Decidiamo oggi per un domani sostenibile

La lezione che ci viene dalla Costituzione: diamo un futuro al futuro

La riflessione di Amato e Morandini sulla riforma che ha introdotto l’interesse delle future generazioni nei principi fondamentali della Carta. Conseguenze giuridiche ed etiche, ma soprattutto una nuova visione politica. (VIDEO) 

di Maddalena Binda

La tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi e gli interessi delle future generazioni (oltre alla tutela degli animali) sono entrati nella Costituzione italiana. La riforma è stata una “rivoluzione copernicana” ha affermato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, intervenendo all’evento “Costituzione, ambiente e future generazioni: un anno dopo, a che punto siamo?” organizzato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile presso la Biblioteca Casanatense di Roma mercoledì 22 febbraio.

Di seguito gli interventi integrali di Giuliano Amato, presidente emerito della Corte costituzionale, e Simone Morandini, vicepreside dell’Istituto sugli studi ecumenici di Venezia.

Intervento di Giuliano Amato a partire da 43:25

Amato: l'ambiente entra in Costituzione come bene comune dell'umanità

Si comincia dalla Costituzione. E si comincia da un’Italia che un po’ faticosamente e riottosamente sta percependo il senso e la forza del cambiamento costituzionale. All’inizio anche noi giuristi, sacerdoti dell’interpretazione della Costituzione, siamo stati indotti a sottovalutare la portata innovativa. In fondo l’ambiente era tutelato anche prima. Il nostro mestiere ci aveva già fatto ricavare la tutela dell’ambiente dall’articolo 9, anche se non parlava neppure di ambiente. Pensavamo fosse semplicemente stato stato messo per esplicito ciò che era implicito.

In realtà non è così. E abbiamo iniziato a capirlo ora. L’ambiente che veniva tutelato era quello che ci circonda in termini di patrimonio naturale, storico e culturale. Era la bellezza italiana. Questo ha significato per decenni difendere il bello da una cementificazione senza riguardi. E quindi l’ambiente in quanto bellezza era presente nell’articolo 9. La Corte costituzionale, già anni fa, collegando l’articolo 9 con l’articolo 32 che tutela la salute, aveva preso dalla Costituzione la tutela dell’ambiente salubrità, oltre che dell’ambiente bellezza.

La salubrità era riferita a quei luoghi in cui le persone correvano rischi per veleni, inquinamento e rifiuti mal custoditi. In tanti casi è stato possibile far valere la tutela dell’ambiente. Ma si trattava di un ambiente circoscritto, di un ambiente tutelato in ragione di rischi che venivano corsi solo dagli abitanti di una parte del territorio.

Questo ha un limite e non permette di governare ciò che è essenziale governare. Era già stato scritto nel 1992. Il Protocollo di Kyoto, per la prima volta nella storia, aveva identificato nell’ambiente un bene comune del genere umano e aveva definito la tutela dell’ambiente una priorità per il genere umano (mankind concerned in inglese). L’ambiente che tutela ha ricevuto in questi 30 anni?

Dobbiamo renderci conto che se abbiamo tutelato in parte l’ambiente nel corso dei decenni trascorsi è grazie all’Unione europea: tra l’80% e l’85% della legislazione italiana a tutela dell’ambiente è di derivazione comunitaria. E non parlo delle tante procedure di infrazione di cui successivamente siamo stati destinatari. Il nuovo articolo 9, e il connesso nuovo articolo 41, danno finalmente all’Italia una posizione di rilievo nell’affermare che terremo conto dell’ambiente come bene comune dell’umanità nelle nostre azioni quotidiane, sia nei territori piccoli sia in quelli grandi. Sono parole importanti. Ma sono le uniche parole appropriate rispetto alle dimensioni del problema che abbiamo davanti. Possiamo prevedere che tra qualche decennio le condizioni su questo Pianeta non saranno più compatibili con la sopravvivenza del genere umano.

Ecco il significato che assume l’espressione “nell’interesse delle future generazioni”. Io, lo dico apertamente, in passato ho sempre reagito a chi si lamentava che la Costituzione non menzionasse le generazioni future. Questo argomento mi pareva piuttosto sciocco. Qualunque Costituzione è destinata a valere per le generazioni future alla Costituzione stessa. Ma questa espressione ha un significato diverso. Ricorda che quando si legifera bisogna stare attenti all’equilibrio degli interessi in gioco, non solo di quelli presenti, ma anche di coloro che verranno e che occorre valutare gli effetti della normativa che ricadranno sulle generazioni future.

Contestualmente si è affermato un male dei sistemi politico-istituzionali dei nostri tempi, il presentismo, la visione di corto termine. Se dovessi fare solo un riferimento prenderei il periodo dal 1989 al 1992 come riferimento. La fine del comunismo, la fine della più brutta promessa di futuro, e la constatazione che il comunismo era caduto nelle proprie povertà, miserie e contraddizioni ha ridotto la propensione delle democrazie stesse a proiettarsi nel futuro, a promettere e a occuparsi di un futuro migliore. I sistemi politici si sono avvitati sulla tutela di interessi presenti. Cosa accadrà domani è poco rilevante ai fini del voto. E questo induce ad avere un orizzonte corto.

