value”, pubblicato il 14 luglio da McKinsey & Company. La principale fonte di rifiuti tessili, secondo la società di consulenza strategica, sono i vestiti e i tessuti casalinghi scartati dai consumatori, che rappresentano circa l'85% dei rifiuti totali. Lo smaltimento di questi rifiuti è problematico, e infatti le sue destinazioni finali sono principalmente gli inceneritori o le discariche (dentro e fuori dall’Europa). “Ma ci attende una trasformazione significativa, che potrebbe creare una nuova industria sostenibile, capace di trasformare i rifiuti in valore”, si legge nello studio.
Esistono infatti diversi modi per affrontare il problema dei rifiuti, tra cui la riduzione della sovrapproduzione e del consumo eccessivo, così come l'estensione della durata del prodotto e la progettazione di materiali adatti a una maggiore circolarità. Uno degli strumenti più sostenibili e scalabili (ovvero, capaci di aumentare o diminuire di scala a seconda delle necessità) è il riciclaggio fiber-to-fiber (da fibra a fibra), il cui obiettivo è la trasformazione di rifiuti tessili in nuove fibre, da riutilizzare per creare nuovi vestiti e altri prodotti tessili. Alcune tecnologie del settore – come il riciclaggio del puro cotone – sono già consolidate. Altre, come il riciclaggio chimico del poliestere, sono invece oggetto di un'intensa attività di ricerca e sviluppo e sono vicine alla commercializzazione. Una volta sviluppate delle adeguate tecnologie di riciclo, le stime di McKinsey indicano che “il 70% dei rifiuti tessili potrebbe essere riciclato da fibra a fibra”, mentre il restante 30% richiederebbe forme di riciclaggio a circuito aperto (che consiste nel trasformare materiali scartati in nuovi prodotti di qualità inferiore o funzionalità ridotte), oppure il attraverso il riciclaggio termochimico. A oggi, però, meno dell’1% dei rifiuti tessili viene riciclato da fibra a fibra, a causa di una serie di ostacoli strutturali.
Ad esempio, l’attuale livello di raccolta, smistamento e pretrattamento limita la quantità di rifiuti tessili messi a disposizione per il riciclaggio da fibra a fibra. Attualmente, i tassi di raccolta dei rifiuti tessili sono in media del 30-35% rispetto al totale dei rifiuti tessili prodotti, e gran parte di quelli non differenziati viene esportata al di fuori dell'Europa. Inoltre, la maggior parte delle tecnologie di riciclaggio da fibra a fibra richiede il rispetto di requisiti rigorosi sulla composizione e la purezza delle fibre – ad esempio l'elastan (o spandex) risulta un materiale problematico da riciclare. Di conseguenza, i rifiuti tessili dovrebbero essere selezionati e smistati secondo i requisiti richiesti (pratica che implicherebbe, ad esempio, la rimozione di cerniere e bottoni dei jeans). Infine, per raggiungere il loro pieno potenziale, le tecnologie di riciclaggio da fibra a fibra dovrebbero sviluppare ulteriormente la capacità di gestire miscele di fibre, ridurre i costi e migliorare la qualità della produzione. “Questi colli di bottiglia impediscono il ridimensionamento dell'economia tessile circolare”, si legge nello studio. “La nostra analisi indica che superando queste barriere, il riciclaggio da fibra a fibra potrebbe raggiungere dal 18 al 26% dei rifiuti tessili lordi nel 2030”.
Per raggiungere questi traguardi, McKinsey stima che entro la fine di questa decade sarebbero necessari investimenti compresi tra i sei e i sette miliardi di euro. Ma questi investimenti potrebbero portare numerosi guadagni: secondo la società di consulenza, infatti, entro il 2030 il settore del riciclo tessile potrebbe generare profitti tra gli 1,5 e i 2,2 miliardi di euro.
Oltre ai guadagni economici, inoltre, si conterebbero anche numerosi vantaggia ambientali e sociali. “Nel nostro scenario di base, potrebbero essere creati circa 15mila nuovi posti di lavoro, e le emissioni di CO2 potrebbero essere ridotte di circa quattro milioni di tonnellate, equivalenti alle emissioni cumulative di un Paese delle dimensioni dell'Islanda”, si legge nello studio.
Per raggiungere questi obiettivi, McKinsey identifica diverse misure, tra cui il coinvolgimento di tutta la catena di produzione, la collaborazione tra il settore privato e pubblico, un ingente finanziamento iniziale (che però verrà compensato da guadagni futuri) e un significativo impegno istituzionale per promuovere il riciclaggio tessile – aumentando i tassi di raccolta, limitando l'esportazione di rifiuti tessili non differenziati, creando una maggiore circolarità.
“Il riciclaggio da fibra a fibra su larga scala può aiutare ad affrontare il problema dei rifiuti in Europa trasformando i rifiuti in valore”, conclude lo studio. “L'industria tessile e dell'abbigliamento può iniziare già da oggi a espandere l'infrastruttura necessaria per la raccolta, lo smistamento e il riciclaggio del settore”.