La corsa al cyberspace
Usa e Cina hanno lanciato i loro piani per il dominio globale dell'intelligenza artificiale. Le divergenze parallele digitali e la possibilità multilaterale.
Nel mese di luglio di quest’anno, non casualmente a pochi giorni di distanza, gli Usa e la Cina hanno pubblicato i loro piani per la conquista del cyberspace e il dominio tecnologico del mondo.
Il piano USA si chiama "America’s AI action plan" [1] e nel sottotitolo "winning the race" esplicita che per l’amministrazione Trump si tratta di una competizione da vincere. Un confronto che invece di avere come avversario l’Urss, come fu negli anni 50 e 60 dello scorso secolo per la corsa allo spazio, ha oggi nel mirino la Cina.
La Cina a sua volta ha presentato il « Global AI governance action plan »[2],
dove l’obiettivo è sostanzialmente lo stesso, ma declinato a partire da un contesto più ampio, e cioe’ una governace mondiale dell’IA. Ovviamente a trazione cinese, ma condivisa a livello multilaterale.
Gli USA di Trump inseriscono lo sviluppo delle nuove tecnologie, in quel tentativo di riportare indietro le lancette della storia ad un mondo bipolare da loro dominato (MAGA), come fu nella seconda metà del 900. Mentre la Cina vuole affermare, anche attraverso la tecnologia, un nuovo ordine multilpolare che tenga conto dei cambiamenti geo politici ed economici avvenuti in questi anni.
Si tratta di due documenti importanti perchè inquadrano e sistematizzano i numerosi provvedimenti che i due paesi hanno preso, e stanno prendendo, in materia tecnologica e in particolare di IA, e chiariscono a tutto il resto del mondo le regole di ingaggio con cui verrà combattuta questa competizione da parte dei due principali contendenti.
I due piani mettono in evidenza che lo scopo per le due superpotenze è analogo: vincere la corsa tecnologica e in questo modo imporre il proprio predominio (standard) tecnologico sul mondo .
E anche la scelta dello strumento principale è identica : l’Intelligenza Artificiale.
Diverse sono invece le modalità enunciate nei due documenti per raggiungere lo scopo. Parafrasando un antico ossimoro della politica italiana, potremmo definire le scelte di Usa e Cina , delle « divergenze parallele » digitali.
I due piani strategici rispecchiano infatti la diversa postura che le due superpotenze stanno assumendo sullo scenario globale. Infatti bisogna inquadrare il Piano cinese nella « lunga marcia » digitale intrapresa dal PCC e collocarlo all’interno del contesto legislativo nazionale caratterizzato dalle tre leggi principali sul digitale cinese, che sono la « cybersecurity law » del 2017, la « data security law » e la « personal information protection law », che permettono al mercato e alla società cinese di avere in questo momento una maggior chiarezza del perimetro di azione e di poter contare quindi su una sorta di vantaggio interno che facilita una strategia di « egemonia multilaterale » come quella enunciata nel piano per la governance globale.
Al contrario l’amministrazione Trump si trova a dover affrontare una forte discontinuità, quantomeno con la visione e l’assetto normativo ereditato dalla precedente amministrazione Biden, anche se alcuni aspetti di fondo si mantengono inalterati. Inoltre il settore delle Big Tech in America non é a trazione statale come in Cina, e lo si é visto molto bene nel difficile rapporto tra Elon Musk e Donald Trump e nelle crescenti tensioni tra il movimento MAGA e i tecnocapitalisti. Questo fa si che ci sia la necessità, implicita ma presente nel piano USA, di riportare la gestione della materia il più possibile nelle mani del potere centrale, recuperando anche rispetto alle diverse legislazioni statali sulla materia.
Nella premessa all’Action Plan il presidente Trump afferma che é : « un imperativo di sicurezza nazionale per gli Stati Uniti raggiungere e mantenere il dominio tecnologico globale indiscusso e non contestato » perchè « chiunque abbia il più grande ecosistema di IA stabilisce gli standard globali e raccoglierà ampi benefici economici e militari ».
