Il ghiaccio del Mar Glaciale Artico potrebbe sciogliersi più velocemente di quanto pensiamo
Una mutazione dei venti su Nord America ed Eurasia potrebbe influire negativamente sul destino, già critico, della regione artica. Il riscaldamento globale aggrava il fenomeno, attivando processi negativi che si autoalimentano.
di Flavio Natale
Un complesso sistema di venti aiuta a controllare il destino del ghiaccio marino artico, regolando la quantità di acqua calda e fredda che dall’Oceano Atlantico si insinua nel Mar Glaciale Artico. Dal 2007 al 2021, si legge su Science, i venti sul Nord America e sull’Eurasia hanno circolato in modo tale da ridurre l’afflusso di acqua calda dall’Atlantico all’Artico, fenomeno che ha contribuito a rallentare il tasso di perdita del ghiaccio, nonostante l’innalzarsi delle temperature. “Ma questo periodo di grazia potrebbe finire nel giro di pochi anni”, avvertono i ricercatori, aggiungendo che una maggiore “atlantificazione” dell’Artico, alla lunga, potrebbe dare una spinta alle correnti più calde e accelerare lo scioglimento dei ghiacci.
“Questa fase positiva è durata circa 15 anni. Siamo quasi alla fine”, ha dichiarato a Science news Igor Polyakov, oceanografo della University of Alaska Fairbanks. Polyakov spiega come si è giunti a questo stato delle cose. Dal 1979 al 2006, il dipolo artico (un'anomalia nella distribuzione della pressione atmosferica tra le regioni artiche del Nord America e dell'Eurasia) si è trovato nella cosiddetta “fase negativa”, con venti che ruotavano in senso antiorario sul Nord America e in senso orario sull’Eurasia. Ciò ha contribuito a portare più acqua dall’Atlantico all’Artico attraverso lo stretto di Fram, una striscia di mare tra la Groenlandia e l’arcipelago norvegese delle Svalbard. Durante questo lasso di tempo, l’estensione del ghiaccio marino estivo si è ridotta rapidamente di anno in anno, scomparendo a una velocità di circa un milione di chilometri quadrati ogni decennio.
Il 2007, anno record per la perdita di ghiaccio marino artico, ha segnato la fine di questa fase “negativa” del dipolo, entrato in quella “positiva”, rallentando così, fino al 2021, il tasso di perdita del ghiaccio marino, che si è ridotto di “soli” 70mila chilometri quadrati ogni decennio. Merito soprattutto della stratificazione delle acque del Mar Glaciale Artico, dove le correnti “meno dense e più fredde si trovano al di sopra di quelle più calde provenienti dall’Atlantico, come un coperchio su una pentola”. Questo fenomeno “ha protetto il ghiaccio marino dallo scioglimento dal basso”, ha commentato Thomas Rippeth, oceanografo della Bangor University in Galles.
“Ciò non vuol dire che il ghiaccio si sia ripreso”, si legge su Science news. Anzi, “rimane a un livello molto basso”. Il cambiamento climatico ha accelerato il riscaldamento di tutta la regione, generando circuiti di feedback negativi che, alimentandosi a vicenda, hanno incrementato la perdita di ghiaccio: ad esempio, lo scioglimento dei ghiacci genera l’ampliamento della superficie oceanica esposta al sole, riscaldando l’acqua superficiale e favorendo nuovamente i fenomeni di scioglimento. La fase positiva del dipolo ha contribuito, “per ora”, a frenare questi fenomeni preoccupanti, ha concluso Polyakov. Ma in futuro la musica sembra destinata a cambiare.