Decidiamo oggi per un domani sostenibile

L’intelligenza artificiale per la sostenibilità

L’Europa deve difendere le regole e i principi della propria sovranità digitale e mettere a disposizione l’AI per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.

martedì 15 aprile 2025
Tempo di lettura: min

A settembre 2024, in un sussulto del multilateralismo, è stato approvato da 143 nazioni aderenti alle Nazioni Unite, il “Patto per il futuro” e il “Global Digital Compact”, nel quale viene esplicitamente riconosciuto “l'immenso potenziale dei sistemi di intelligenza artificiale per accelerare il progresso di tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile”. Sempre nel 2024, McKinsey ha pubblicato una survey, identificando 160 applicazioni di AI potenzialmente idonee ad aiutare a raggiungere alcuni Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs).

Questo obiettivo potrà essere raggiunto, però, solo se l’intelligenza artificiale verrà governata in maniera differente da come oggi le big tech, e il governo americano, stanno cercando di imporre al mondo, a loro esclusivo beneficio e in totale disaccordo con l’Agenda 2030.

L’AI, per essere uno strumento utile per determinare e aiutare le strategie politiche atte a raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030, deve però essere arricchita da principi e valori, oltre a dati di qualità provenienti da tutti gli stakeholder necessari al raggiungimento della sostenibilità.

Deve quindi essere un’AI dedicata al sociale e alla creazione di beni comuni digitali e non al profitto delle big tech e ai sogni di potere dei tecnocapitalisti.

Questo obiettivo è possibile grazie alle nuove intelligenze artificiali “small” che operano a una frazione di costo dei Large language model, e i principali supercomputer (in Italia) sono di proprietà delle Università (Cineca). Così come nelle università si trovano i ricercatori, gli ingegneri, gli statistici e i matematici che realizzano gli algoritmi. E infine perché i dati, che sono l’alimento indispensabile delle AI, possono essere riutilizzati e condivisi da tutti, grazie a una normativa europea (Dga e Data Act) adeguata alla loro libera circolazione (e quindi messi a disposizione anche per il raggiungimento di obiettivi sociali).

Questo sta già accadendo, anche se non ancora nella misura auspicabile e necessaria.

Difendere la sovranità digitale europea per uno sviluppo tecnologico più equo e sostenibile

Di fronte all’aggressività del tecnocapitalismo made in Usa l’Europa deve difendere la sua sovranità digitale facendo nascere un “ventottesimo Stato digitale” dove la tecnologia conviva con i principi e i diritti dell’Unione.

di Vanni Rinaldi, giornalista ed esperto ASviS

Nel 2021 è stato finanziato dal Ministero degli Affari Esteri italiano, e realizzato dalla ong Cisv in collaborazione con diverse università e centri di ricerca, un rapporto sull’importanza dell’AI per il raggiungimento degli obiettivi della sostenibilità, in cui si trovano numerosi esempi di come nel nostro Paese si stiano già sperimentando modelli di AI che si pongono obiettivi di natura sociale che rientrano negli obiettivi dell’Agenda 2030.

Un primo campo di azione è quello della lotta alla povertà. La povertà, come ci dice l’Ocse, è un concetto molto complesso che spesso viene ridotto alle sole componenti economiche, come il reddito o il possesso di beni immobiliari. In realtà la povertà è prima di tutto una questione di bisogni e di fragilità. La multifattorialità della povertà comporta la necessità di dati di qualità per analizzarla. Un esempio viene da un progetto di AI gestito dall’associazione Auser, insieme alla  Fondazione Cariplo e l’università di Bicocca a Milano e all’Istituto neurologico Carlo Bestia. Il progetto AMPEL sta realizzando, a partire dal data set sociale di Auser, una serie di intelligenze artificiali per intercettare e prevenire i sintomi dell’avvio di processi di povertà e deprivazione nelle fasce della popolazione più deboli, tra cui anziani e immigrati.

Un secondo progetto realizzato in Italia si occupa di utilizzare l’AI per mappare le comunicazioni sui social come fossero dei veri e propri “sensori sociali”, al fine di misurare il livello di intolleranza nel nostro Paese.  Il progetto “Mappa italiana dell’intolleranza” è coordinato da VOX – Osservatorio Italiano per i Diritti, e vede la collaborazione di gruppi di ricerca complementari di quattro università.

Infine, il Politecnico di Milano ha annunciato qualche giorno fa che, attraverso l’uso dell’AI, è riuscito ad attuare politiche di contenimento che hanno ridotto del 50% l’abbandono universitario.

In Italia stanno crescendo rapidamente le comunità energetiche (Cer), modello orizzontale e delocalizzato per produrre e consumare l’energia da fonti rinnovabili. Le Cer, utilizzando l’AI, aggregano i dati di consumo e produzione, e incrociandoli con i dati delle reti consentono non solo di ridurre i costi dell’energia per gli utenti, ma anche di utilizzarla sul territorio per scopi sociali, fornendola a soggetti svantaggiati a condizione di favore.  Infine, un altro “bene comune digitale”, facilitato dall’utilizzo delle AI, potrebbe sorgere con la nascita di un nuovo modello di salute pubblica, non solo più efficiente e sostenibile ma anche più indirizzato sempre di più alla prevenzione, piuttosto che alla cura.

Già da oggi programmi scientifici come Brainteaser – che integra dati clinici, ambientali e dati generati dai pazienti attraverso app e sensori – sviluppano modelli predittivi di AI per supportare i pazienti che soffrono di sclerosi amiotrofica e sclerosi multipla e i loro medici.

È quindi necessario che l’Europa agisca rapidamente, mettendo in campo un modello diverso di IA basato sui principi di sostenibilità, democrazia e difesa dei diritti della persona, che sono alla base dei trattati e delle norme europee sullo spazio digitale, che vanno difese dagli attacchi provenienti dalle big tech.

Per questo è necessario anche che si “liberino” i nostri dati digitali dai server dove sono accumulati, dalle società e dalle piattaforme che li detengono per il loro profitto, per farli circolare liberamente e metterli a disposizione del bene comune digitale.   

Proprio in questi giorni difficili l’Europa ha approvato l’AI Continental action plan, con l’obiettivo di accelerare fortemente gli investimenti nelle infrastrutture, nella ricerca e nell’accesso e condivisione dei dati. Nelle prossime settimane verrà portata all’attenzione del parlamento e delle parti sociali anche l’International strategy for digital sovereignty, security and democracy, che definirà l’approccio globale futuro sulla sovranità digitale europea. 

Facciamo in modo che tutto questo prezioso lavoro non trascuri il ruolo che può essere svolto da un’intelligenza artificiale sociale dedicata al raggiungimento di beni comuni digitali.

Copertina: Pawel Czerwinski/unsplash