Come sarà la Terra nel 2872: un nuovo libro lo spiega, viaggiando intorno al mondo
Innalzamento del livello del mare, migrazioni climatiche, effetti a lungo termine dell’azione antropica. Il libro di Pievani e Varotto ci mette in guardia dal futuro che non desideriamo.
di Flavio Natale
Quale tra le terre emerse sopravvivrà all’erosione del mare? Quale verrà sommersa? Come cambierà la relazione tra l’essere umano e i territori che abita? Queste e altre le domande a cui risponde, attraverso un ipotetico viaggio intorno al globo, il libro Il giro del mondo nell'Antropocene (Raffaello Cortina editore), scritto da Telmo Pievani, docente di Filosofia della scienza all'Università di Padova, e Mauro Varotto, docente di Geografia nello stesso ateneo, e illustrato dalle cartine futuristiche disegnate da Francesco Ferrarese.
“Abbiamo immaginato una trasvolata intorno alla Terra nel 2872, ovvero mille anni dopo Il giro del mondo in ottanta giorni di Jules Verne. Se tutti gli sforzi di questo secolo per contenere il cambiamento climatico risultassero vani, vedremmo dei panorami molto diversi da quelli attuali” ha spiegato al Venerdì di Repubblica Telmo Pievani. “L'ipotesi da cui siamo partiti per ridisegnare, con un po' di fantasia, il pianeta è quella dello scioglimento delle calotte polari, che secondo alcuni modelli climatici – nemmeno troppo pessimistici – porterebbe, di qui a ottocento anni, il livello degli oceani a innalzarsi di oltre 60 metri. In questo scenario il mondo perderebbe il 15% delle terre emerse di oggi. E si verificherebbero cambiamenti epocali: la desertificazione indotta dal cambiamento climatico provocherebbe migrazioni di centinaia di milioni di persone, gli Stati si contenderebbero in modo aggressivo le terre abitabili e ancora coltivabili, tra cui nuovi paradisi agricoli come la Siberia e la Groenlandia scongelate, e le risorse rimaste”.
Il libro è diviso in tre parti distinte, o meglio tre “giri del mondo”. Il primo è quello (ipotetico) compiuto da Telmo Pievani che, seguendo la scommessa di Phileas Fogg, il protagonista di Il giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne, propone un nuovo tour (stavolta di otto giorni) per ripercorrere idealmente il viaggio compiuto dall’umanità, dall’Africa fino ad arrivare in Antartide, che nel 2872 potrebbe essere l’ultimo continente in grado di offrire condizioni soddisfacenti per permettere la sopravvivenza dell’umanità. Ma non solo: “Nel libro ipotizzo che la Siberia, dopo la completa fusione del permafrost intorno al 2200, diventerà il granaio del mondo, e accoglierà 650 milioni di immigrati da Asia e Africa per lavorare nelle campagne”, ha aggiunto Pievani.
I livelli del mare nel 2875, secondo una delle mappe presenti nel libro
Il secondo tour riguarda invece le conseguenze di un incremento del livello del mare: seguendo le mappe ridisegnate da Francesco Ferrarese, ci si trova davanti all’ipotesi scientifica di un innalzamento di 65 metri, causato dalla fusione completa delle calotte glaciali continentali. Questo fenomeno sarebbe generato sia dalla fusione dell’acqua contenuta nelle calotte glaciali che dall’aumento della temperatura, responsabile della dilatazione delle masse d’acqua. I 65 metri previsti sono ripresi da alcune previsioni scientifiche, che nei vari studi presi in considerazione oscillano dai 30-40 metri fino ai 70. Il nuovo livello del mare comporterebbe, secondo il libro, la perdita di 23 milioni di chilometri quadrati di territori, corrispondente al 15% dell’estensione attuale delle terre emerse. In Europa a essere colpiti con maggiore violenza sarebbero i Paesi Bassi, destinati a una quasi totale scomparsa, e la Danimarca, che rischierebbe di perdere l’89% del suo territorio. Ma anche la Gran Bretagna e la Germania rischierebbero pesanti erosioni del suolo (31% la prima, 30% la seconda), mentre la Russia dovrebbe rinunciare al 18% del territorio, concentrato nel Mare del Nord. L’Italia, invece, assisterebbe alla quasi completa scomparsa della Pianura Padana. L’Africa, invece, subirebbe i danni “minori”, vedendo la sua porzione di territorio ridotta del 4%, ma dovrebbe rinunciare a numerose nazioni del versante occidentale, come Gambia, Guinea Bissau e Senegal. In Asia sparirebbero, oltre agli atolli e arcipelaghi dell’Oceano Indiano (come le Maldive), anche Singapore, Qatar, Bahrein e Bangladesh, per una perdita di territorio pari al 13% del totale attuale.
Sul fronte americano, invece, gli Stati Uniti perderebbero l’11% del territorio (tra cui l’intera Florida), mentre l’America centrale e caraibica subirebbe un dimezzamento della propria superficie, con la sparizione di molte isole – nello specifico, il Messico perderebbe una superficie pari a 300mila chilometri quadrati. In Oceania, i piccoli stati insulari subirebbero le conseguenze più ingenti. Il Sudamerica perderebbe il 10% del suolo, mentre la Nuova Zelanda e l’Australia rispettivamente il 14% e l’11%. Anche l’Antartide, una volta fusi i ghiacci, perderebbe metà della sua superficie, come la Groenlandia.
Il terzo “giro del mondo”, curato da Mauro Varotto, analizza luoghi e temi distanti tra loro, scelti per rappresentare, nella loro diversità, le contraddizioni intrinseche all’epoca dell’Antropocene. Ad esempio, Varotto ha messo a confronto alcuni emblemi urbani di opulenza e benessere, come New York, Parigi, Londra, Berlino, Milano, San Pietroburgo, San Francisco, Los Angeles, Singapore, Tokyo, e altre città costrette a pagare il prezzo di quest’opulenza, come Atafona, Moynaq, Bidi Bidi, Dadaab, Handan, Shandong, Tar Heel, Binefar, Bantargebang e Agbogbloshie.
Tra dimensione narrativa, scientifica e cartografica, Il giro del mondo nell'Antropocene diventa quindi una mappa che, disegnata dal futuro che ci aspetta senza un’azione decisa, ci permette di fare in modo che questo futuro non si verifichi.