La solitudine di Greta
L’attivista svedese che ha mobilitato migliaia di giovani per l’ambiente non partecipa alla Cop 27. In Italia scarso interesse da parte delle associazioni femminili.
di Annamaria Vicini
Greta Thunberg non partecipa alla Cop 27, la conferenza mondiale sul clima che ha preso il via domenica 6 novembre, a Sharm-el-sheikh in Egitto.
Non c’è per protesta contro la scelta di tenere la conferenza in un Paese in cui i diritti umani sono costantemente violati e che non facilita la partecipazione degli attivisti, in particolare di quelli provenienti dal Sud del mondo.
Ma già dalla precedente conferenza era apparsa la delusione della fondatrice di Fridays for future verso questi eventi ritenuti troppo al di sotto delle aspettative per un cambiamento concreto e radicale nei confronti della crisi climatica. “Bla, bla, bla”, fu il commento sprezzante di Thunberg sull’esito della conferenza di Glasgow, mentre per la Cop 27 ha parlato di rischio greenwashing a causa della sponsorizzazione da parte di aziende come Coca Cola.
La ragazza che, diventata famosa perché tutti i venerdì marinava la scuola per protestare contro i cambiamenti climatici e che poi grazie al suo carisma è riuscita a mobilitare migliaia di giovani al grido di There is not a planet B, appare oggi in tutta la sua solitudine. Non soltanto perché il suo gesto di rifiuto non ha provocato significative prese di posizione riparative, ma anche perché numerosi segnali appaiono inquietanti a chi ha davvero a cuore il futuro del pianeta.
Innanzitutto, come dicevamo, la scelta dell’Egitto come sede di negoziazione. Se è vero che potrebbe sembrare fortemente simbolica trattandosi di un Paese africano appartenente quindi al continente che più appare penalizzato e in affanno rispetto alle promesse di aiuto da parte dei Paesi ricchi, è però preoccupante sapere che la conferenza si tiene in una zona isolata e all’interno di uno Stato dominato da un regime autoritario, che poco o nulla ha fatto per facilitare la partecipazione delle associazioni ambientaliste e della società civile.
Altro elemento di preoccupazione è l’annunciata assenza dei capi di Stato di Cina e India, quest’ultima spesso portavoce dei Paesi in via di sviluppo e dipendente per il 70% dal carbone per la produzione di energia elettrica.
Ma guardando da una prospettiva più specificamente italiana all’interesse dimostrato nei confronti della Cop 27 colpisce che i social network, cartina di tornasole della popolarità di qualsiasi evento, registrino una scarsa presenza della conferenza da cui dipende il destino del pianeta e della specie umana in particolare (“O scegliamo di cooperare o sarà suicidio collettivo”, ha affermato in apertura il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres).
A tenere banco sono altri temi come la guerra e i migranti, segnale questo di miopia perché non si riesce a vedere che le guerre e le migrazioni sono e saranno sempre più generate non solo dalle diseguaglianze economiche ma anche dal diffondersi di eventi climatici catastrofici come carestie e alluvioni.
Ma Greta appare più sola anche proprio in quanto donna.
Il femminismo italiano appare poco interessato a questi temi.
Digitando su Google i termini “associazioni femminili” e “associazioni femministe” non ne compaiono che abbiano come focus principale quello della salvaguardia dell’ambiente. E facendo un rapido giro sulla Home page dei loro siti è del tutto evidente l’assenza di notizie al riguardo.
Eppure le donne sono il genere che maggiormente può incidere su un cambiamento a questo riguardo: sono presenti in modo massiccio nelle istituzioni educative e gestiscono in modo preponderante attività come l’acquisto di beni, la preparazione del cibo e la gestione degli scarti alimentari.
La Presidente del Consiglio in carica, Giorgia Meloni, presente alla conferenza mondiale sul clima, potrebbe, se volesse, dare un segnale forte in questa direzione. Sarebbe un modo concreto di dimostrare che la sintonia con le massime cariche dell’Unione europea mostrata di recente a Bruxelles non era solo di facciata. Oltre a bilanciare in modo positivo provvedimenti che nelle prime settimane del suo esecutivo hanno già suscitato polemiche e preoccupazioni per una perlomeno dubbia aderenza ai principi democratici.