Il futuro nel pallone: tra compensi stellari, tecnologia e nuova geopolitica
I consistenti investimenti dei Paesi del Golfo sono il segno di una diversa realtà, fatta di stadi polifunzionali all’avanguardia e intelligenza artificiale, con tanti soldi e nuove regole. Italia in ritardo.
di Flavio Natale
È notizia di pochi giorni fa: Sergej Milinkovic-Savic, centrocampista della Lazio e uno dei più talentuosi giocatori della Serie A, ha firmato un contratto sontuoso con l’Al-Hilal, squadra di punta della Saudi Pro League, il campionato di calcio dell’Arabia saudita. Ai biancocelesti andranno 40 milioni di euro, mentre al giocatore serbo uno stipendio annuo di circa venti milioni fino al 2026. La notizia, che ha seguito a stretto giro quella dell’addio del “coccodrillo” Marcelo Brozovic all’Inter (un addio problematico sotto molti punti di vista, tra cui un ban della Fifa ai danni dell’Al Nassr, la nuova squadra di Brozovic) è di quelle che fanno scalpore. Molti pensavano che Milinkovic-Savic, 28enne all’apice della sua carriera e condizione fisica, sarebbe volato alla volta di una grande squadra europea, avendo anche un contratto in scadenza nel 2024 con la Lazio. E invece, come Brozovic, ha preferito l’Arabia saudita. Prima dei due centrocampisti della serie A, già Cristiano Ronaldo (che sarà compagno di squadra di Brozovic), Karim Benzema, N'Golo Kanté, Roberto Firmino e Kalidou Koulibaly (che sarà invece compagno di Milinkovic-Savic) hanno accettato di entrare a far parte delle fila della Saudi Pro League.
L’ingresso prepotente dell’Arabia saudita nel mercato calcistico europeo è solo l’ultimo chiaro segnale di uno sport che sta subendo mutamenti profondi, che tenderanno a modificare sempre di più la fisionomia del calcio come lo conosciamo. Se a livello geografico stiamo assistendo a uno slittamento del monopolio calcistico europeo verso altri lidi (prima dell’Arabia saudita, già la Cina o gli Stati Uniti avevano tentato l’assalto), c’è grande fermento anche sul lato dell’impiantistica sportiva. Gli stadi sono diventati uno snodo nevralgico del futuro di una squadra: sia dal punto di vista degli introiti che del rapporto tra il club e la cittadinanza – in particolare quella che abita nelle zone limitrofe allo stadio. Le nuove tecnologie, poi, stanno mettendo in discussione il ruolo di tutte quelle figure professionali che ruotano attorno ai 22 giocatori in campo, dagli arbitri agli allenatori stessi.
Capire come orientarsi all’interno di questa nuova mappa non è semplice: occorre perciò analizzarne un pezzo alla volta, per provare a ricavare il quadro completo.
L’oro nero d’Arabia, ma non solo
“Lo sport e il calcio in particolare sono entrati nel mondo dell’impresa neoliberista” scrivono Carlo Tecce e Gianfrancesco Turano sull’Espresso. Il settore calcistico (con i suoi enormi introiti) sta assumendo infatti sempre di più le fattezze di un bene, un asset utilizzato da colossi imprenditoriali per diversificare le proprie entrate. L’esempio saudita è calzante. Il rilancio del calcio arabo è infatti solo un tassello di un puzzle molto più grande chiamato Saudi Vision 2030, il piano con cui l’Arabia saudita sta cercando di diversificare la sua economia, molto redditizia ma basata quasi esclusivamente sul petrolio. La Saudi Vision include diversi settori: dalle rinnovabili all’edilizia, dall’intrattenimento al turismo – quest’ultimo promosso, tra gli altri, da Lionel Messi, ambassador di Visit Saudi, la campagna pubblicitaria che promuove il turismo in Arabia saudita. Sul fronte calcistico, l’obiettivo è molto ambizioso: far lievitare gli incassi della Saudi Pro League, dagli attuali 450 milioni di riyal (106 milioni di euro) a 1,8 miliardi, corrispondenti a circa 450 milioni.
