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La crisi idrica del 2022 è il segnale di un futuro difficile

La crescente domanda per le risorse idriche e le conseguenze dei cambiamenti climatici rendono l’acqua un bene sempre più scarso, con effetti geopolitici, sociali ed economici di grande rilevanza.

mercoledì 14 settembre 2022
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Il report “Risorse idriche in Europa – Affrontare lo stress idrico: una valutazione aggiornata” pubblicato nel 2021 dall’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) afferma che ogni anno il 20% del territorio europeo e il 30% dei suoi abitanti sono soggetti a stress idrico, una condizione, temporanea o prolungata, in cui l’acqua a disposizione non permette di soddisfare la domanda locale. La situazione, si legge nel rapporto, potrebbe aggravarsi nei prossimi anni, anche a causa delle conseguenze della crisi climatica.

Pochi mesi dopo la pubblicazione del documento, le scarse precipitazioni e le temperature anomale hanno provocato una siccità diffusa in quasi tutti i Paesi dell’Unione europea: secondo le stime dell’Osservatorio europeo sulla siccità (Edo), ad agosto del 2022, il 60% del territorio europeo si trovava in condizioni critiche o estremamente critiche a causa della siccità.

Non è solo l’Europa ad aver vissuto, finora, un anno particolarmente siccitoso: una situazione simile si è verificata anche negli Stati Uniti, nei Paesi del Nord Africa e in Cina. Altri Paesi, come la Corea del Sud e il Pakistan, sono stati invece colpiti da forti alluvioni. In Pakistan la situazione è particolarmente grave: un periodo di ondate di calore è stato seguito da cicli di monsoni intensi che hanno provocato inondazioni, causando la morte di oltre mille persone e lasciando milioni di cittadini sfollati.

La siccità, le alluvioni e le tempeste, sono gli eventi estremi che causano il maggior numero di morti ogni anno e la loro diffusione è destinata ad aumentare: secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), nei prossimi 30 anni il 20% della popolazione mondiale sarà soggetto a disastri legati all’acqua. Il costo dei danni provocati da questi eventi si aggira intorno ai 500 miliardi di dollari all’anno.

La crisi climatica sta modificando la frequenza e l’intensità delle precipitazioni, influendo sulla quantità di acqua disponibile, e sui periodi di siccità: l’Ocse stima che nel 2050 il 40% della popolazione mondiale vivrà in zone ad alto livello di stress idrico. L’incertezza dei cambiamenti climatici rende, inoltre, difficile programmare politiche per la gestione idrica basandosi sui dati relativi agli andamenti storici delle precipitazioni.

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L’acqua, una risorsa preziosa e scarsa. La Terra è ricoperta da acqua, ma il 97,5% è acqua salata e il 2% è acqua dolce racchiusa nei ghiacciai dei poli. Meno dell’1% è acqua dolce liquida, utilizzabile per la sopravvivenza e le attività dell’essere umano, di cui il 99% si trova sottoterra. La sua estrazione richiede investimenti economici, per la costruzione dei pozzi e dei sistemi di pompaggio, e aumenta i rischi di sprofondamento del suolo, causando danni alle abitazioni e alle infrastrutture. La crescita del ritmo di estrazione dell’acqua sotterranea dalle falde acquifere, formatesi nell’arco di migliaia di anni, compromette, inoltre, la sostenibilità di questa pratica nel lungo periodo.

Serve sempre più acqua. L’acqua è fondamentale non solo per la sopravvivenza dell’uomo e delle altre specie viventi, ma anche per tutte le attività economiche. L’Ocse stima che entro il 2050 il consumo di acqua aumenterà del 55% rispetto ai livelli del 2000 a causa della crescita della domanda di risorse idriche per le industrie, per la produzione di energia elettrica e per usi domestici.

Si conferma la crescita rilevata negli ultimi anni: secondo le Nazioni unite nel 1990 il prelievo globale di acqua dolce era di circa 600 chilometri cubiall’anno, mentre nel 2017 la cifra era aumentata a 3880 chilometri cubi.

Il consumo di acqua non è, tuttavia, equamente distribuito: nel mondo ci sono ancora 2,1 miliardi di persone che non hanno accesso diretto a servizi di acqua potabile. L’Ocse stima che per garantire a tutta la popolazione mondiale accesso all’acqua potabile a prezzi sostenibili entro il 2030, gli investimenti dovrebbero triplicare.