I cinesi nel loro documento inseriscono invece la loro strategia in un contesto multilaterale in quanto l’IA deve essere considerato un « bene pubblico internazionale a beneficio dell’umanità » e che pero’ « presenta rischi e opportunità che possono liberare il loro potenziale solo attraverso la solidarietà internazionale… mantenendo gli impegni delineati nel Patto per il futuro e nel Digital Compact delle NU[3], per un futuro digitale inclusivo, aperto, sostenibile, equo, sicuro, protetto per tutti ».
Il piano USA si caratterizza dunque partendo dal presupposto dell’unilateralismo (una volta si sarebbe detto imperialista), mentre la Cina rilancia con forza una sua postura multilateralista ma egemonica nei fatti. In linea con la sua dottrina del soft power, e favorita in questa fase dall’azione sistematica di autosabotaggio del multilateralismo portata avanti dall’amministrazione Trump. Infatti come si é visto platealmente anche durante le celebrazioni dell’ottantesimo della vittoria , la Cina tende ovviamente ad occupare a tutti i livelli lo spazio internazionale lasciato vuoto da Trump.
La risposta strategica di Trump è come sempre azzardata ma chiara: o con me o contro di me.
Purtroppo allo stato attuale , come peraltro per quasi tutte le altre grandi questioni presenti sulla scena internazionale, sembra che le alternative a questa nuova divisione del mondo in blocchi stentino a farsi strada. In particolare manca una efficace presenza dell’Europa. In questo modo il confronto tecnologico tra blocchi diventa uno scenario geopolitico e geostrategico molto pericoloso, anche a causa di una tecnologia cosi’ potenzialmente impattante e pervasiva, come sembra essere l’IA.
I PUNTI CHIAVE DEL PIANO DI AZIONE USA PER VINCERE LA CORSA ALL’IA
I pilastri del piano USA sono 3.
Nel primo « pillar » si esternano una serie di indicazioni che riflettono preoccupazioni e vere e proprie ossessioni dell’amministrazione Trump. La preoccupazione riguarda ad esempio le ricadute dell’IA sui lavoratori americani, che devono essere messi in grado di poter avere le competenze necessarie anche attraverso appositi piani formativi. Inoltre si punta tutto sulla capacità delle imprese private, tutte e quindi non solo le Big Tech, a cui viene promessa totale deregolamentazione e sburocratizzazione, e le si spinge insieme alla pubblica amministrazione a superare i ritardi e le resistenze nell’adozione dell’IA anche attraverso metodologie sperimentali e dirigiste come il « try first ».
il piano poi punta, per favorire la nascita di ecosistemi dell’IA, su « sistemi basati sull’ open-source e sull’open-weight che possano diventare standard globali basati sui valori americani » ribadendo l’ambizione di egemonia tecnologica e politica americana. Il piano USA contemporaneamente all’indicazione, costituzionalmente ineccepibile, di sistemi di IA « basati sulla libertà di parola e di espressione » , delinea pero’ un IA « libera da bias ideologici per raggiungere obiettivi di verità oggettiva », definizione che evoca scenari tipici delle culture politiche totalitarie dove esiste una sola verità oggettiva ,e cioé quella del regime.
Questo indirizzo fortemente accentratore e dirigista, si rinviene anche nelle parti dedicate all’IA in rapporto alla scienza, dove se da un lato si parla di una « IA-enabled science » dall’altro si chiede ai ricercatori di concedere i loro dati alle imprese private per costruire un « world class scientific data set » americano, che al pari di un asset strategico consenta all’america di superare le altre nazioni (Cina ndr), che « sono avanti nell’ammassare enormi quantità di dati scientifici ». Quindi una scienza che usa il potenziale dell’IA ma a scopi strategici nazionali, al di fuori di qualsiasi contesto multilaterale. Una strategia che si pone in perfetta continuità con le scelte dell’amministrazione Trump di uscire dai trattati internazionali sul clima o dalle organizzazioni internazionali come il WHO, e che delinea uno scenario di contrapposizione « scientifica » molto pericolosa in un mondo globalizzato e fortemente connesso, che riporta indietro ai tempi del « caso Lysenko »[4]. Come si affronteranno le future emergenze sanitarie se avremo due « verità oggettive » contrapposte sulle cause e sui rimedi?