I finanziamenti della Saudi Vision 2030 provengono principalmente dal Fondo per gli investimenti pubblici dell'Arabia saudita (Pif), fondo sovrano i cui maggiori introiti sono legati alla vendita di petrolio e il cui valore stimato si aggira intorno ai 550 miliardi di euro. Il Pif, fortemente legato alla figura del principe ereditario dell’Arabia saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud, sta finanziando in modo consistente progetti diversi – tra cui rientra anche la sontuosa Qiddiya City, che con un investimento da un miliardo di dollari mira a diventare la più grande destinazione turistica al mondo. Anche sul fronte sportivo bin Salman ha deciso di diversificare l’offerta. Oltre a detenere il controllo delle principali squadre della Saudi Pro League (Al-Ittihad, Al-Ahli, Al-Nassr, Al-Hilal) e aver acquistato l’80% della squadra inglese del Newcastle per 353 milioni di euro – inserendosi così sul palcoscenico europeo, come gli Emirati Arabi (Manchester City) e il Qatar (Psg) – il fondo sovrano ha permesso di vincere la candidatura per ospitare la Coppa d’Asia nel 2027 e i Giochi invernali asiatici del 2029. Ma c’è anche altro: nella città araba di Gedda si corre già la Formula 1 (e si punta alla MotoGp), e in previsione ci sono importanti eventi internazionali di golf e boxe. Senza dimenticare che tre delle ultime cinque edizioni della Supercoppa italiana (come quella spagnola) si sono giocate in Arabia saudita, Paese che ne ospiterà quattro delle prossime sei – 2024, 2025, 2028 e 2029.
Per questi e altri motivi secondo Cristiano Ronaldo la lega saudita può diventare “una delle migliori cinque al mondo”, mentre Mohammad bin Salman Al Sa'ud abbassa l’asticella: “La Saudi Pro League, che accoglie giocatori provenienti da oltre 40 Paesi diversi e ha visto aumentare le presenze sugli spalti di quasi il 150% nell'ultimo anno, sarà supportata nella sua ambizione di essere tra i primi dieci campionati del mondo”.
Stadi: il grande sogno (irrealizzato) italiano
Altro snodo centrale per comprendere il futuro del calcio riguarda la costruzione di nuovi stadi. Se in altri Paesi europei (e non solo) parliamo di opere architettoniche salutate spesso con grande entusiasmo, in Italia i progetti faticano (quasi) sempre a partire, a causa di gorghi burocratici e polemiche politiche da cui è molto difficile uscire. Ne sanno qualcosa Inter, Milan, Fiorentina e Roma.
Cominciando dai club milanesi, fino a circa un anno fa c’era in ballo un progetto molto ambizioso: uno stadio in comune, un nuovo Meazza progettato dal famoso studio americano Populous – ideatore, tra gli altri, degli impianti sportivi dello Yankee Stadium a New York e del Wembley Stadium a Londra. La struttura, soprannominata “la cattedrale”, si sarebbe ispirata a due degli edifici più iconici della città: il Duomo e la Galleria. Un progetto da mezzo miliardo di euro che avrebbe fatto risparmiare ai club circa 80 milioni di euro a stagione. E invece a ogni fase di apertura sono seguiti estenuanti rallentamenti, un tira e molla con il Comune che ha portato le due squadre a procedere su binari diversi. Il Milan ha acquistato SportLifeCity srl, la società proprietaria dell'area di San Donato dove i rossoneri prevedono di costruire il loro stadio. Per l’Inter, invece, si parla dell’ipotesi di una nuova struttura nel comune di Rozzano. Il destino del Meazza, senza partite di calcio, resterebbe a quel punto incerto.
