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Quali politiche climatiche sono davvero efficaci? Pochi dati per rispondere

Le politiche per il controllo del clima si sono moltiplicate, ma i principali studi non analizzano l’impatto effettivo sulle emissioni. Ecco le soluzioni proposte dai ricercatori. 

martedì 22 ottobre 2024
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Per raggiungere gli obiettivi climatici internazionali, limitando il riscaldamento globale ben al di sotto dei due gradi centigradi, è necessario ridurre le emissioni globali a zero netto entro i prossimi 30-50 anni. C’è poco spazio per ritardi ed errori: gli esperti ci avvertono che di questo passo rischiamo un catastrofico aumento di temperatura di almeno 3-4°C entro la fine del secolo. Comprendere quali politiche climatiche funzionano, in quali condizioni e perché diventa fondamentale. Ma abbiamo gli strumenti giusti? Secondo l’Economist, no.

Il settimanale britannico ha condotto un’analisi dei punti di forza e di debolezza degli attuali metodi di valutazione nel mondo, per arrivare alla conclusione che i report delle principali istituzioni come Ocse e Banca mondiale “non analizzano l’impatto effettivo che specifici interventi hanno sulle emissioni. Né lo fanno la maggior parte dei rapporti governativi”.

L’articolo offre una panoramica ad ampio raggio del fenomeno, partendo da un dato: nonostante il numero crescente di politiche climatiche a livello globale, poche di esse (63 su 1.500 analizzate in uno studio pubblicato su Science) hanno dimostrato di ridurre significativamente le emissioni. Le azioni più efficaci si sono rivelate la tassazione e la combinazione di interventi multipli (imposte, dismissioni delle centrali a carbone, investimenti nelle energie rinnovabili), come avvenuto nel Regno Unito. Lo studio, però, ha potuto esaminare solo gli effetti a breve termine delle politiche, a causa della mancanza di dati e metodologie sistematiche, soprattutto in settori come l'agricoltura, e in aree geografiche come l'Africa. Da qui la necessità di strumenti di valutazione più completi.

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Alcuni esperti interpellati dall’Economist, tra cui Jan Minx del Mercator research institute di Berlino, e Alan Dangour, responsabile del team per il clima e la salute presso l’istituto Wellcome, stanno lavorando per applicare al campo delle politiche climatiche revisioni sistematiche simili a quelle utilizzate in epidemiologia. Da decenni, in ambito di salute pubblica, vengono condotte revisioni sistematiche per determinare quali trattamenti o interventi funzionino meglio. Questa metodologia, secondo molti esperti, può essere applicata anche alle politiche climatiche.

Minx è anche il “padrino” della conferenza “What Works”, che lo scorso giugno ha radunato a Berlino istituzioni chiave come l’Ipcc e l’Un Emission Gaps, nonché esperti della comunità scientifica e finanziatori. Uno dei temi chiave dell’incontro è stato l'importanza di andare oltre i modelli teorici, che hanno tradizionalmente dominato la scienza del clima, potenziando l’analisi delle politiche specifiche. Senza un’analisi chiara di ciò che funziona o meno, i governi potrebbero continuare a implementare politiche che non sono ottimali o che non producono i risultati sperati. La formazione specifica per i ricercatori è un passo in questa direzione.

L’Economist porta altri elementi che potrebbero fare la differenza. Ad esempio il ruolo dell’intelligenza artificiale: l’AI può accelerare l'analisi delle politiche climatiche, aiutando a sintetizzare prove e mantenere aggiornati i dati. La creazione di piattaforme “viventi” di dati, simili a quelle sviluppate durante la pandemia di Covid-19, è vista come cruciale per il progresso delle politiche sul clima. Come ha affermato Minx, “abbiamo ancora 30 anni per portare le emissioni a zero netto. Dobbiamo davvero essere efficienti, dobbiamo applicare il rigore, e questo inizia nella scienza e finisce nella politica”.

Copertina: Markus Spiske/Pexels