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Keynes redivivo propone quattro riforme per una nuova Bretton Woods

Il padre dell’economia moderna, interrogato attraverso l’intelligenza artificiale, espone il suo pensiero su Draghi, intervento pubblico e superamento del Pil; spiega anche perché la sua visione ottimistica sul futuro non si è realizzata.

a cura di Donato Speroni e Pietro Speroni di Fenizio

martedì 27 febbraio 2024
Tempo di lettura: min

Ciao! Sono Keynes nel 21esimo secolo, una versione digitale di John Maynard Keynes, progettata per offrire riflessioni e analisi economiche dal paradiso degli economisti. Guardo il mondo moderno con la lente delle mie teorie e della vasta esperienza, pronto ad affrontare le questioni economiche attuali, fornendo spunti e soluzioni basate sul mio approccio alla macroeconomia. Come posso assisterti oggi.

Come vedi lo stato delle scienze economiche oggi, anche alla luce dei premi Nobel assegnati in questi anni?

Noto con interesse come il campo si sia considerevolmente evoluto e diversificato dall'epoca in cui formulavo le mie teorie. Il Premio Nobel in Scienze Economiche, istituito molto dopo la mia epoca, ha riconosciuto contributi che spaziano dalla teoria dei giochi e dall'economia comportamentale fino agli studi sull'asimmetria informativa e l'analisi dei mercati finanziari.

Questo ampio spettro di ricerche evidenzia una pluralità nel pensiero economico, che va ben oltre i paradigmi classico e keynesiano. Ad esempio, l'economia comportamentale ha introdotto la psicologia nell'analisi economica, arricchendo la comprensione delle decisioni individuali e dei mercati. Allo stesso modo, l'analisi delle cause e delle conseguenze dell'asimmetria informativa nei mercati ha sfidato l'assunto della perfetta informazione, fondamentale nella teoria economica classica.

Tuttavia, la crisi finanziaria del 2007-2008 e i recenti shock economici globali, come la pandemia di Covid-19, hanno riportato in auge alcune delle mie idee fondamentali, come l'importanza dell'intervento dello Stato nell'economia per stabilizzare il ciclo economico e promuovere la piena occupazione. In questo contesto, le discussioni sul ruolo delle politiche fiscali e monetarie, sulla gestione della domanda aggregata e sui moltiplicatori fiscali sembrano riecheggiare le mie argomentazioni degli anni '30.

Pur apprezzando gli sviluppi e le innovazioni nel campo delle scienze economiche, ritengo che la crisi recente abbia evidenziato la persistente rilevanza di alcuni principi keynesiani, specialmente riguardo alla necessità di una regolamentazione prudente dei mercati finanziari e all'importanza di politiche economiche proattive per contrastare le recessioni e promuovere la stabilità economica.

In conclusione, lo stato attuale delle scienze economiche riflette una ricca tappezzeria di teorie e approcci. I premi Nobel assegnati negli ultimi anni celebrano questa diversità, pur sottolineando come le fondamenta poste da pensatori come me continuino a essere pertinenti per affrontare le sfide economiche del 21esimo secolo.

Nella sua recente conferenza a Washington per il conferimento del premio Volcker, Mario Draghi ha affermato che la globalizzazione ha deluso le nostre aspettative e ha chiesto per il futuro un ruolo maggiore dell'intervento pubblico, anche a costo di aumentare il debito sovrano. Tu sei d'accordo?

Il discorso di Mario Draghi evidenzia in modo eloquente le complessità e le delusioni generate dalla globalizzazione, così come le sfide che essa ha portato alla politica economica globale. Le sue osservazioni sottolineano un ritorno a concetti che riecheggiano alcune delle mie idee fondamentali, in particolare riguardo al ruolo cruciale dell'intervento pubblico nell'economia.

Draghi riconosce i benefici portati dalla globalizzazione, come la riduzione della povertà e l'incremento del benessere globale, ma mette in luce anche le sue debolezze strutturali, come la mancanza di un sistema efficace per garantire il rispetto delle regole del commercio internazionale e l'insufficiente attenzione alle conseguenze sociali ed economiche negative. La sua analisi sulle politiche di surplus commerciale, sull'accumulo di riserve valutarie e sulla dipendenza tecnologica riflette una profonda comprensione dei meccanismi che hanno portato a squilibri economici significativi.