Non va di certo meglio a Firenze, dove il presidente della Fiorentina Rocco Commisso, dopo aver definito il Franchi uno “stadio schifoso”, ha abbandonato definitivamente l’idea di creare una nuova struttura. O nella Capitale, dove il progetto di una nuova struttura riesce a fiaccare anche il più impavido dei sognatori. L’ex presidente James Pallotta, dopo anni di trattative, ha abbandonato l’idea (e così anche la società) mentre la nuova direzione Friedkin continua a perseverare. Il nuovo stadio, progettato sempre dalle archistar di Populous, dovrebbe sorgere nel quartiere di Pietralata entro il 2027, anche se al momento si tratta soltanto di speranze. Svetlana Celli, presidente dell'Assemblea capitolina, in occasione della celebrazione per i 40 anni dello scudetto della Roma vinto sotto la presidenza di Dino Viola, ha dichiarato: “Noi stiamo procedendo perché Roma Capitale ha dato il pubblico interesse a un progetto non esecutivo ma iniziale, vigileremo per far sì che questa diventi una grande opportunità. Valuteremo se ci sono le condizioni per andare avanti”.
Ma il nostro campionato conta anche alcuni esempi virtuosi, come Atalanta, Udinese, Sassuolo e, naturalmente, la Juventus. Il Sassuolo ha investito undici milioni di euro per acquistare e ammodernare il Città del Tricolore di Reggio Emilia, oggi Mapei Stadium. Così anche l’Atalanta, che ha comprato l’Atleti Azzurri d’Italia (oggi Gewiss Stadium) per circa nove milioni, investendone altri 35 per ammodernarlo. Discorso simile vale per la Dacia Arena dell’Udinese, mentre a breve dovrebbero cominciare i progetti di restyling del Dall’Ara di Bologna e del Tardini a Parma. A inizio luglio il Cagliari ha presentato in Comune il progetto per un nuovo stadio.
Ma l’esempio più virtuoso rimane l’Allianz Stadium della Juventus. I lavori sono iniziati nel 2009 e terminati nel 2011, e il progetto ha riqualificato un’intera zona di Torino (la Continassa), un’area urbana di oltre 200mila metri quadri che oggi comprende il J-Village (dove si allena la prima squadra), il complesso alberghiero del J-Hotel, il J-Medical, il J-College (destinato alle giovanili), lo Juventus Museum e la zona commerciale “Area12”. Lo Stadium (costato 155 milioni di euro) ha portato nelle casse bianconere, dalla sua apertura, 500 milioni di euro, costituendo il 13% dei ricavi totali della società.
L’Allianz Stadium è un esempio importante perché è l’unico stadio in Italia a stare già con un piede dentro il futuro. Il nostro Paese non riesce a stare al passo coi tempi, né sul fronte proprietà degli stadi – tra Serie A e B solo cinque società su 40 (12,5%) hanno uno stadio di proprietà, mentre in Inghilterra sono 15 su 20 solo nella Premier League, in Germania nove su 18 e in Spagna 16 su 20 – né su quello delle innovazioni strutturali e impiantistiche.
Come ha detto Dan Meis, ideatore del precedente progetto dello stadio della Roma sotto la presidenza Pallotta, queste strutture “non possono più essere un semplice stadio di calcio usato solo una manciata di volte in un anno”. Richiedono infatti “risorse significative per la costruzione e il funzionamento, e sempre più spesso sono costruiti all’interno o vicino ai centri, quindi devono connettersi con il tessuto urbano che li circonda o, come nel caso del progetto dello Stadio Della Roma, devono includere lo sviluppo del quartiere con altri servizi come ristoranti, pub, e quant’altro”. A questo proposito Meis ha portato come esempio lo Staples Center (ideato dallo stesso Meis), casa dei Lakers in Nba ma sede anche di concerti, conferenze e altri eventi. “La zona in cui oggi c’è lo Staples prima era relativamente abbandonata. Oggi è il cuore dello sport e dell’intrattenimento della città e ha creato milioni di metri quadrati di nuovo sviluppo grazie a uffici, ristoranti e appartamenti. Una zona attiva 365 giorni l’anno”.
