Intervista a Roberto Paura: immaginare le città del futuro con i Digital twin
Come cambiare il quartiere dove viviamo? Il presidente dell'Italian institute for the future parla di rigenerazione urbana e di come la realtà virtuale possa supportare il rinnovamento delle città.
a cura di Roberto Poli, presidente Afi
Dimmi qualcosa di te e perché sei diventato futurista
Sono presidente dell’Italian Institute for the Future e socio fondatore dell’Associazione dei Futuristi Italiani. Ho iniziato ad avvicinarmi agli studi sul futuro durante la mia precedente attività nell’ambito della comunicazione della scienza, collaborando all’organizzazione della manifestazione annuale “Futuro Remoto” a Napoli. Sentendo l’esigenza di uno studio più sistematico delle grandi trasformazioni in corso, ho scoperto l’esistenza dei futures studies e mi sono convinto della necessità di promuoverne la diffusione in Italia, fondando nel 2013 l’Italian institute for the future.
Quale esperienza mi puoi raccontare?
Lavorare come futurista richiede sempre più spesso lavorare con i “futuri desiderati” piuttosto che con futuri che sono mere proiezioni del presente. Ciò è tanto più vero in ambito di progettazione urbana, dove da sempre lo scenario preferibile rappresenta il punto d’avvio delle riflessioni progettuali. Come vogliamo che siano le città del futuro? Come vorremmo cambiare il quartiere dove viviamo? Che destinazione d’uso vorremmo dare a un bene immobile da riqualificare? La progettazione partecipata da tempo impiega strumenti e metodi che ritroviamo anche nella previsione strategica, come l’Open space technology o la Charrette, e può essere integrata da altri metodi propri del foresight, come i Future workshop o lo Scenario planning. Ma una delle questioni che all’Italian institute for the future ci siamo posti frequentemente è come rendere questi scenari desiderati più realistici, tangibili e immersivi. Le tecniche dello Speculative design, che utilizziamo nelle attività con il nostro Speculative design hub, vanno certamente in questa direzione; tuttavia, la rivoluzione rappresentata dalle nuove soluzioni di realtà virtuale attraverso visori sempre più performanti e il nuovo framework del metaverso, che si basa sull’idea di poter costruire mondi virtuali ad altissima fedeltà rispetto al mondo reale, ci ha spinti a esplorare anche questa possibilità. Così, quando nel 2020 abbiamo deciso di rispondere a un bando lanciato dal Comune di Napoli per il finanziamento di progetti di innovazione sociale (“iQ – i Quartieri dell’innovazione”), subito abbiamo pensato alla possibilità di proporre una sperimentazione di questo tipo. Con il progetto Napoli foresight center, risultato poi vincitore agli inizi del 2022, l’obiettivo primario che ci siamo posti è stato quello di creare un vero e proprio laboratorio per progetti di rigenerazione urbana in realtà virtuale al supporto della pianificazione urbanistica tradizionale.
Come si è svolto il progetto e quali risultati avete ottenuto?
Il laboratorio ha dato vita al Digital twin lab, un esperimento che durante lo scorso anno ha visto coinvolti 10 giovani cittadini campani coordinati da uno dei principali esperti italiani di design in 3D per progettare un Digital Twin, ossia un gemello digitale, di una porzione del quartiere di San Giovanni a Teduccio nella periferia est di Napoli. Non però una copia digitale dell’esistente, secondo il tradizionale approccio fin qui perseguito dagli Urban digital twin; ma una sua versione desiderabile, a partire dai bisogni e dalle aspirazioni della comunità locale. Una delle tappe preliminari del laboratorio di progettazione in 3D è stato infatti il workshop CityLab2050, che ha coinvolto un gruppo di cittadine e cittadini di Napoli e di esperti di futuro e innovazione per costruire insieme lo scenario preferibile per la città al 2050, attraverso un’applicazione “geo-localizzata” del metodo “Tre orizzonti”, uno dei più tipici metodi per la costruzione di scenari desiderabili. Questa variante prevede di svolgere ciascuna delle tre fasi (Orizzonte 1: business as usual; Orizzonte 3: futuro preferibile; Orizzonte 2: trasformazione) utilizzando una mappa della città anziché la classica chart, e inserendo i diversi input dei partecipanti in corrispondenza delle aree della città oggetto di analisi o proposte di trasformazione. Così delineato, lo scenario di Napoli al 2050 ha rappresentato l’orizzonte ideale a cui far riferimento per l’attività del Digital twin lab. La scelta di destinare l’area dell’ex depuratore di San Giovanni a Teduccio – oggetto d’attenzione da parte del Comune di Napoli per un’operazione di trasformazione urbana nell’ambito della realizzazione del nuovo lungomare dell’area est – a parco pubblico e la definizione delle destinazioni d’uso dei diversi lotti del parco (acquario, spiaggia, campi da tennis, pista ciclabile, coworking ecc.) deriva infatti dagli spunti emersi in fase di discussione pubblica, e coglie le richieste per una maggiore presenza di verde in città insieme all’esigenza di spazi di aggregazione e di intrattenimento innovativi per le nuove generazioni e per quelle che verranno. In questo modo è stato costruito il progetto NaOasi, un ambiente 3D che a partire dalla visualizzazione satellitare su Google maps dell’attuale area dell’ex depuratore di San Giovanni permette all’utente di muoversi in un ambiente di 26mila metri quadri ed esplorare le scelte urbanistiche ipotizzate dai partecipanti del Digital twin lab.
Quali difficoltà avete incontrato?
L’uso di queste tecnologie genera facili entusiasmi, ma molto più complesso è da un lato padroneggiare gli strumenti per sviluppare ambienti in 3D, dall’altro come fruitori andare oltre l’hype e fare dei Digital twin un mezzo per una reale trasformazione del presente. Quindi si è trattato di trovare persone competenti nel settore, giovani disposti a spendere tempo per formarsi, cittadini interessati a contribuire con le loro idee. Poi il contatto con le istituzioni (che pure finanziano il progetto) è stato finora episodico.
Ci saranno ulteriori sviluppi del progetto?
Le prossime tappe del progetto prevedono una presentazione pubblica attraverso il coinvolgimento delle istituzioni locali e la ricerca di nuovi finanziamenti per replicarlo ad altre aree della città di Napoli, rendendo l’approccio della progettazione urbana anticipante e immersiva sempre più scalabile.