Il nuovo articolo 41 spiega ciò che le attività economiche imprenditoriali e produttive possono fare. Il limite legato all’ambiente c’è sempre stato, anche se non inserito nell’articolo 41. Era implicito che se tu che avevi un’attività industriale non potevi scaricare nelle acque del fiume vicino o immettere nell’atmosfera i fattori inquinanti del tuo ciclo produttivo. Adesso quello che fai sarà misurato per il danno che potrà arrecare all’atmosfera che circonda l'intero Pianeta, non solo alle acque vicine al tuo stabilimento. Questo implica un grande impegno delle istituzioni, implica tempo, implica il concetto di “gradualmente”. Tuttavia, “gradualmente” non significa mai. Significa lavorare giorno dopo giorno per realizzare questi obiettivi.

Viene spesso citata, ed è giusto ricordarla, una sentenza della Corte costituzionale federale tedesca che poco tempo fa ha dichiarato illegittima una legge federale. Questa legge prevedeva di distribuire nel tempo le percentuali di riduzione di emissioni nocive, assegnando percentuali minori sulle generazioni presenti e maggiori sulle generazioni future. Ed è stata dichiarata illegittima perché la tutela dell’interesse delle generazioni future implica un sacrificio da fare oggi.

Dobbiamo imparare a cambiare e a fronteggiare i fenomeni non con i bonus, ma con le riforme. Il bonus suggerisce che la situazione rimanga così com’è e che sia dato un aiuto per sopportarla. Non dico di abolire il bonus, ma di metterlo in secondo piano, non deve essere il protagonista della tutela dell’ambiente.

Non è detto che abbiamo già tutte le tecnologie per ridurre le emissioni, ma se iniziamo a cambiare le capacità umane ormai sono tali che potrebbero arrivare nuove scoperte. Dobbiamo preparare il binario perché questo possa accadere, non rimanere sul binario dell'indennizzo e di una realtà davanti alla quale siamo impotenti. Non siamo impotenti, possiamo cambiare, ma dobbiamo farlo in tempo. Data la mia età può essere indifferente quello che accadrà nel 2050.  Possiamo fare in modo che i nostri figli e nipoti vivano quell’anno come noi abbiamo vissuto quelli passati. Questa modifica costituzionale punta in questa direzione.

Intervento di Simone Morandini da 1:1:00

Morandini: la modifica della Costituzione è un segnale del tempo in cui viviamo

Le Costituzioni sono oggetti a cui uno studioso di etica guarda con molta attenzione perché offrono un’espressione compatta di quelle prospettive e quei valori che una comunità statuale riconosce come fondamentali e qualificanti per la convivenza. Un’attenzione ancora più specifica va alle modifiche costituzionali perché segnano situazioni di crisi in cui si avverte la necessità di rimodulare l’orizzonte condiviso, mettendo a fuoco alcuni nodi problematici per i quali occorrono nuovi punti di riferimento. La riforma costituzionale segna un passaggio importante e ci invita a riflettere con attenzione su quali nodi intercetta.

Non si tratta di questioni marginali e specifiche, anche se sono solo due gli articoli che sono stati modificati. Perché sottende una vera e propria interpretazione del tempo che viviamo, una lettura dei segni dei tempi. Il nostro tempo è l’antropocene e ora siamo in una fase di grande accelerazione. Un tempo segnato dal riscaldamento globale che fatichiamo a contenere, dalla perdita di biodiversità e dalle alterazione di alcuni dei cicli biochimici planetari. Un tempo caratterizzato da un impatto umano sempre più evidente sulle dinamiche ecosistemiche globali. Ma anche da impatti crescenti, e altrettanto gravi, sulle vite delle comunità umane. Sono solo avvisaglie di dinamiche future che avranno un impatto sulle prossime generazioni. Solo l’essere umano ha la possibilità, e il dovere, di modificare questa situazione.  A noi spetta la responsabilità di costruire sostenibilità.

Lo abbiamo appreso a caro prezzo in questi decenni: la dimensione ambientale è qualificante per la vita comune a tutti i i livelli. Qualsiasi orizzonte politico che non se ne faccia carico è semplicemente obsoleto. Pensiamo a quanto distanti ci sentiamo oggi da testi che hanno nutrito la nostra giovinezza o dalle tradizioni che hanno ispirato ricerca di giustizia nel secolo scorso. Semplicemente ignoravano la finitezza del Pianeta, delle sue risorse e della sua capacità di reggere trasformazioni di vasta portata. Una ignoranza che nasceva dalla mancanza di conoscenze, ma anche da una selezione di ciò che sapevamo. Si conosceva solo ciò che era direttamente rilevante per la convivenza umana. La Costituzione del 1948 è figlia della confluenza di alcune tra le tradizioni di pensiero più vive del secolo scorso. Non ci stupisce però che oggi, a tre quarti di secolo di distanza, si sia avvertita urgente la necessità di un aggiornamento. Lo scopo non era negarne i valori preziosi, ma declinare in maniera diversa alcune prospettive alla luce dell’esperienza giuridica, legislativa e morale di questi decenni.

