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La prosperità futura dipende dagli investimenti nella natura

Il nuovo rapporto Geo-7 delle Nazioni Unite mostra che puntare su clima, biodiversità ed economia circolare può generare migliaia di miliardi di Pil, salvare milioni di vite e ridurre povertà e disuguaglianze entro metà secolo.

giovedì 18 dicembre 2025
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Investire in un clima stabile, in ecosistemi sani e in un pianeta libero dall’inquinamento non è solo una scelta ambientale, ma una strategia economica di lungo periodo in grado di generare migliaia di miliardi di dollari di Pil globale aggiuntivo, salvare milioni di vite e sottrarre centinaia di milioni di persone alla povertà e alla fame. È il messaggio centrale del Global environment outlook – seventh edition: a future we choose (Geo7), pubblicato dall’Unep (Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite) durante la settima sessione dell’Assemblea Onu sull’ambiente, tenutasi a Nairobi.

Il Rapporto è il risultato del lavoro di 287 scienziati provenienti da 82 Paesi e offre una lettura sistemica delle crisi ambientali globali, indicando al tempo stesso percorsi concreti di trasformazione. Un elemento chiave di questo cambio di paradigma è il superamento del Pil come unico indicatore di progresso, a favore di metriche capaci di monitorare anche il capitale umano e naturale. Secondo l’Unep, solo così le economie potranno essere incentivate a muoversi verso la circolarità, la decarbonizzazione del sistema energetico, l’agricoltura sostenibile e il ripristino degli ecosistemi.

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Benefici economici e sociali

Approcci capaci di coinvolgere società e governi nella trasformazione dei sistemi economici e finanziari, dei materiali e dei rifiuti, dell’energia, del cibo e dell’ambiente potrebbero generare benefici macroeconomici globali fino a 20 mila miliardi di dollari all’anno entro il 2070, con un’ulteriore crescita negli anni successivi. I percorsi di trasformazione delineati nel Rapporto prevedono, inoltre, che i vantaggi inizino a manifestarsi già entro la metà del secolo. Non solo economici, dato che a questi risultati si accompagnerebbero una riduzione dell’esposizione ai rischi climatici, un rallentamento della perdita di biodiversità entro il 2030 e un aumento delle aree naturali capaci di generare risorse aggiuntive per l’intera umanità.

Gli effetti sociali sarebbero altrettanto rilevanti. Entro il 2050, si potrebbero evitare nove milioni di morti premature grazie a interventi per ridurre l’inquinamento atmosferico. Nello stesso orizzonte temporale, quasi 200 milioni di persone potrebbero uscire dalla denutrizione e oltre 100 milioni dalla povertà estrema. Per raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050 e garantire finanziamenti adeguati per la conservazione e il ripristino della biodiversità, lo studio stima che siano necessari investimenti annuali pari a circa 8mila miliardi di dollari entro metà secolo, sottolineando però come il costo dell’inazione sia di gran lunga superiore.

Cinque aree su cui intervenire

Il Geo7 individua cinque ambiti chiave in cui saranno necessari cambiamenti radicali. Nell’economia e nella finanza, si raccomanda di andare oltre il Pil adottando parametri di ricchezza inclusivi e completi, attribuendo un prezzo alle esternalità positive e negative e riformando sussidi, tasse e incentivi che danneggiano la natura.

Per materiali e rifiuti, la priorità è l’implementazione di una progettazione circolare dei prodotti, accompagnata da maggiore trasparenza e tracciabilità, dallo spostamento degli investimenti verso modelli di business circolari e rigenerativi e da un cambiamento culturale nei modelli di consumo.

Sul fronte energetico, c’è la necessità di decarbonizzare l’approvvigionamento, aumentare l’efficienza, garantire sostenibilità sociale e ambientale nelle catene del valore dei minerali critici e affrontare l’accesso all’energia e la povertà energetica.

Nei sistemi alimentari, i percorsi di trasformazione passano da diete sane e sostenibili, dal miglioramento della circolarità e dell’efficienza produttiva e dalla riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari.

Infine, per l’ambiente, è fondamentale accelerare la conservazione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, rafforzare adattamento e resilienza ai cambiamenti climatici attraverso soluzioni basate sulla natura e attuare strategie efficaci di mitigazione.

Lo stato dell’arte

Il Rapporto fotografa un quadro allarmante degli impatti negativi già in atto. Crisi climatica, perdita di biodiversità, degrado del suolo, desertificazione, inquinamento e rifiuti stanno già imponendo costi pari a migliaia di miliardi di dollari ogni anno, con conseguenze pesanti per il pianeta, le persone e le economie. Proseguire lungo gli attuali percorsi di sviluppo non farebbe che aggravare questi impatti.

Dal 1990 le emissioni di gas serra sono aumentate in media dell’1,5% all’anno, raggiungendo un nuovo massimo nel 2024, con un conseguente aumento delle temperature globali e dell’intensità degli eventi climatici estremi. Il costo medio annuo di questi eventi, attribuibili al cambiamento climatico negli ultimi vent’anni, è stimato in 143 miliardi di dollari. Tra il 20% e il 40% della superficie terrestre mondiale risulta già degradata, con ripercussioni dirette su oltre tre miliardi di persone, mentre circa un milione delle otto milioni di specie conosciute è oggi a rischio di estinzione. Ogni anno, inoltre, milioni di decessi sono attribuibili a diverse forme di inquinamento. Solo quello atmosferico ha causato nel 2019 danni alla salute per un valore economico stimato in 8,1 mila miliardi di dollari, pari a circa il 6,1% del Pil globale.

Secondo l’Unep, se il mondo continuerà a sostenere le economie seguendo un percorso di “business as usual”, lo stato dell’ambiente peggiorerà drasticamente. Senza interventi, l’aumento della temperatura media globale potrebbe oltrepassare i 2°C - rispetto ai livelli preindustriali - entro il 2040 e continuare a crescere, riducendo di conseguenza il Pil globale annuo del 4% entro il 2050 e fino al 20% entro la fine del secolo.

A questi ritmi, anche il degrado del suolo è destinato a proseguire, con la perdita ogni anno di superfici fertili e produttive grandi quanto la Colombia o l’Etiopia, in un contesto in cui il cambiamento climatico potrebbe ridurre la disponibilità di cibo pro capite del 3,4% entro il 2050. Allo stesso tempo, le otto miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica che già inquinano il pianeta sono destinate a crescere, facendo aumentare le perdite economiche per la salute, stimate in 1,5 mila miliardi di dollari l’anno, legate all’esposizione alle sostanze chimiche tossiche presenti proprio nella plastica.

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Copertina: Luca Bravo/unsplash