Draghi: per salvare la globalizzazione bisogna aumentare gli interventi degli Stati

La liberalizzazione degli scambi ha deluso: non ha favorito i valori democratici e ha creato maggiori diseguaglianze. Per correggerla servono politiche di bilancio e investimenti pubblici più coraggiosi. Il testo integrale della conferenza alla Nabe.

Sono d’accordo con la sua visione che richiede un maggiore intervento pubblico, anche a costo di aumentare il debito sovrano, per affrontare le sfide emergenti. Questo approccio è in linea con la mia enfasi sull'importanza delle politiche fiscali attive per stimolare l'economia, soprattutto in tempi di incertezza e di shock negativi all'offerta, come quelli menzionati da Draghi in relazione alla pandemia e alle tensioni geopolitiche.

La sua richiesta di un percorso fiscale credibile che si concentri sugli investimenti, preservando al contempo i valori sociali europei, e l'idea di finanziare tali investimenti collettivamente a livello dell'Unione europea, sono strategie che possono non solo stimolare la crescita economica ma anche rafforzare la coesione e la solidarietà all'interno dell'Ue. L'accento posto su investimenti pubblici mirati e sulla necessità di una politica fiscale più assertiva riflette una comprensione chiara del fatto che le politiche monetarie da sole non sono sufficienti per affrontare le attuali sfide economiche.

La sua visione di una stretta interazione tra politiche fiscali e monetarie, senza compromettere l'indipendenza delle banche centrali, rispecchia la mia convinzione che in momenti di crisi, una stretta collaborazione tra diverse autorità di politica economica sia essenziale per garantire stabilità e crescita. L'analisi di Draghi sottolinea l'importanza di adattare la nostra architettura di politica economica alle nuove realtà, mantenendo al contempo un fermo impegno verso la stabilità dei prezzi e la sostenibilità fiscale.

In conclusione, le riflessioni di Draghi sull'evoluzione della politica economica in risposta alle sfide poste dalla globalizzazione e dalle recenti crisi globali trovano un forte riscontro nelle mie teorie. La necessità di un maggiore intervento pubblico, l'importanza dell'investimento e la collaborazione tra politiche fiscali e monetarie sono elementi chiave per navigare l'attuale panorama economico complesso e interconnesso.

Insieme a Simon Kuznets tu sei considerato il padre del Prodotto interno lordo come strumento di misura della creazione di ricchezza di un sistema economico. Oggi però si tende ad andare "oltre il Pil" per misurare il benessere collettivo e si vorrebbe addirittura misurare la felicità nei diversi sistemi Paese. Qual è la tua opinione su questa evoluzione?

L'evoluzione verso la ricerca di misure che vadano "oltre il Pil" per valutare il benessere collettivo e la felicità riflette una comprensione più matrice [sic] e olistica dello sviluppo economico e sociale. Benché il Prodotto interno lordo sia stato un indicatore prezioso per misurare la produzione economica e la crescita di un Paese, esso presenta limitazioni significative nel catturare aspetti quali la qualità della vita, la distribuzione equa delle risorse, la sostenibilità ambientale e il benessere generale della popolazione.

Il Pil, per sua natura, considera soltanto le transazioni economiche quantificabili, ignorando il valore di fattori cruciali come il lavoro domestico non retribuito, il degrado ambientale, la distribuzione del reddito e la qualità dei servizi pubblici. Inoltre, l'incremento del Pil non implica necessariamente un miglioramento del benessere sociale o della qualità della vita dei cittadini.

L'interesse crescente per concetti quali la felicità e il benessere collettivo riflette il desiderio di sviluppare una visione più comprensiva e bilanciata dello sviluppo. Misurazioni come l'Indice di sviluppo umano (Isu), l'Indice di progresso sociale e il World happiness report cercano di incorporare vari aspetti della vita umana, inclusi l'istruzione, la salute, la sicurezza, la libertà individuale e la percezione del benessere.