Il secondo pilastro riguarda la costruzione delle infrastrutture per l’IA ed é in totale linea con l’altro mantra trumpiano del « Build Baby Build », per cui prevede una deregolamentazione totale che favorisca la “costruzione di data center , semiconduttori e infrastrutture energetiche e per la sicurezza che portino a vincere la gara mondiale con la Cina preservando la potenza tecnologica americana dalle incursioni avversarie”. Chiarendo che per quanto riguarda il tema della sostenibilità energetica dell’IA made in Usa, si farà fronte al fabbisogno con energia fossile e« geotermica e nucleare ».
Ma è il terzo pilastro che mostra meglio di tutti l’ambizione “tecno-imperialista” dell’amministrazione Trump, perché riguarda “l’international diplomacy and security” costruita sull’IA. Il piano Usa prevede una vera e propria “colonizzazione digitale” globale, costringendo le altre nazioni alleate ad « adottare il sistema americano dell’IA , capacità computazionale, hardware e standard tecnici, in tutto il mondo…é imperativo che gli USA sfruttino questo vantaggio in un alleanza globale duratura » Senza dimenticare che questa forzata “alleanza per l’IA” deve essere “allineata ai valori americani”. Qui il documento esplicita con forza la necessità di contrastare la Cina nei suoi intenti egemonici sia a livello bilaterale, bloccando gli « alleati » degli americani all’interno di pacchetti tecnologici e valoriali « chiavi in mano », ma anche contrastando l’azione cinese nelle organizzazioni internazionali (UN-OCSE-G7-G20-ITU-ICANN-ETC) che spesso « nascondono regolamenti onerosi, codici di condotta vaghi che… sono stati influenzati da aziende cinesi ».A questo scopo vengono arruolate tutte le amministrazioni pubbliche per allineare gli incentivi e le leve politiche di tutto il governo USA per indurre gli alleati chiave ad adottare anche « sistemi complementari » per evitare di fornire tecnologia USA agli avversari. Emerge qui con evidenza la tematica già più volte negli ultimi mesi comparsa nella discussione pubblica in Europa, dell’affidabilità e dei limiti operativi (Kill Switch) della tecnologia fornita dagli USA ai suoi alleati.
IL PIANO DELLA CINA SULLA GOVERNANCE GLOBALE DELL’IA
Il piano cinese é raccolto in 13 brevi punti, e lancia la sua strategia multilaterale per il controllo globale dell’IA ponendo al centro la « partecipazione e collaborazione di tutti gli stakeholeder, compresi governi, organizzazioni internazionali, imprese, istituti di ricerca, organizzazioni sociali e singoli cittadini per accelerare lo sviluppo dell'infrastruttura digitale » e collegando inoltre l’IA allo sviluppo degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Al principio di « open IA » , enunciato anche dagli USA, i cinesi affiancano il tema della condivisione e quindi propongono di lavorare per la creazione di « diverse piattaforme internazionali per la cooperazione scientifica e tecnologica ».
Al punto 3 il documento cinese, analogamente a quanto previsto nel piano USA, prevede la necessità di promuovere la diffusione dell’applicazione dell’IA a tutti i settori dell’economia oltreché a tutti gli aspetti della società, dalla sanità all’educazione. Anche qui rimarcando, pero’, la cooperazione e lo scambio di best practices, nonché l’attenzione ai beni comuni.
