Scenari Ocse: Pil in decrescita fino al 2060. Puntare tutto sulla transizione energetica
Nuovo rapporto sui trend economici del futuro: diminuiscono le persone in età lavorativa e decelerano le economie sviluppate ed emergenti. L’India supera la Cina alla fine degli anni ’30. Le accise sul carbonio possono rendere la transizione più equa.
Il tasso di crescita annuale del Pil, per l’area combinata dei Paesi Ocse e G20, continuerà a diminuire fino al 2060. Questa la previsione elaborata nello scenario economico di base descritto nell’ultimo Rapporto Ocse “Long term scenarios: incorporating the energy transition”. Le previsioni, aggiornate dall’organizzazione ogni due o tre anni per analizzare alcune tra le più importanti tendenze macroeconomiche a lungo termine, incorporano quest’anno per la prima volta anche gli effetti della transizione energetica.
Lo scenario economico di base
Per quanto riguarda il trend di decrescita dei Paesi Ocse e G20 previsto nello scenario economico di base, si parla di una caduta dal 3% dell’era pre-Covid all’1,7% nel 2060. Le cause? Principalmente, il calo della crescita di popolazione in età lavorativa e la decelerazione dell’efficienza delle economie emergenti. Anche se, specifica l’Ocse, “la Cina e l’India continueranno a rappresentare la maggior parte della crescita globale, con il contributo dell’India che supererà quello della Cina alla fine degli anni ’30”.
Senza cambiamenti politici, avverte l’organizzazione, e volendo mantenere gli standard attuali – in particolare per quanto riguarda i servizi pubblici e il rapporto debito pubblico/Pil – potrebbe essere necessario aumentare la pressione fiscale tra il 2024 e il 2060.
Nello scenario economico di base, inoltre, i miglioramenti nell’efficienza e nella decarbonizzazione del mix energetico seguiranno le tendenze attuali, risultando sul lungo periodo insufficienti. “Le emissioni globali di CO2 derivanti dal consumo energetico non riusciranno a soddisfare l’ambizione dell’accordo di Parigi di limitare il riscaldamento a 1,5°C”.
Lo scenario energetico verde
Una previsione diversa, ma non meno articolata, è quella elaborata sulla base di un’accelerazione della transizione energetica. In questo caso, “tutti i Paesi accelereranno la transizione a partire dal 2026”, eliminando il carbone come fonte energetica entro il 2050 e riducendo le quote di petrolio e gas per l’energia primaria rispettivamente al 5% e 10%. Uno scenario che, avverte l’Ocse, sarebbe sostanzialmente “coerente con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C”.
Nonostante i notevoli guadagni derivanti dalla prevenzione di ulteriori danni ambientali, “questa accelerazione è modellata su uno shock negativo dell’offerta”. Cosa vuol dire? Che la crescita globale potrebbe rallentare, inizialmente, di circa 0,2 punti percentuali all’anno e di 0,6 punti percentuali verso la fine del periodo di transizione. Il rallentamento sarà più modesto nell’area Ocse, mentre più marcato tra i Paesi emergenti del G20, ancora a trazione fossile.
Entro il 2050, inoltre, si prevede che i costi di mitigazione per l’area Ocse si aggireranno intorno al 3,7% del Pil, mentre per le economie emergenti del G20 si parla addirittura di un 11%. Il forte aumento degli investimenti necessari per la transizione energetica, inoltre, “potrebbe ridurre la crescita annuale dei consumi privati di 0,2-0,3 punti percentuali nel primo decennio della transizione”.
Lo scenario prevede anche un significativo incremento della base installata di capacità elettrica a basse emissioni di carbonio. L’aumento, da qui al 2050, dovrebbe impegnare mediamente l’1% di Pil nei Paesi Ocse e il 2,5% nelle economie emergenti del gruppo G20. “È necessario favorire investimenti sostanziali fino al 2050, aumentando la pressione fiscale o il debito pubblico”.
La riduzione delle emissioni di CO2. richiederebbe anche un’imposizione efficace sul carbonio (carbon tax, accise sui carburanti e sistemi di scambio delle emissioni) che dovrebbero variare, per tutte le aree considerate, da circa 200 euro a tonnellata nel 2026 fino a 600 euro entro il 2050. Le aliquote potrebbe incrementare il Pil dell’area Ocse di circa il 3% nel periodo compreso tra il 2025 e il 2030, per poi diminuire con la decrescita delle emissioni.
Queste entrate aggiuntive, suggerisce l’Ocse, potrebbero essere usate per ridurre il cuneo fiscale sui lavoratori e rendere la transizione più equa. Gli effetti positivi sull’occupazione potrebbero “più che compensare” il calo della produzione associato ai primi 10 anni di transizione energetica, “lasciando nel 2035 un tenore di vita più elevato rispetto allo scenario di base, nell’area euro e nella maggior parte dei Paesi Ocse”. Queste entrate aggiuntive dovrebbero essere usate anche per incrementare la ricerca, lo sviluppo e l’assistenza all’infanzia.
Il miglioramento della governance, conclude l’Ocse, è un altro passo necessario per elaborare politiche più oculate e proiettate sul lungo termine.
Immagine di copertina: m./unsplash