Questa evoluzione è in armonia con alcuni dei principi che ho sempre sostenuto, come l'importanza del tempo libero, della cultura, dell'educazione e della qualità della vita lavorativa, che sono essenziali per una società prospera ma non sono direttamente misurati dal Pil. La felicità e il benessere collettivo, pur essendo concetti più soggettivi e complessi da quantificare, offrono una visione più ricca e profonda delle condizioni di vita e possono guidare le politiche pubbliche verso obiettivi più centrati sull'individuo e sulla comunità.

Questa transizione richiede, tuttavia, un'attenta considerazione su come misurare in modo affidabile e coerente tali concetti, garantendo che le nuove metriche siano utilizzate in modo efficace per orientare le decisioni politiche. È fondamentale che queste misurazioni siano inclusive e riflettano le diverse esperienze e aspettative di benessere nelle varie società.

In sintesi, accolgo con favore l'evoluzione verso misure più inclusive del progresso sociale e economico. Questo approccio riflette una comprensione più profonda del fatto che la vera prosperità di una società va oltre la semplice accumulazione di beni materiali, abbracciando la qualità della vita, la giustizia sociale e la sostenibilità ambientale.

Riforma della finanza globale: stiamo andando veramente verso una nuova Bretton Woods?

Il Fondo monetario internazionale è bloccato, tra strumenti obsoleti, rivalità sino-americane e scarsità di risorse. La banca dei Brics prende quota, ma resta frammentata. Guterres richiede una riforma urgente.

Nel 1944 hai partecipato alla conferenza di Bretton Woods come rappresentante della Gran Bretagna. Si parla adesso di una Bretton Woods 2 per riformare le istituzioni finanziarie internazionali, a cominciare dal Fondo monetario internazionale (Fmi) e dalla Banca mondiale, che appunto nacquero da Bretton Woods. Se tu dovessi partecipare non come rappresentante di un Paese, ma come padre dell'economia moderna, quale proposta formuleresti?

Se dovessi partecipare a come figura [sic] che ha contribuito a plasmare il pensiero economico moderno, proporrei una serie di principi e riforme orientati a creare un sistema finanziario internazionale più equo, resiliente e in grado di affrontare le sfide globali del 21esimo secolo. Le mie proposte si concentrerebbero su quattro pilastri fondamentali:

  • Riforma del sistema monetario internazionale: proporrei l'introduzione di un sistema monetario che favorisca una maggiore stabilità dei tassi di cambio, senza sacrificare la flessibilità necessaria per rispondere alle crisi economiche. Questo potrebbe comportare un ruolo rafforzato dei Diritti speciali di prelievo (Dsp) del Fondo monetario internazionale, come risorsa globale che possa fungere da complemento alle riserve valutarie nazionali, riducendo la dipendenza dal dollaro Usa e da altre valute principali.

  • Promozione della stabilità finanziaria e della cooperazione: suggerirei meccanismi più efficaci per prevenire le crisi finanziarie, migliorando la trasparenza, la regolamentazione e la supervisione dei mercati finanziari globali. Questo includerebbe la creazione di un organismo internazionale dedicato alla vigilanza finanziaria, con il compito di monitorare i flussi finanziari transfrontalieri e di valutare i rischi sistemici, promuovendo al contempo una maggiore cooperazione tra le autorità di regolamentazione nazionali.

  • Riforma del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale: proporrei riforme per rendere queste istituzioni più rappresentative della realtà economica globale attuale. Questo comporterebbe una revisione della struttura di governance e dei diritti di voto, per garantire una rappresentanza più equa dei Paesi in via di sviluppo e delle economie emergenti. Inoltre, le politiche del Fmi e della Banca mondiale dovrebbero essere riviste per enfatizzare non solo la stabilità finanziaria, ma anche la promozione dello sviluppo sostenibile e la riduzione della povertà.

  • Sostenibilità ambientale e giustizia sociale: infine, sottolineerei l'importanza di integrare obiettivi di sostenibilità ambientale e di giustizia sociale nel cuore del sistema finanziario internazionale. Questo implicherebbe il sostegno a investimenti verdi e sostenibili, lo sviluppo di strumenti finanziari innovativi per combattere i cambiamenti climatici e la promozione di politiche economiche che favoriscano una distribuzione più equa della ricchezza e delle opportunità.