Al punto successivo si trovano altre « divergenze parallele » con il piano USA , laddove anche i cinesi spingono per la costruzione delle infrastrutture necessarie all’IA finalizzate a promuovere un « sistema standard di potenza informatica unificata » ponendosi l’obiettivo di supportare nell’utilizzo di questo sistema le nazioni del « Global South » ,che come si é visto sia nell’ambito degli ultimi G20 come nella riunione dello SCO (Organizzazione per la cooperazione di Shanghai) rappresentano per Pechino l’equivalente dell’ « Alleanza Globale » invocata dall’amministrazione Trump.
Un altro punto di similitudine nei due piani di azione é quello relativo ai « dati di qualità » che vengono riconosciuti anche da Pechino come fondamentali per lo sviluppo dell’IA. Infatti propongono la loro versione del « global data set » USA, basato sulla collaborazione « per facilitare il flusso legale, ordinato e libero di dati, esplorare la costruzione di un meccanismo/piattaforma globale per la condivisione dei dati e creare congiuntamente set di dati di alta qualità ». Pur sorvolando il problema dello stretto controllo centrale e della censura esercitati finora, per tenere allineato il cyberspace alla visione del PCC, sottolineano la necessità di « salvaguardare attivamente la privacy personale e la sicurezza dei dati, migliorare la diversità dei data corpora dell'IA, eliminare la discriminazione e i pregiudizi e promuovere, proteggere e preservare la diversità dell'ecosistema dell'IA e della civiltà umana ».
Molto diverso invece l’approccio al tema energetico, a cause delle scelte totalmente divergenti in materia tra l’amministrazione americana che punta decisamente su fossili e nucleare, mentre la Cina coerentemente con i suoi piani di sviluppo delle rinnovabili, che entro il 2050 dovrebbero portare alla neutralità, pongono al centro della loro azione la « sostenibilità » energetica dell’IA con uno sforzo non solo sull’uso delle fonti energetiche rinnovabili, ma anche sullo sviluppo di « chip a basso consumo energetico e algoritmi efficienti ».
Infine il piano per la governance globale cinese termina come era iniziato con un forte accento sulla necessità di incardinare lo sviluppo dell’IA all’interno del dialogo multilaterale, e in particolare del Global Digital Compact delle NU, per costruire una « governance inclusiva e multistakeholder ».
BIPOLARISMO O MULTILATERALISMO PER L’IA?
Come ha scritto Josep Borrell [5]ex alto rappresentante della Commissione Europea per la politica estera e della sicurezza « il mondo sta diventando più multipolare e meno multilaterale. Per l'Europa, la sfida consiste nel conciliare entrambe le dimensioni, adattandosi alla nuova distribuzione del potere, adoperandosi nel contempo per attenuare la frammentazione politica del mondo in poli concorrenti » e poi riferendosi allo scenario delle nuove tecnologie digitali ha aggiunto, « dobbiamo definire con urgenza nuove norme globali per l’IA …per conseguire questi obiettivi dobbiamo detenere una posizione di forza, ma non solo: dobbiamo anche definire una posizione comune, sviluppare argomentazioni e costruire alleanze ».
Infatti con la presentazione di questi due piani, il percorso della transizione tecnologica supera l’ultima barriera formale e diventa a pieno titolo un oggetto del confronto geopolitico mondiale. Questo fa si che non sia più possibile mantenere una posizione attendista , quando sul tavolo ci sono due visioni che sono anche due proposte geo-politiche alle quali é necessario dare una urgente risposta. E questo vale in primo luogo per l’Europa che fin qui ha partecipato alla corsa per l’IA, molto dal punto di vista della definizione di un suo perimetro del campo da gioco, che ora pero’ corre il rischio di essere superata da chi ha la palla in mano e decide le regole della partita. Fuor di metafora come ha ricordato Mario Draghi al Meeting di Rimini “Gli Stati Uniti e la Cina usano apertamente il loro controllo sulle risorse strategiche e sulle tecnologie per ottenere concessioni in altre aree: ogni dipendenza eccessiva è così divenuta incompatibile con la sovranità sul nostro futuro”[6].
Si tratta dunque di « sicurezza » e « sovranità », e non piu’ solo di etica e regolamenti.
