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La sostenibilità alimentare (e proteica) è stata al centro della Cop 28

Mentre il mondo si divide tra scettici ed entusiasti dell’“accordo storico” per la transizione dai combustibili fossili entro il 2050, il vero protagonista è stato un attore inatteso: il cibo.

martedì 19 dicembre 2023
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Nel corso della recente Conferenza delle parti sul clima (Cop 28), i sistemi alimentari sono passati per la prima volta da essere “l'elefante nella stanza” a diventare protagonisti, riconosciuti anche come parte della soluzione nella lotta contro la crisi climatica.

Un momento chiave è stata la pubblicazione di un report da parte del Programma delle Nazioni unite per l'ambiente (Unep) dal titolo “What’s cooking – Una valutazione degli impatti potenziali di nuove alternative selezionate ai prodotti animali convenzionali”.

L’analisi dell’Unep e il ruolo delle proteine alternative

Il Rapporto, redatto da climatologi e co-redatto e revisionato da esperti del Good Food Institute, ha illustrato quanto le proteine alternative, come la carne a base vegetale e coltivata, possano giocare un ruolo fondamentale nel ridurre l'impatto ambientale associato alla produzione di alimenti di origine animale convenzionali, offrendo inoltre promettenti soluzioni per ridurre il rischio di zoonosi e per contrastare l’antibiotico resistenza.

L’analisi parte da un dato: i sistemi alimentari contribuiscono al 30% delle attuali emissioni antropogeniche di gas serra, con i prodotti animali responsabili del 60% delle emissioni legate all'alimentazione. Al contrario, le proteine alternative mostrano già un notevole potenziale nel ridurre l'impatto ambientale rispetto ai prodotti animali convenzionali, con studi che indicano una riduzione fino al 50% dell'uso di energia per la carne di origine vegetale e un calo del 92% delle emissioni per la carne coltivata rispetto a quella convenzionale.

Il report sottolinea l'urgenza di un maggiore impegno istituzionale nella produzione di proteine alternative e la necessità che il mercato sia redditizio e affidabile. Per raggiungere questo obiettivo, l’Unep invita i governi a compiere investimenti chiave, sostenendo la ricerca, specialmente quella open-access, e agevolando la commercializzazione. È fondamentale sviluppare regolamenti trasparenti ed efficienti per facilitare l'ingresso tempestivo dei prodotti sul mercato, garantendo sicurezza e qualità. Il coordinamento globale è essenziale, con i governi chiamati a collaborare su ricerca, sviluppo e regolamentazione per massimizzare gli sforzi e condividere le risorse.

Il rapporto Unep conclude sottolineando l'importanza di investire nella ricerca per comprendere gli impatti ambientali, sanitari e sociali delle proteine alternative.

Proteine e obiettivi di sviluppo sostenibile: l'Italia va nella direzione opposta

La necessità di rendere più sostenibile la produzione di proteine è stata quindi messa nero su bianco dalla comunità internazionale.

"Le nuove alternative alimentari offriranno un più ampio spettro di scelte ai consumatori", ha dichiarato Inger Andersen, direttrice esecutiva dell'Unep.

“Inoltre, tali alternative possono anche diminuire la pressione sui terreni agricoli e ridurre le emissioni, aiutandoci così ad affrontare la triplice crisi planetaria – del cambiamento climatico, della biodiversità e della perdita di natura, dell'inquinamento e dei rifiuti – e ad affrontare le conseguenze sanitarie e ambientali dell'industria dell'agricoltura animale".

L'Italia e la carne coltivata: un passo indietro sull'innovazione sostenibile

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Una posizione su cui si sono trovati d’accordo anche i “padroni di casa”. Il ministro del clima degli Emirati Arabi Uniti e responsabile dei sistemi alimentari della Cop 28, Mariam bint Mohammed Almheiri, ha infatti dichiarato che i sistemi alimentari saranno al centro di tutte le future Cop, perché "anche se si riuscisse a risolvere la transizione energetica e a passare alle fonti completamente rinnovabili, non si riuscirebbe comunque a raggiungere l'obiettivo di 1,5℃ se non si risolvesse la questione del sistema alimentare".

Anche il presidente dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha utilizzato la Cop 28 per ribadire che il passaggio a "diete più sane, diversificate e a base vegetale" è essenziale per affrontare il cambiamento climatico e la crisi sanitaria globale.

Le proteine alternative possono quindi diventare preziose alleate nel raggiungimento di diversi Obiettivi di sviluppo sostenibile, come la tutela della biodiversità e della salute umana, consumo e produzioni responsabili e lotta ai cambiamenti climatici.

Molti paesi europei come Germania, Danimarca, Olanda e Spagna hanno già recepito queste sfide e hanno compiuto passi importanti verso la diversificazione proteica, investendo nella ricerca e nello sviluppo di carne vegetale e coltivata. L’Italia invece ha preso la strada opposta. In netto contrasto con le raccomandazioni internazionali emerse durante la Cop 28, il nostro Paese ha recentemente vietato la produzione e commercializzazione di carne coltivata, vietando anche l’utilizzo di termini associati alla carne per prodotti a base di proteine vegetali.

Le sfide dell’Italia, tra impegni globali e divieti

Il vertice sul clima di quest'anno è stato il primo a riconoscere l'importanza della sostenibilità alimentare e proteica a livello globale e si è concluso con un appello. Una coalizione composta da circa 200 membri tra associazioni agricole, imprese, città, consumatori e membri della società civile ha infatti firmato un documento con cui si chiede di agire  per la trasformazione dei sistemi alimentari a favore di persone, natura e clima.

Non solo. Quella degli Emirati Arabi è stata la prima presidenza a inaugurare una dichiarazione non vincolante (firmata anche dall’Italia) che sottolinei l'importanza dei sistemi alimentari nella realizzazione dell'azione per il clima – la Uae COP28 Declaration on sustainable agriculture, resilient food systems and climate action.

Questo documento impegna i Paesi a realizzare una serie di azioni per promuovere un sistema alimentare più sostenibile, tra cui “promuovere attività che aumentino i redditi, riducano le emissioni di gas serra e rafforzino la resilienza, la produttività, i mezzi di sussistenza, la nutrizione, l'efficienza idrica e la salute umana, animale e dell'ecosistema, riducendo al contempo la perdita e lo spreco di cibo e la perdita e il degrado dell'ecosistema”.

Una “chiamata alle armi” che l’Italia ha sottoscritto e che ora non deve abbandonare. Con i nuovi divieti introdotti, stiamo non solo creando degli ostacoli a settori solidi come quello della carne vegetale (per cui l’Italia è il terzo mercato europeo), ma anche chiudendo le porte alle opportunità legate alla carne coltivata, tra cui quella di contribuire al settore con la rinomata qualità del Made in Italy e ridurre la dipendenza dalle importazioni di carne estera.

Affrontare con coraggio le sfide del cambiamento climatico e della sicurezza alimentare richiede un ripensamento immediato delle politiche attuali, un passo cruciale per garantire un futuro in cui la nostra cucina unica si sposi armoniosamente con la sostenibilità alimentare.

Fonte dell'immagine di copertina: ansa.it