Questa visione di stadio “polifunzionale” viene direttamente dagli Stati uniti, dove le strutture sportive già da anni ospitano discipline ed eventi diversi – basti pensare al Madison Square Garden di New York, dove si possono vedere le partite di basket dei Knicks come quelle di hockey su ghiaccio dei New York Rangers.
Altro esempio virtuoso, stavolta in Europa, è la Johan Cruijff Arena, ex Amsterdam Arena, considerata il fiore all’occhiello del Vecchio continente. È lo stadio più grande d’Olanda (54.490 posti) e può ospitare circa 70 eventi l’anno, solo per il 35% legati al calcio. Tra questi, oltre alle partite dell’Ajax, match di Nfl (la più importante lega professionistica di football americano), concerti, eventi di kickboxing e altro ancora. Lo stadio prevede anche strutture per la ristorazione, per l’intrattenimento e un museo dedicato alla storia dell’Ajax, capace di ospitare ogni anno circa centomila persone. La Johan Cruijff Arena è anche dotata di 4.200 pannelli solari sulla sua copertura superiore, che alimentano 148 batterie per l’accumulo di energia.
Con entrambi i piedi nel futuro si trova invece lo “Stadium of tomorrow”, progetto futuristico ideato dagli architetti di Populous e pubblicato sulla rivista National Geographic. Questa arena (per ora pensata solo in via ipotetica) è stata concepita per essere autosufficiente, altamente connessa e versatile, “più un eco-villaggio sportivo e ricreativo che uno stadio tradizionale”. Il progetto prevede un tetto-giardino con turbine eoliche, accessi sotterranei per il pubblico tramite un tunnel sottomarino e una stazione del treno “hyperloop” – ipotesi di trasporto ad alta velocità all’interno di tubi a bassa pressione. Ci sarebbe spazio anche per modernissimi privé, capsule semoventi lungo la tribuna per ospiti selezionati.
La speranza di un cambiamento in Italia, dicono in molti – tra cui anche il ministro per lo sport e i giovani Andrea Abodi – è vincere la candidatura agli Europei di calcio nel 2032. Un evento di questa portata – come già accaduto per mondiali ed europei nel caso di Germania, Francia, Polonia, Russia, Ucraina – può essere un grande acceleratore per ristrutturare gli impianti calcistici. Anche se, per Abodi, la candidatura all’Europeo di calcio potrebbe essere “molto utile, ma non indispensabile”.
Il pallone ai tempi dell’intelligenza artificiale
Torniamo a parlare di Medio Oriente. I mondiali di calcio del 2022 svolti in Qatar sono stati un crocevia per vari motivi, principalmente due: si è trattato della prima competizione calcistica mondiale a tenersi in inverno e della prima ad aver usato la tecnologia in modo esteso e integrato. Oltre ai già diffusi Var – acronimo di Video assistant referee, strumento video utilizzato dall’arbitro per discernere eventuali situazioni dubbie in campo – e la Goal line technology, che permette di vedere se la palla sia entrata o meno in porta, molte sono state le innovazioni estese a livello globale dai mondiali qatarioti. A cominciare dal fuorigioco semi-automatico, che permette di incrociare i dati provenienti da 12 telecamere di localizzazione e 29 sensori puntati sul corpo di ogni giocatore (che si aggiornano fino a 50 volte al secondo) per stabilire l’esatta posizione in campo dell’atleta. Dati che poi vengono combinati con il momento in cui il pallone viene calciato, rilevazione possibile grazie a un chip presente nel pallone stesso. In Qatar è stata anche inaugurata la Fifa player app, applicazione che monitora le prestazioni dei giocatori sulla base della distanza percorsa, il numero di azioni eseguite, la velocità e altri fattori. I mondiali in Qatar sono stati anche “i più sorvegliati nella storia di questo sport”, con 15mila telecamere per stadio e droni che si sono occupati di seguire i tifosi tramite tecnologie di riconoscimento facciale. Altra novità è stata la costruzione dello Stadio 974, il primo “stadio smontabile” della storia, realizzato con 974 container (da cui il nome) e acciaio modulare, e che dovrebbe essere inviato in Sud America qualora l’Uruguay si aggiudicasse la candidatura per i mondiali del 2030. Altra novità strutturale: date le alte temperature del Qatar, ogni stadio è stato provvisto di impianti di climatizzazione capaci di raffreddare l’aria proveniente dall’esterno attraverso bocchettoni disposti tra gli spalti e il campo da gioco, regolati poi da un centro di controllo. La Fifa ha collegato questo sistema a una distesa di pannelli solari nel deserto, per evitare enormi sprechi di energia.
