Uragani, un anno difficile per l’Oceano Atlantico. Il prossimo sarà peggiore?
La stagione 2024 è stata intensa, nonostante il rallentamento durante il periodo di punta. La “wild card” del 2025 dipenderà dai fenomeni climatici di El Niño e La Niña.
Una delle stagioni degli uragani più violente nell’Oceano Atlantico si è ufficialmente conclusa il 30 novembre. In sei mesi il bilancio è di 11 uragani, cinque dei quali di grandi dimensioni, ossia di categoria tre o superiore, con venti medi superiori a 180 chilometri orari. Tra questi “Beryl”, che si è distinto come il primo uragano di categoria cinque registrato nell’Atlantico negli ultimi cento anni, con impatti devastanti nei Caraibi.
Il 2024 ha fatto segnare anche un’anomalia ora al vaglio degli scienziati: un’attività quasi nulla nel tradizionale periodo di picco, attorno ad agosto, seguita da un’impennata record nei mesi successivi. Ben sette uragani si sono formati nell’Atlantico dal 25 settembre, il numero più alto mai registrato in questo periodo. Phil Klotzbatch, ricercatore della Colorado State University, ha dichiarato a Bloomberg che “è stata la stagione iperattiva più strana mai registrata”. Ma da che cosa è dipeso questo andamento anomalo?
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Il fattore più accreditato è il cambiamento climatico, con le temperature più calde della superficie del mare che intensificano la velocità dei venti e possono alterare, in alcuni casi, il tradizionale ciclo degli uragani. A ottobre, con l’arrivo di “Milton”, il fenomeno che ha attraversato la Florida, le acque dell’Oceano Atlantico sfioravano i 32 gradi, ben oltre i 26 necessari per la formazione di un uragano.
Uno studio pubblicato a novembre da Climate central, organizzazione non-profit americana, ha mostrato come le acque particolarmente calde dell’Atlantico avessero portato le velocità massime dei venti a livelli molto più elevati del previsto. “Tutti gli undici uragani del 2024”, si legge nello studio, “si sono intensificati di 9-28 mph (miglia orarie, ndr) durante il caldo record degli oceani di quest’anno, rafforzandosi sulle acque riscaldate a causa del cambiamento climatico”. Va ricordato che in molte regioni le temperature della superficie del mare hanno superato i record stagionali locali o si sono avvicinate ai livelli altrettanto estremi del 2023.
Mentre l’Onu invita i Paesi a investire in sistemi di allerta più efficaci, la comunità scientifica analizza i possibili scenari per la prossima stagione. Secondo Bloomberg “la ‘wild card’ per il 2025 riguarderà El Niño”, fenomeno che tende ad aumentare la temperatura dell’Oceano Pacifico centrale e orientale, riducendo l’attività dei fenomeni climatici estremi nell’Atlantico. La Niña, la sua controparte, ha invece l’effetto opposto: inverni più freddi nelle aree settentrionali, condizioni più secche a Sud e una maggiore attività degli uragani nell’Atlantico.
“I segnali attuali prevedono che una Niña debole emergerà prima della prossima primavera”, ha dichiarato Klotzbatch, aggiungendo che se il fenomeno dovesse persistere fino all’estate “probabilmente aggiungerebbe ulteriore benzina sul fuoco alla stagione degli uragani”.
Copertina: Noaa/unsplash