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Giovannini: cultura della transizione per conciliare tutela del paesaggio ed emergenze ambientali

Il ministro, intervenuto al convegno ASviS su clima ed energia, ha fatto il punto su sfide e opportunità delle rinnovabili. Difficoltà a far partire investimenti nel settore in tempi brevi. Ma democrazia e dialogo sono le chiavi per la lotta al cambiamento climatico.

di Flavio Natale

“Abbiamo problemi enormi, lo sappiamo. Ma abbiamo anche straordinarie opportunità. E il saldo tra problemi e opportunità dipende dal modo con cui la politica, le imprese, la società si pongono di fronte alla transizione energetica”. Così Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, intervenuto durante l’evento nazionale del Gruppo di lavoro ASviS sui Goal 7 e 13 “Energia e Clima”, che si è svolto il 5 ottobre all’interno del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2022. Il ministro ha parlato di transizione energetica, investimenti, mobilità sostenibile, ruolo della cultura. “Questo è un momento di pessimismo, a causa dell’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina, dei mercati dell’energia incapaci di prezzare il futuro, di un’incertezza politica consistente. In questo ambito ci troviamo divisi: diviso il mondo delle imprese, il mondo dei media, quello della politica, tra chi ritiene che proprio per le fragilità e debolezze emerse dalla guerra bisogna accelerare e chi invece ritiene che si debba rallentare”. Solo a livello politico, prosegue il ministro, ci si continua a porre questo quesito. “Se si parla con il mondo delle imprese, la risposta è inequivocabile: bisogna accelerare”, ha sottolineato Giovannini. “Bisogna andare verso un’energia ad alta efficienza, per aumentare l’indipendenza strategica nazionale ed europea. Bisogna accelerare gli investimenti sulle rinnovabili: punto”.

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Il ministro individua poi quattro problemi che, durante questo delicato momento di transizione energetica, vanno tenuti in considerazione:

    1. Con una prospettiva economica peggiore, molti investimenti privati incontrano problemi di credito, e molte imprese tendono a rinviare le spese. Ma il Piano nazionale di ripresa e resilienza, avverte il ministro, è stato costruito sull’ipotesi di un settore privato che avrebbe investito in questi settori in tempi brevi;

    2. Per i costruttori di infrastrutture, che vanno a recuperare le spese nel tempo, investire nel momento in cui il costo è massimo non è conveniente. “Questo non cambia gli scenari a medio e lungo termine”, ha avvertito Giovannini, “ma potrebbe cambiare i costi della transizione, almeno nei prossimi cinque-dieci anni, anche se come tutti speriamo il costo delle materie prime rientrasse”;

    3. “Per realizzare la transizione abbiamo bisogno di investire nelle infrastrutture abilitanti, quei settori che saranno impattati fortemente dalla transizione ecologica e digitale”, ha aggiunto Giovannini. Un esempio tra tutti: l’installazione delle colonnine di ricarica, o i sistemi di supporto ad altri tipi di vettori, come l’idrogeno per il trasporto pesante. “Su questo stiamo lavorando come ministero e sta lavorando anche il ministero della Transizione ecologica (Mite)”. La spinta in questa direzione è dunque chiara, ma per Giovannini “non ha ancora raggiunto l’effetto palla di neve, come in altri Paesi è accaduto”;

    4. Infine, Giovannini ha citato la “battaglia”, che si trova spesso anche sui quotidiani, tra chi ritiene che la corsa verso le rinnovabili debba fare premio su altri concetti, “pensiamo alla tutela del paesaggio”, e chi ritiene che quei criteri debbano fare premio rispetto all’installazione di parchi eolici. “Proprio con la modifica costituzionale che come ASviS abbiamo promosso per molti anni, gli articoli 9 e 41 sono stati cambiati: per questo discorso, è molto importante l’articolo 9, perché introduce accanto alla tutela del paesaggio la tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità anche in funzione dei diritti delle future generazioni. Qualcuno ha scritto che in questo modo la Costituzione è stata sfregiata”, ha commentato il ministro, “perché mettere sullo stesso piano la tutela del paesaggio e dell’ambiente è appunto uno sfregio alla Costituzione. Questa posizione, che non è minoritaria in certi ambienti, deriva dal fatto che l’introduzione della tutela del paesaggio era stata un’innovazione straordinaria ai tempi della scrittura della Costituzione”. Infatti, ricorda il ministro, pochissime Costituzioni al mondo adottano questo principio. “Oggi però sappiamo che questi due concetti, tutela ambientale e del paesaggio, possono entrare solo apparentemente in conflitto. Sarebbe come dire che le colline senesi potranno restare tali in un mondo distrutto dal cambiamento climatico. La cultura della tutela del paesaggio sta indubbiamente frenando l’installazione di alcuni parchi eolici, ed è un tema culturale su cui abbiamo bisogno di riflettere”. Il ministro ha poi invitato il pubblico a visionare la lectio magistralis sul rapporto tra democrazia e clima che Giuliano Amato ha tenuto in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno accademico presso la Sapienza Università di Roma. “La riflessione di Amato ci aiuta a capire come la democrazia può essere in grado di far fare un salto di qualità alla lotta al cambiamento climatico. La sua conclusione è che se vogliamo continuare a rifiutare le maniere forti e gli strumenti coercitivi, allora c’è solo una strada: la cultura della transizione deve diventare dominante, una cultura basata sulla scienza, promossa da tutti, un cambiamento che deve spingere a comportamenti collettivi secondo i principi democratici”.

Il tema delle fonti rinnovabili, ha concluso il ministro, non può essere affrontato dunque solo da punto di vista tecnologico o economico, ma è in primo luogo “una grande trasformazione culturale di cui abbiamo bisogno”.

mercoledì 12 ottobre 2022