Povertà da mancato raffreddamento, il futuro dell’emergenza climatica
Emerge un nuovo aspetto legato al pianeta che si riscalda: la cooling poverty sistemica. Una condizione che richiede coordinamento tra diversi settori, come l’edilizia abitativa, la sanità e l’agricoltura.
di Sofia Petrarca
"Entro la fine del secolo, la domanda globale di energia per il raffreddamento sarà superiore a quella per il riscaldamento", ha dichiarato Radhika Khosla, a capo di un programma della Oxford Martin School sul raffreddamento del futuro.
Secondo le proiezioni, infatti, entro il 2050 il consumo di energia per il raffreddamento dovrebbe triplicare, ridefinendo il concetto tradizionale di povertà energetica, che non sarà più legato solo alla mancanza di riscaldamento, ma includerà anche il bisogno di raffreddamento.
Le ondate di calore possono avere un impatto catastrofico sulla vita umana, causando più di 60mila morti in Europa nel 2022, e come spesso accade le fasce più vulnerabili della società sono le più colpite. Chi non ha la possibilità economica di acquistare sistemi di raffreddamento come i condizionatori e gestirne i costi operativi si troverà, infatti, in maggiore difficoltà, soprattutto in mancanza di infrastrutture pubbliche adeguate per affrontare le ondate di calore. In un mondo che si sta surriscaldando, il raffreddamento non può più essere considerato un lusso: è diventato una necessità per la vita quotidiana. Cresce perciò l’attenzione su una nuova dimensione della povertà, rapportata alla fascia sociale di appartenenza, al lavoro e al livello di scolarizzazione: la cooling poverty.
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Lo studio “Understanding systemic cooling poverty”, pubblicato il 25 settembre su Nature Sustainability da ricercatori dell'Università di Oxford, dell'Università Ca' Foscari Venezia, della Fondazione Cmcc (Centro Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici), di Rff-Cmcc European institute on economics and the environment e della London school of Hygiene & Tropical Medicine, evidenzia il carattere sistemico della povertà da mancato raffreddamento, mettendone in luce l’aspetto multidimensionale e ponendo l’attenzione sulla necessità di un nuovo approccio alle strategie future di protezione dal caldo.
Secondo i ricercatori, la cooling poverty diventa sistemica quando la mancanza di risorse e infrastrutture adeguate rende difficile per le persone affrontare gli effetti negativi del calore e del cambiamento climatico. Queste infrastrutture comprendono sia risorse fisiche, come soluzioni per il miglioramento dell'efficienza energetica, catene del freddo o dispositivi personali per il raffreddamento, sia sistemi sociali come reti di supporto e servizi, e infine risorse immateriali come la conoscenza, che può aiutare le persone ad adattarsi meglio agli effetti combinati del calore e dell'umidità. In particolare, lo studio identifica cinque dimensioni (e 15 variabili) che interagiscono tra loro quali: clima, comfort termico di infrastrutture e beni, disuguaglianza sociale e termica, salute, istruzione e standard lavorativi.
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“La definizione proposta si discosta dai concetti esistenti di povertà energetica e fuel poverty”, ha sottolineato Antonella Mazzone, ricercatrice affiliata all’Università di Oxford e prima autrice dello studio. “La cooling poverty sistemica evidenzia l’importanza del ruolo delle infrastrutture di raffreddamento passivo dei materiali da costruzione (acqua, superfici verdi e bianche) per un’adeguata protezione termica esterna e interna e delle infrastrutture sociali. La sua portata sistemica considera anche lo stato dell’offerta di raffreddamento disponibile per il lavoro all’aperto, l’istruzione, la salute e la refrigerazione. In questo senso, lo spazio e il luogo giocano un ruolo chiave nella concettualizzazione della povertà da mancato raffreddamento. Va oltre l’energia e abbraccia un’analisi multidimensionale e multilivello di infrastrutture, spazi e corpi”.
Questa visione più ampia della cooling poverty considera anche la disponibilità di soluzioni di raffreddamento per il lavoro all'aperto, l'istruzione, l'assistenza sanitaria e la conservazione degli alimenti. Questa prospettiva va oltre la mera considerazione dell'energia e abbraccia un'analisi che tiene conto di molteplici dimensioni e livelli di infrastrutture, spazi fisici e impatto sulle persone.
Le implicazioni politiche del concetto di sistematicità della povertà da mancato raffreddamento sono chiare: come sottolinea Enrica De Cian, docente all'Università Ca' Foscari Venezia e ricercatrice senior presso il Cmcc, nonché coautrice dello studio, per affrontare i rischi legati all’esposizione di calore è necessario un coordinamento efficace tra diversi settori, come l’edilizia abitativa, la sanità, l’alimentazione, l’agricoltura e i trasporti. La ricerca mira, infatti, a guidare i governi nell'implementazione tempestiva di interventi di raffreddamento, considerando tutte le variabili e i compromessi necessari per mitigare i rischi.
Fonte dell'immagine di copertina: Jordan Opel/unsplash