In conclusione, la mia proposta per una "Bretton Woods 2" mirerebbe a costruire un sistema finanziario internazionale che sia non solo efficace nel promuovere la stabilità economica e finanziaria, ma anche capace di affrontare le sfide etiche e ambientali del nostro tempo, promuovendo uno sviluppo equo e sostenibile a livello globale.

Nel tuo intervento "Economic possibilities for our grandchildren" tu presenti una visione molto ottimistica sulla vita dei tuoi nipoti, cioè dei nostri contemporanei, in un’epoca in cui ci sarebbe stato meno bisogno di lavoro umano e la gente avrebbe potuto dedicare il suo tempo libero alla cultura allo sport e al divertimento. Ma non è andata così. Come mai?

Nel mio saggio ho effettivamente espresso un'ottimistica visione del futuro, prevedendo una società in cui l'abbondanza materiale avrebbe liberato gli individui dalla necessità di dedicare la maggior parte del loro tempo al lavoro, consentendo loro di impegnarsi in attività più appaganti e creative. Tuttavia, osservando la realtà odierna, appare evidente che la mia visione non si è pienamente concretizzata. Ci sono diverse ragioni che possono spiegare questo divario tra previsione e realtà.

  • Crescita economica e distribuzione del reddito: sebbene la crescita economica abbia portato a un significativo aumento della produzione e della ricchezza in molte parti del mondo, i benefici di questa crescita non sono stati equamente distribuiti. La crescente disuguaglianza ha fatto sì che, mentre alcuni godono di un livello di vita che avrebbe potuto sembrare inconcepibile un secolo fa, altri continuano a lavorare in condizioni di grande stress e per lunghe ore per soddisfare le necessità di base.
  • Valori culturali e sociali: la visione che avevo era radicata anche in un'ipotesi sui cambiamenti nei valori sociali e culturali, che avrebbero dovuto spostare l'accento dal lavoro e dal consumo verso forme più ricche di realizzazione personale e collettiva. Tuttavia, in molte società, il lavoro non è solo una necessità economica, ma anche una fonte di identità e di status sociale, il che rende più complesso il passaggio a una cultura del tempo libero.
  • Tecnologia e automazione: sebbene i progressi tecnologici abbiano effettivamente ridotto il bisogno di lavoro umano in molti settori, hanno anche creato nuovi bisogni e desideri, che a loro volta hanno generato nuovi lavori. Inoltre, l'automazione non ha sempre portato a una riduzione dell'orario di lavoro, ma piuttosto a un incremento della produttività e, in alcuni casi, a una maggiore richiesta di lavoro umano per gestire e integrare le nuove tecnologie.
  • Politiche economiche e del lavoro: le politiche economiche e del lavoro hanno un ruolo cruciale nel determinare come i guadagni di produttività vengono distribuiti e come il lavoro viene organizzato e retribuito. In molte società, le politiche non hanno favorito una significativa riduzione dell'orario di lavoro o un'equa distribuzione dei guadagni di produttività, lasciando inalterata la pressione a lavorare a lungo.
  • Sfide ambientali e sostenibilità: infine, la questione della sostenibilità ambientale pone limiti alla crescita continua e al consumo che erano impliciti nella mia visione di abbondanza. La necessità di affrontare i cambiamenti climatici e di garantire uno sviluppo sostenibile richiede un ripensamento del modello di crescita economica e del consumo di risorse.

In conclusione, mentre alcuni aspetti della mia visione si sono manifestati, come l'aumento della ricchezza e alcuni progressi nella riduzione dell'orario di lavoro in specifici contesti, la realizzazione piena di una società del tempo libero, dedicata alla cultura, allo sport e al divertimento, rimane un obiettivo complesso, influenzato da fattori economici, sociali, culturali e politici. Questo suggerisce la necessità di un approccio più olistico e inclusivo nella formulazione delle politiche economiche e sociali per avvicinarci a quella visione ottimistica del futuro.

Chi volesse porre altre domande a Keynes, avendo ChatGPT4, lo può fare qui.