Dobbiamo uscire dal presentismo e aprirci alla molteplicità dei “futuri possibili”
Una raccolta di saggi e racconti curata da Alberto Robiati per stimolare la capacità di visione, previsione e programmazione sul lungo periodo. Saracco, rettore PoliTo: “L’Italia si doti di un Centro di futures & foresight al servizio del governo del Paese”.
di Flavio Natale
“Gli antropologi definiscono ‘cultural gap’ quella dimensione in cui alcuni vivono in una società cambiata agendo come se fossero ancora in quella precedente”. Queste parole di Alberto Robiati, direttore di ForwardTo e della Foresight academy del Cottino social impact campus nell’introduzione al volume “Moltiplicare i futuri possibili. Teorie, prassi e finzioni”, pubblicato a marzo 2023 da Luca Sossella editore e curato da Robiati stesso, racchiudono in breve il nucleo, anzi il casus belli, alla base di questa raccolta di saggi e racconti.
Viviamo in una società in cui, nonostante il futuro sempre più accelerato, le azioni che si compiono sono spesso dettate dalle imminenze (ed emergenze) del momento, secondo il principio dello short termism, ovvero l’abitudine a occuparsi di ciò che accade nel breve periodo senza elaborare piani o previsioni per il lungo. Questo genere di politiche è in grado di tamponare problemi contingenti (ad esempio un’alluvione) senza però elaborare programmi – come quelle di adattamento ai cambiamenti climatici – per evitare che gli stessi problemi si ripropongano in futuro.
È necessario dunque reimpostare e attualizzare i nostri “sistemi di conoscenza”, per uscire dal “presentismo” e proiettarci verso una “molteplicità di futuri”: ma come?
Un futuro che ci inquieta
“Viviamo tempi accelerati e indecifrabili, che richiederebbero una guida capace di compiere la transizione verso l’avvenire. Invece il futuro ci inquieta”. Secondo Robiati, nel nostro presente aleggiano vari spettri – quello della guerra nucleare, della crisi energetica, dell’instabilità geopolitica, dell’emergenza sanitaria, della catastrofe ambientale, dell’automazione massiva e delle disuguaglianze sociali – spettri che smontano le nostre certezze e rendono desueti i sistemi di interpretazione della realtà, mettendo in crisi la “pretesa di certezza” che ci ha accompagnato per moltissimi anni.
Dunque ci chiediamo: cosa ci aspetta? Una domanda che può portare a due risposte: da un lato la paralisi, generata dall’imprevedibilità degli eventi, dal caos delle infinite possibilità, dalla difficoltà di elaborare previsioni. Dall’altro l’opzione di usare il futuro “come uno strumento per orientare e sostenere le nostre scelte di oggi, con lo sguardo rivolto agli impatti che esse produrranno”. Dunque applicarsi con un atteggiamento attivo e propositivo, costruttivo e dinamico e soprattutto creativo: “Dopotutto il futuro è anche il territorio del progetto, del desiderio, del sogno e della speranza”, dice Robiati. “Possiamo attingere ad abilità tipicamente umane come l’immaginazione e la creatività per nutrire visioni di mondi possibili ed elaborare ‘storie di domani’ in grado di prefigurare ciò che potrebbe realizzarsi. Oppure ciò che vorremmo fare accadere”. Non quindi “predire il futuro” ma muoversi nella molteplicità, “nel mondo indefinito delle possibilità”, per esplorare scenari alternativi “allo scopo di agire oggi con la responsabilità delle implicazioni future”.
Teorie, prassi e finzioni
Bisogna dunque aggiornare le nostre “competenze di guida”, ripensare i percorsi di formazione, richiedere leadership lungimiranti, cogliere i segnali di trasformazione e anche “tollerare l’incertezza, la casualità, le differenze”, non lasciandosi spaventare dal conflitto cognitivo ma anzi favorendo l’intersezione tra discipline. Ed è proprio questo l’obiettivo che gli autori e le autrici di questo libro sono riusciti a raggiungere. Il volume, articolato in tre sezioni (teorie, prassi e finzioni) accoglie i contributi più disparati, dalla “governance a prova di futuro” di Filippo Barbera alla creazione di una “mentalità orientata al futuro” (Roby Parissi), dallo studio dei megatrend (Roberto Paura) alla formazione di “immagini di futuro” con Irene Coletto, dal futuro nel cinema e nei videogiochi (Gianmarco Thierry Giuliana) alla scuola dei prossimi anni (Cristina Bertazzoni), dal futuro delle fiction (Filippo Losito) a quello della comicità (Stefano Gorno). Ma si parla anche del settore museale (Damiano Aliprandi), delle città di domani (Claudio Marciano), di agritech 4.0 (Alessandro Leonardi), di cibo del futuro (Stefano Colmo), di forme di turismo emergente (Beppe Castellucci), di giovani e cambiamento demografico (Francesca Fattorini) e di sviluppo delle imprese (Cinzia Battistella). Infine, nel capitolo dedicato alle finzioni, c’è spazio per il “design del 2031” (Carmen Bruno, Marita Canina, Fabio Ceoloni, Giulia Contini e Francesca Zeccara), l’alfabetizzazione dei futuri attraverso il gaming (Domenico Morreale) oltre a tre diversi racconti di narrativa, scritti rispettivamente da Gabriele Manzi, Iride Lucrezia Rosso e Alessandro Spoto.
C’è quindi bisogno di cominciare a pensare il futuro in maniera diversa. Ma per farlo servono anche i contesti e gli investimenti giusti. Per questo sia Robiati che Guido Saracco, rettore del Politecnico di Torino e autore della premessa al volume, sottolineano la necessità di dotarsi di una struttura nazionale di studi sul futuro adeguata, presente già da anni in altri Stati: “È urgente che l’Italia si doti di un Centro di futures & foresight al servizio del governo del Paese, perché possa adottare scelte strategiche informate”, scrive Saracco nella premessa. “Di fronte alle sfide epocali e alla velocità dei cambiamenti che il nostro Paese si trova e si troverà ad affrontare nei prossimi anni è fondamentale migliorare la capacità di visione, previsione e programmazione di lungo termine da parte di attori pubblici e privati”.
Questo “libro polifonico” compie un primo passo in questa direzione, fornendo a lettori e lettrici gli strumenti teorici, pratici e finzionali per esplorare gli scenari futuri e “moltiplicarli”.