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Il virus cambierà molte nostre abitudini

Per mesi abbiamo praticato l’allontanamento fisico, rinunciando a una normalità fatta di abbracci, baci e strette di mano. Con quali riflessi sulla socialità?

di Andrea De Tommasi

Il tatto è un potente strumento per comunicare emozioni positive. Tuttavia, sono state molto poche fino ad ora le ricerche per capire fino a che punto il contatto (social touching) stabilisce e mantiene i legami sociali. “Sebbene alcune culture siano più sensibili di altre, il contatto è importante per tutti noi”, ha affermato alla Bbc Robin Dunbar, psicologo evoluzionista all'università di Oxford: "Ci sono alcune piccole differenze: gli italiani, inutile dirlo, sono tutti abbracci, baci e simili, e gli inglesi sono un po’ distinti, sono…inglesi”.

Cathrine Jansson-Boyd, psicologa dei consumi all’Anglia Ruskin university di Cambridge, ha scritto che il Coronavirus sta accelerando una cultura del no touching, e questo è un problema. Più a lungo continua, più è probabile che si formi un’associazione tra tocco sociale e senso di negatività. Le persone alla fine potrebbero dimenticare tutto del virus, ma diffidare del contatto sociale senza sapere il motivo. Questo perché le associazioni negative spesso creano ricordi più facilmente disponibili per le persone rispetto alle associazioni positive. Una volta terminata l’epidemia, ha detto Jansson-Boyd, la sfida vitale sarà reimpostare il nostro pensiero sul valore del contatto sociale, tenendo presente la sua importanza.

La pandemia ha cambiato molte delle nostre abitudini e non è chiaro come saremo capaci di adattarci alla nuova normalità. Per mesi milioni di persone in tutto il mondo hanno praticato l’allontanamento fisico, restando chiuse in casa o tenendosi a due metri di distanza l’una dall’altra. Hanno rinunciato alle cene con gli amici, alla vicinanza, alla convivialità. "Le persone hanno raccolto la sfida e hanno cercato di mantenere le connessioni sociali in modo creativo, ma allo stesso tempo è stato diverso e può essere difficile adattarsi ai nuovi modi di essere sociali", ha spiegato Bhavna Jani-Negandhi, psicologa clinica, alla Bbc.

Un articolo apparso su The Lancet cita tre studi riferiti all’epidemia di Sars, che hanno dimostrato come periodi più lunghi di quarantena fossero associati a problemi di salute mentale, sintomi post-traumatici da stress, comportamenti di evitamento e rabbia. Durante il periodo di quarantena questo effetto psicologico negativo non è sorprendente, tuttavia, secondo The Lancet, l'evidenza che un effetto psicologico di questo tipo può ancora essere rilevato mesi o anni dopo è più preoccupante. In effetti, privare le persone della loro libertà per l’interesse pubblico, anche se essenziale, deve essere gestito con cura. Come spiega l’articolo: “Ciò può essere fatto: raccontando alla gente cosa sta succedendo e perché, spiegando per quanto tempo continuerà, offrendo attività significative da svolgere durante la quarantena, fornendo una comunicazione chiara, garantendo forniture di base”.

D’altra parte, altri studi riferiscono che la minaccia del virus, insieme alle paure sul futuro, è anche capace di alimentare, per reazione, sentimenti di solidarietà e fiducia interpersonale. Un’analisi di Ilvo Diamanti su La Repubblica del 24 maggio rivela che gli italiani che mostrano fiducia verso gli altri (e verso lo Stato) sono aumentati in questo periodo di incertezza: il 38% del campione Demos ritiene possa fidarsi degli altri, e il livello di “confidenza” è aumentato del 4% rispetto a prima dell’emergenza. Ma su questo, dice Diamanti, occorre ancora prudenza in prospettiva futura. 

di Andrea De Tommasi

lunedì 1 giugno 2020