L’Europa ha bisogno, proprio come fu per la corsa allo spazio negli anni 60, di avviare immediatamente un processo multilaterale, come quello che porto’ alla creazione dello European Space Research Organization (ESRO) e dell’ European Launcher Development Organization (ELDO), che insieme confluirono negli anni 70 nell’ Agenzia Spaziale Europea (ESA)[7], definendo e realizzando un progetto spaziale europeo indipendente da quello degli USA e dell’URSS.
Una strategia europea, che in un mondo multipolare, favorisca le convergenze piuttosto che i conflitti. Ma per fare questo bisognerà incominciare a lavorare sul piano delle similitudini piuttosto che continuare su quello identitario fin qui percorso. Una strategia europea che ha bisogno di collaborazioni e di risorse importanti e di richiamare, come fu per il progetto ESRO, anche i cervelli che oggi sono fuori dall’Europa.
In primo luogo dovrebbe mettere nel mirino della sua azione la creazione di « data corpora » europei facendo leva sugli enormi giacimenti di contenuti scientifici, culturali, giornalistici, industriali, sociali, presenti in Europa.
Ma l’Europa deve anche difendere meglio la sua sovranità digitale . A partire dalla richiesta di restituzione di una copia dei dati generati dai cittadini europei e immagazzinati nei server delle Big Tech , sulla base di quanto normato dall’art 20 del GDPR , e dagli altri regolamenti e direttive vigenti DGA,DMA,IA act e ora soprattutto dal Data Act, che consentono la “portabilità dei dati” e cioè di richiedere una copia dei propri dati e metadati da qualunque piattaforma detenuti per trasferirli a chi si vuole.
Ogni soggetto sociale dovrebbe partecipare a questa strategia. E’ una chiamata « a condividere i dati » per il mondo della scienza, della cultura , dell’impresa, del lavoro e del terzo settore e dell’economia sociale , che deve avere la stessa intensità che ebbe nel dopoguerra, quando tutti insieme questi soggetti parteciparono alla costruzione del progetto europeo. L’Europa per “usare” in maniera efficace e competitiva questi dati, dovrebbe mettere in campo risorse economiche adeguate, come chiesto nel rapporto Draghi, per realizzare le sue infrastrutture tecnologiche e cioè la rete di supercomputers e di data center necessari allo sviluppo delle IA. Inoltre dovrebbe anche finanziare la ricerca scientifica, difendendo le carriere dei ricercatori europei e i progetti delle aziende europee dell’ICT. Solo affermando una piena ed effettiva sovranità digitale in Europa, che significa difesa e valorizzazione dei « data corpora » culturali, sociali , scientifici ed economici comuni, si potrà avere una effettiva difesa dei nostri valori, e partecipare in piena autonomia e cooperazione allo sviluppo del nuovo scenario tecnologico mondiale. Solo cosi’ l’Europa potrà contribuire a costruire standard tecnologici globali condivisi, e non egemonicamente imposti in uno scenario multipolare, ma anche multilaterale.
[1] https://www.whitehouse.gov/wp-content/uploads/2025/07/Americas-AI-Action-Plan.pdf
[2] https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/xw/zyxw/202507/t20250729_11679232.html
[3] https://www.un.org/sites/un2.un.org/files/sotf-pact_for_the_future_adopted.pdf?_gl=1*udspof*_ga*ODQyNzA5NjczLjE3NTc4NDEyNDQ.*_ga_TK9BQL5X7Z*czE3NTc4NDEyNDQkbzEkZzAkdDE3NTc4NDEyNTAkajU0JGwwJGgw
[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Lysenkoismo
[5] https://www.eeas.europa.eu/eeas/come-rilanciare-il-multilateralismo-un-mondo-multipolare_it
[6] https://www.meetingrimini.org/trasformate-lo-scetticismo-in-azione-lintervento-di-mario-draghi-al-meeting/
[7] https://www.esa.int/About_Us/50_years_of_ESA/History_of_Europe_in_space
* L'autore ha scritto il libro “Intelligenza Artificiale Sociale”