Ma la vera novità nel settore calcistico riguarda l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (Ai), principalmente per elaborare l’enorme quantità di dati provenienti dalle prestazioni fisiche dei giocatori. Sul tema si è interrogato Jason Stockwood, esperto di tecnologie della Oxford University e presidente del Grimsby Town, club inglese della League Two: “La domanda più interessante è chiedersi come l’intelligenza artificiale possa migliorare le intuizioni e portare vantaggi nel calcio. Molti dei migliori club hanno scienziati e analisti che lavorano sulle prestazioni dei giocatori per ottenere un vantaggio, dal reclutamento all’allenamento, dalla dieta all’analisi delle partite”.
Secondo Stockwood, l’Ai è stata una delle ragioni alla base del successo di Brighton e Benford, squadre inglesi posizionatesi rispettivamente al sesto e nono posto nella stagione 2022-2023 della Premier League – mentre nel 2021 il Brighton era arrivato 16esimo e il Brentford 13esimo. I club, dice Stockwood, sono riusciti a compiere gli acquisti azzeccati anche grazie all’Ai, prendendo “giocatori sottovalutati nei mercati di tutto il mondo”.
“L’Ai potrebbe consigliare gli allenamenti ottimali prima della partita per sfruttare le vulnerabilità tattiche e fisiche della squadra avversaria”, aggiunge Stockwood. “In futuro, tutti i dati storici delle partite in diretta potrebbero essere utilizzati per consigliare modi per schierarsi e giocare contro la squadra avversaria. Durante il gioco potrebbe essere possibile utilizzare quei dati in tempo reale per ricevere consigli su come regolare la strategia”. Ad esempio, l’Ai potrebbe notare la stanchezza in un terzino destro avversario, consigliando così all’allenatore di inserire una nuova ala sinistra d’attacco. Oppure, aggiunge Stockwood, l’Ai potrebbe rilevare quando il tifo del pubblico “fa perdere la concentrazione ad alcune squadre”, elaborando un modo per renderlo ancora più rumoroso. “Le ipotesi sono infinite”.
Anche squadre più blasonate, come il Liverpool, hanno annunciato la collaborazione con aziende di intelligenza artificiale – nel caso specifico Deepmind – per “combinare visione artificiale, apprendimento statistico e teoria dei giochi e aiutare il team a individuare schemi all’interno dei dati raccolti”. Caso virtuoso in Italia è il Cosenza, attualmente in Serie B, che collabora con la società di consulenza Ntt Data per ottenere informazioni sulle prestazioni dei giocatori attraverso l’analisi dei movimenti di gioco – durante partite e allenamenti – e delle condizioni fisiche dei singoli atleti.
Il settore calcistico è dunque in pieno fermento, e in futuro si muoverà probabilmente sulla linea di un precario equilibrio, tra innovazione – nuove tecnologie, stadi polifunzionali, calcio extra-europeo – e tradizione – talento dei giocatori, tifoserie, calcio europeo.
La partita del futuro del pallone è già iniziata: bisogna solo capire chi vincerà.
fonte dell'immagine di copertina: Emilio Garcia/unsplash