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Robot umanoidi: perché la Cina sta superando gli Stati Uniti

Pechino accelera con investimenti strategici e tecniche avanzate come l’apprendimento per rinforzo. Gli Usa puntano su privati e intelligenza artificiale, ma senza una strategia nazionale rischiano di perdere terreno.

mercoledì 30 aprile 2025
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Si chiamano Adam, Iron e G1: sono i tre robot umanoidi cinesi che negli ultimi mesi hanno attirato l’attenzione di osservatori e analisti per i loro rapidi progressi nella locomozione umana e non solo. Tutti condividono un elemento fondamentale: l’apprendimento per rinforzo (o reinforced learning, Rl), una tecnica in cui il robot, invece di seguire istruzioni rigide, esplora l’ambiente, compie tentativi, riceve premi o penalità, e migliora di conseguenza il proprio comportamento. Iron è stato presentato alla recente Milano Design Week: è dotato di 60 articolazioni e 200 gradi di libertà, cioè movimenti indipendenti, che gli permettono di eseguire azioni fluide e precise, simili a quelle umane.

L'apprendimento per rinforzo rappresenta una delle chiavi vincenti nello sviluppo della robotica cinese: grazie a modelli sempre più performanti, le aziende del Dragone stanno consolidando la propria posizione nel mercato globale, rafforzando il ruolo della Cina nella competizione tecnologica con gli Stati Uniti. Come ha osservato l’Economist in una recente analisi, Pechino sta costruendo un ecosistema tecnologico competitivo e, nei prossimi anni, “potrebbe vincere la grande corsa agli automi”. Il successo cinese è attribuibile anche al piano “Made in China 2025”, che ha incentivato massicci investimenti pubblici e privati nel settore tecnologico. Il governo ha anche lanciato “Gewu”, una piattaforma open-source per l'addestramento di robot umanoidi, e aziende come Unitree Robotics e UBTech stanno emergendo come leader nel settore, con prodotti (come il robot G1) a costi relativamente bassi.

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Se la Cina avanza con una visione politica e industriale centralizzata, gli Stati Uniti puntano sull’iniziativa del settore privato. Nelle ultime settimane l’annuncio più roboante è arrivato, prevedibilmente, da Elon Musk. Durante una recente call, il fondatore di Tesla ha affermato di aspettarsi “migliaia” di robot Optimus già operativi nelle sue fabbriche entro la fine dell’anno. Musk ha inoltre previsto che entro il 2030, forse anche prima, ne saranno prodotti oltre un milione, aggiungendo che questi automi, nati come prototipi sperimentali, potranno diventare un giorno più redditizi delle stesse auto elettriche.

Anche le previsioni finanziarie sono abbastanza ottimistiche: Goldman Sachs valuta che il potenziale del mercato dei robot umanoidi possa valere 200 miliardi di dollari entro dieci anni, mentre Bank of America parla di tre miliardi di umanoidi nel mondo entro il 2060, ovvero uno ogni tre persone, impegnati in attività che spaziano dalle attività pericolose in fabbrica alla cura degli anziani.

Tuttavia le principali innovazioni americane restano affidate a poche realtà come Tesla, Boston Dynamics o Apptronik. Per questo motivo un gruppo di grandi aziende ha richiesto al Congresso statunitense l’adozione di una strategia nazionale per la robotica, sottolineando la necessità di supporto governativo per competere con la Cina.

Le imprese americane dominano ancora nel campo dell’intelligenza artificiale e dei semiconduttori, ma faticano a produrre su larga scala: costruire un robot negli Usa costa di più, e l’industria nazionale sconta l’assenza di una catena di fornitura fluida come quella cinese. E a Washington cresce il timore che il vantaggio degli Stati Uniti sull’AI si stia riducendo. Come ha ricordato il Guardian, “lo sviluppo dell'industria robotica cinese è strettamente legato ai progressi dell'intelligenza artificiale. Da anni, la Cina cerca di recuperare terreno rispetto agli Usa. Xi Jinping vuole guidare la crescita economica attraverso ‘nuove forze produttive di qualità’, un concetto che include tecnologie avanzate”. Un ottimismo che nel Paese si respira dallo scorso gennaio con il lancio di DeepSeek, il nuovo modello cinese di AI in grado di competere con le blasonate concorrenti americane. Ma la spinta non si limita ai laboratori: in Cina l'integrazione dell’intelligenza artificiale nei robot sta già trasformando settori come la logistica e la sorveglianza, con l’uso di droni per le consegne e robot umanoidi nei servizi pubblici.

Copertina: Aideal Hwa/unsplash