Sachs: il benessere di un Paese non può essere misurato solo attraverso il Pil
L’economista e direttore del Centro per lo sviluppo sostenibile della Columbia University è intervenuto al webinar “A year in review”: “Siamo arrivati a chiederci se instabilità e distruzione siano le parole chiave del nostro tempo.”
di Maddalena Binda
“Da due anni il Covid-19 racchiude le nostre vite e ha impattato il nostro benessere. Stati d’ansia e preoccupazione si sono susseguiti a momenti di speranza, in particolare grazie alla diffusione dei vaccini. Non è solo l’emergenza sanitaria a creare questa sensazione di fallimento, contribuiscono anche i disastri ambientali, aumentati per frequenza e intensità, e l’infodemia, acuita dalla diffusione dei social media. Ha esordito così l'economista Jeffrey Sachs, direttore del Centro per lo sviluppo sostenibile della Columbia University, durante l’incontro online “A year in review with Jeffrey Sachs: how 2021 reshaped our happiness” organizzato il 1 dicembre da Gallup in collaborazione con Well being for planet Earth.
“Siamo arrivati a chiederci se instabilità e distruzione siano le parole chiave del nostro tempo”, ha proseguito Sachs, che recentemente è stato nominato da Papa Francesco nella Pontificia accademia delle scienze sociali. “Le nostre vite sono state cambiate dalla pandemia, ma anche dal processo di digitalizzazione. Tutto il mondo è passato all’online, dal commercio all’educazione, compresi la sanità e gli altri servizi. Era un trend osservato da anni, ma non era possibile prevedere l’accelerazione che ha avuto. Non sappiamo ancora l’impatto che ciò avrà sul nostro benessere, la digitalizzazione sta cambiando il lavoro, le relazioni, non sappiamo l’impatto che avranno le ore passate davanti allo schermo sulla nostra salute. I social media, in particolare, stanno polarizzando la società, occupano la maggior parte del nostro tempo, soprattutto dei giovani, e possono costituire una minaccia per il nostro benessere. Possiamo dire che è un momento di instabilità, più drammatico di qualsiasi altro periodo in tempo di pace. E osserviamo un aumento delle disuguaglianze, dei casi di ansia e depressione, ma anche molti esempi di resilienza”.
Alla domanda su quanto sia importante oggi trovare metodi diversi dal Pil per stabilire il successo o il fallimento del Paese, Jeffrey Sachs risponde ripercorrendo brevemente l’origine di questo indicatore. “Abbiamo usato il Pil e il Pil pro capite per decenni, ma è un indicatore nato durante la prima guerra mondiale, faceva parte della strategia nazionale e serviva per calcolare quanto gli Stati Uniti potessero spendere e quante risorse potessero mobilitare per il conflitto. E negli anni ’30, durante la Grande depressione, questi parametri sono stati utilizzati per capire in che modo rivitalizzare l’economia. Ma questi dati permettono di misurare la grandezza dell’economia, non il benessere di una nazione. Negli anni ’70 ci si è accorti che questi indicatori non tenevano conto di fattori come l’inquinamento o la salute.”
“È importante ricordare il paradosso di Easterlin: il Pil pro capite può aumentare, ma ciò non è direttamente collegato alla crescita del benessere dell’individuo. Non solo, il Pil pro capite è una media, potrebbero esserci divari all’interno della popolazione. E non si tiene conto del fatto che il Pil pro capite potrebbe diminuire perché aumenta il tempo dedicato alle attività di svago e di riposo e di conseguenza il benessere. Il Pil non permette di cogliere l’aspettativa di vita alla nascita. Ciò non significa che non sia in assoluto un indicatore da utilizzare, ma che ne servono anche altri, basati sui valori sociali, la morale e l’etica.” ha aggiunto Sachs.
“Come sosteneva Aristotele”, ha concluso Jeffrey Sachs, “gli individui sono felici se la città, se la comunità è felice. Il benessere dipende sia da condizioni personali sia sociali, certamente non dipende solo dalla ricchezza. L’uomo è un animale sociale, chi vive isolato è un mostro o un dio, non c’è spazio per l’individualismo assoluto”.
di Maddalena Binda