Soluzioni abitative per un mondo sempre più urbano e anziano
Il crescente tasso di urbanizzazione comporta un ripensamento dei modelli abitativi: coliving e cohousing offrono alternative per le diverse generazioni. In Italia, il 71,7% dei giovani vive ancora con la propria famiglia.
Oggi il 56% della popolazione mondiale vive in città: 4,4 miliardi di persone, un numero che nel 2050 potrebbe raddoppiare. Le città crescono, si trasformano, in alcuni casi diventano sempre più inaccessibili. Per questo motivo, anche a causa della pandemia, si sta pensando a un nuovo modo di abitare. Tra i cambiamenti in atto c’è la diffusione del coliving, una forma di sharing economy dove a essere condivisa è la casa, in particolare gli spazi in comune appositamente ideati, come la cucina e il salotto. Si stanno diffondendo sempre di più anche modelli abitativi di cohousing rivolti alle persone anziane, un’opportunità per contrastare il senso di solitudine e fornire un aiuto reciproco.
Ripensare l’idea di casa
Le forme di coliving sono molto varie: dalla semplice condivisione di aree comuni, comprese la lavanderia e la palestra, a piattaforme che includono nella propria offerta la gestione del pagamento delle bollette e delle spese di pulizia. Ad usufruire dei servizi di coliving sono soprattutto giovani studenti o lavoratori, tra i 25 e i 35 anni. In alcuni casi si tratta di nomadi digitali o lavoratori freelance che scelgono di vivere nello stesso posto per un breve periodo di tempo. I contratti di coliving hanno una durata limitata, a volte di pochi mesi, garantendo flessibilità ed evitando le incombenze domestiche, legate ad esempio all’apertura di un nuovo contratto per l’energia elettrica o per internet. Queste soluzioni, inoltre, permettono di conoscere nuove persone e di alleviare il senso di solitudine diffusosi durante la pandemia. L’idea di comunità e di casa viene ripensata in ottica collaborative e di condivisione.
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di Giuliana Coccia
Un aspetto da considerare per valutare la diffusione degli alloggi coliving è la povertà giovanile. Nel 2021, nei Paesi dell’Unione europea, il 20% dei giovani tra i 15 e i 29 anni era a rischio povertà, contro una media nella popolazione pari al 16,9%. In Italia il dato è ancora più allarmante perché a essere a rischio è un giovane su quattro.
La precarietà e l’incertezza economica rendono più difficile acquistare una casa o affittarla. Nel 2022 in Italia il 71,7% dei giovani tra i 25 e i 29 anni viveva ancora con la propria famiglia, contro il 42% dei giovani europei. I prezzi inaccessibili di camere e appartamenti in città hanno spinto decine di studentesse e studenti in Italia a manifestare davanti alle proprie università per chiedere al governo misure contro il caro affitti. Per contrastare la mancanza di alloggi, il Comune di Milano ha deciso di avviare un progetto di studentato diffuso, cofinanziato con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza: attraverso la riqualificazione di alcune unità abitative verranno messi a disposizione 600 camere a un canone mensile di 250-350 euro.
È proprio nelle grandi città, come Milano e Roma, che i progetti di coliving sono maggiormente diffusi. Affinché possano essere efficaci per alleviare la crisi abitativa, i modelli di coliving dovrebbero essere regolamentati e inclusi nelle politiche pubbliche a livello nazionale, come sottolinea la British property federation, un’organizzazione associativa britannica senza scopo di lucro che rappresenta le società coinvolte nelle proprietà e negli investimenti.
Non solo per i giovani
La condivisione degli spazi abitativi non attira solo i giovani: nel mondo stanno nascendo numerose esperienze di senior cohousing rivolte alle persone anziane. Il cohousing è un modello abitativo, affermatosi nel Nord Europa negli anni ’60, che combina l’autonomia dell’abitazione privata con la condivisione degli spazi comuni tra gli inquilini. Quimper village, ad esempio, è un progetto di senior cohousing nato negli Stati uniti rivolto a persone con più di 55 anni che organizzano e gestiscono la vita comunitaria, svolgendo insieme alcune attività di cucina e giardinaggio. È un modo per aiutarsi reciprocamente e affrontare il senso di solitudine. In un quartiere a Nord di Londra è stata creata New ground, la prima iniziativa di cohousing dedicata solo alle donne tra i 58 e i 94 anni del Regno.
Una forma diversa è la convivenza intergenerazionale che alcune realtà stanno sperimentando. Humanitas Deventer, ad esempio, è un progetto di cohousing danese che offre la possibilità a studentesse e studenti di avere una stanza gratuita in cambio di 30 ore mensili di attività con le persone anziane che abitano la struttura. Un progetto simile è nato anche in Italia: si chiama la Casa alla vela, iniziativa nata in Trentino grazie alla cooperativa Sad. Sette donne anziane e tre giovani vivono nella stessa struttura, su piani differenti, con una camera privata e spazi comuni dove socializzare e svolgere attività nel tempo libero.
Queste soluzioni alternative potrebbero aiutare i giovani che faticano a trovare un appartamento a prezzi accessibili e alleviare il senso di solitudine con cui spesso convivono le persone anziane. Una misura importante se si considera che nel 2030 una persona su sei avrà più di 60 anni e che tra il 2020 e il 2050 il numero di persone con più di 80 anni triplicherà, raggiungendo i 426 milioni.
Gli investimenti nei progetti di coliving e cohousing dovranno, quindi, tenere conto delle esigenze di una popolazione sempre più anziana, integrando elementi tecnologici e innovativi nelle abitazioni. Sarà necessario anche fare attenzione a rendere gli spazi più sostenibili, con un’attenzione particolare all’efficienza energetica e alla riduzione degli sprechi.