Oggi comprendiamo sempre di più che la giustizia non può che essere eco e intergenerazionale, tanto che una tradizione come quella cattolica è giunta a scrivere la Laudato Si. I diritti umani sono intesi anche come diritto a un ambiente sano. Il riferimento al paesaggio costituiva il riferimento primo per l’azione costituzionale e ambientale, ma era molto parziale. Anche un filone dell’etica ambientale pone al centro la cura per il bello naturale. Ci sono realtà che non sono belle, anzi sono sgradevoli, ma sono ecologicamente fondamentali. Sappiamo che ci sono luoghi in cui la bellezza non è solo natura, ma è frutto di una intricata interazione fra natura e cultura.

Il riferimento alla tutela della salute non è abbastanza, è un approccio strettamente antropocentrico. Ci prendiamo cura dell’ambiente perché ci fa stare bene. Ed è anche di corto respiro. I problemi sorgono quando l’ambiente fa male a qualcuno oggi e in modo documentabile e puntuale. C’è bisogno di rafforzare e affinare la prospettiva giuridica ed etica per aumentare l’estensione in prospettiva globale e la scala dei tempi.

Il riferimento alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi è un salto di qualità, anche se l’ambiente rimane un termine abbastanza antropocentrico. Biodiversità ed ecosistemi suggeriscono un valore intrinseco di alcune realtà ecologiche. Diventa importante e centrale il riferimento alle future generazioni. E la nozione di giustizia viene estesa e ripensata. Anche se il termine non appare, la sostenibilità è entrata nella Costituzione.

Per me che ho una formazione scientifica è di particolare interesse che il riferimento all’ambiente sia collocato nello stesso articolo in cui si parla dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica. Permette di superare quella fallace contrapposizione tra ambiente e tecnica. Nell’articolo 41 si ha una ricomprensione della realtà economica. La libertà d’impresa non è negata, ma orientata in modo da evitare danni alla salute e promuovere fini sociali e ambientali. Permette di evitare la contrapposizione tra economia ed ecologia o giustizia ed ecologia.

Questo è l'approccio che caratterizza la Costituzione: nessun diritto è ab-soluto, è sempre collocato in una rete relazionale e in un contesto istituzionale. Una Costituzione non è un insieme di proposizioni indipendenti, ma una rete di relazioni in cui tutto è connesso.

Le modifiche agli articoli 9 e 41 quali altri impatti portano con sé? Come ripensare le solidarietà politiche, economiche e sociali a cui si riferisce l’articolo 2? Oppure il compito di rimuovere gli ostacoli all’uguaglianza, espresso nell’articolo 3? Come sono, dovranno o potranno essere influenzati dalle modifiche dell’articolo 9? E nello stesso articolo 9, come ripensare la cultura perché diventi una realtà all’altezza dell’antropocene, all’insegna dell’interdisciplinarietà e della connessione?

Custodire il futuro e la Terra è diventato un elemento qualificante del patto su cui si regge la nostra convivenza. Credo sia il momento di dargli gambe e contenuti e di declinarne efficacemente le implicazioni. Questa è una sfida per le politiche energetiche che sembrano voler sfruttare le difficoltà legate alla situazione determinata dall’aggressione russa in Ucraina e mettere tra parentesi l’istanza di decarbonizzazione dell’economia.

Ma le normative nascono sempre da soggetti che le hanno precorse e hanno premuto perché si concretizzassero e quindi ringrazio l’ASviS per l’azione continuativa in quest’ambito. Contemporaneamente hanno bisogno di soggetti che le assumano, ne esplicitino le conseguenze e le valorizzino per un agire continuativo. L’invito è accogliere questo grande segno dei tempi che è la modifica alla Costituzione, un impegno e una sfida per cui ne va del nostro futuro.

Se vogliamo che il futuro abbia un futuro abbiamo bisogno di rimodulare il modo in cui si fa formazione oggi. Da molti anni sono nella scuola e mi rendo conto di quanto la compartimentalizzazione dell’insegnamento sia problematica. Certe tematiche si fatica ad affrontarle in maniera integrata. Abbiamo bisogno di pensare a questa profonda interrelazione di cui è fatta la nostra stessa esistenza personale. Natura e cultura siamo abituati a vederli come contrapposti, cultura umanistica versus cultura scientifica. La sfida dell’antropocene è imparare che le due realtà sono interconnesse. Abbiamo bisogno di una convergenza di competenze diverse, ma capaci di dialogare e interpellarsi, dalla filosofia alla sociologia alle scienze dure. Tutto è connesso. Lo dice Papa Francesco e forse dovrebbe diventare uno slogan anche nelle nostre strutture educative.

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venerdì 24 febbraio 2023