Le ripercussioni delle crisi idriche. L’agricoltura, settore a cui è destinato circa il 70% dell’acqua consumata a livello globale ogni anno, è particolarmente colpita dalla carenza idrica. Secondo l’Ocse, tra il 2008 e il 2018, ad esempio, la siccità è stata la causa principale della diminuzione delle rendite delle coltivazioni e degli allevamenti nei Paesi meno sviluppati e a basso e medio reddito, con danni economici pari a 37 miliardi di dollari. Una efficace gestione delle risorse idriche risulta quindi fondamentale per lo sviluppo sociale ed economico dei Paesi del Sud del mondo.

Gli effetti della scarsità idrica sull’agricoltura nel 2022 sono diventati evidenti anche in Europa: il bollettino Mars realizzato dal Joint research center dell’Unione europea, ad esempio, stima che la siccità dell’estate del 2022 causerà una diminuzione della resa del mais del 16% inferiore rispetto alla media su cinque anni.

La siccità ha, inoltre, ripercussioni anche sul settore energetico. In Italia, ad esempio, le scarse precipitazioni nei mesi autunnali e invernali tra il 2021 e il 2022 hanno portato, già all’inizio della primavera del 2022, alla chiusura di alcune centrali idroelettriche.

Conseguenze simili si sono verificate nella Repubblica popolare cinese: la siccità ha ridotto la portata di alcuni fiumi, tra cui lo Yangtze, e ha compromesso la produzione di energia idroelettrica. Nel Sichuan, una regione nel centro ovest della Cina la cui produzione di energia dipende per l’80% dall’idroelettrico, le forniture di energia elettrica alle aziende sono state razionate.

Accaparramento idrico. L’aumento della domanda e la riduzione dell’acqua liquida a disposizione contribuiscono ai fenomeni di accaparramento idrico, in cui attori potenti, statali o privati, si assicurano il controllo sulle risorse idriche, sottraendole alle comunità locali. È il caso, ad esempio, di quanto accaduto al lago Aral, un ampio lago salato situato al confine tra Uzbekistan e Kazakistan. A partire dagli anni ’60 l’Unione sovietica ha deviato il corso dei fiumi affluenti per favorire la coltivazione di cotone e riso, contribuendo al progressivo prosciugamento del lago Aral, allo sconvolgimento degli ecosistemi e all’impoverimento dell’economia locale.

Un altro esempio riguarda il fiume Mekong che scorre tra Cina, Birmania, Laos, Cambogia e Vietnam. È il dodicesimo fiume al mondo per lunghezza, il più importante nel Sud-Est asiatico, e garantisce la sopravvivenza di milioni di persone. Negli ultimi anni, tuttavia, per fronteggiare una crescente domanda di elettricità nei Paesi asiatici, sono state costruite numerose dighe, finanziate prevalentemente dalla Cina, per sfruttare la potenza del fiume. Le dighe, però, alterano la portata del Mekong, causando profonde ricadute ambientali, sociali ed economiche: le popolazioni locali sono state costrette, in alcuni casi, ad abbandonare i propri territori e la loro economia, basata sull’agricoltura e sulla pesca, si è impoverita.

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Il controllo del meteo è il futuro? Alcuni Paesi hanno iniziato a investire per sviluppare strumenti di controllo del meteo, per poter favorire le precipitazioni e mitigare gli effetti della crisi climatica. Tra le tecniche più diffuse c’è il cloud seeding, letteralmente inseminazione delle nuvole: questa pratica utilizza getti di ioduro d’argento per aumentare le probabilità delle precipitazioni nelle nuvole.

Gli Emirati arabi uniti sono tra i Paesi che hanno maggiormente investito in programmi di controllo del meteo: l’interesse è dato dalle scarse precipitazioni, che ammontano a circa cento millimetri ogni anno, e all’aumento della domanda di risorse idriche per la crescita demografica e del settore turistico.

Anche la Repubblica popolare cinese ha annunciato qualche anno fa maggiori fondi per la ricerca e lo sviluppo di queste tecniche: nel Paese, finora, gli strumenti di cloud seeding sono stati usati principalmente in occasione di anniversari e vertici importanti per rendere più limpidi il cielo.

L’utilizzo di queste tecniche pone interrogativi sul lato ambientale e geopolitico. Il controllo del meteo, se risulterà efficace, potrebbe diventare un nuovo modo di accaparrarsi le risorse idriche e riflettersi sulle relazioni fra Paesi confinanti.