Le sfide dello sviluppo della neurotecnologia basata sull’intelligenza artificiale
Dal trattamento dei disturbi neurologici allo sviluppo di protesi che possono essere controllate dal cervello, l’interazione tra onde cerebrali e computer apre entusiasmanti possibilità ma suscita anche nuovi timori.
di Andrea De Tommasi
Tecnologie che interagiscono con il sistema nervoso, come le interfacce cervello-computer (Bci), impianti neurali, stimolazione cerebrale profonda. Sono una babele le iniziative annunciate negli ultimi mesi dagli scienziati nel campo della neurotecnologia basata sull’intelligenza artificiale, sulla scia dello sviluppo di Ai di capacità superiori rispetto al passato.
Ad esempio, i ricercatori della Radboud University e dell’Umc Utrecht, in Olanda, hanno utilizzato impianti cerebrali in pazienti affetti da un blocco della parola per rilevare quello che volevano dire. Si sono serviti poi di modelli di intelligenza artificiale per tradurre l’attività cerebrale direttamente in parlato udibile, con una precisione di oltre il 90%. I risultati sono stati pubblicati ad agosto sul Journal of Neural engineering e segnano uno sviluppo promettente nel campo delle interfacce cervello-computer. “Per ora ci sono ancora alcune limitazioni", ha ammesso Julia Berezutskaya, autrice principale della ricerca. “In questi esperimenti, abbiamo chiesto ai partecipanti di dire dodici parole ad alta voce e quelle abbiamo cercato di rilevare. In generale, prevedere le singole parole è meno complicato che farlo con intere frasi”. L’obiettivo di decodificare interi discorsi dei pazienti, basandosi esclusivamente sulla loro attività cerebrale, non sembra però così lontano.
Un’altra interfaccia cervello-computer ha consentito a una donna paralizzata di tornare a parlare attraverso un avatar digitale. A mettere a punto il sistema i neuroscienziati dell'Università della California a San Francisco e Berkeley, che il 23 agosto hanno diffuso i risultati sulla rivista Nature. Nel cervello della paziente è stata applicata una sottilissima pellicola rettangolare contenente 253 elettrodi, i quali intercettavano i segnali cerebrali e li trasmettevano all’intelligenza artificiale. Il team ha anche ideato un algoritmo per sintetizzare il parlato, che è stato personalizzato affinché avesse la stessa voce della donna prima dell’ictus. Infine il volto dell’avatar ricreato sullo schermo del computer è stato animato sulla base dei segnali cerebrali, grazie a un software che riproduce il movimento dei muscoli facciali.
Le interazioni tra utenti e macchine possono cambiare la vita dei pazienti anche in altri modi. I ricercatori dell’Aalto University, in Finlandia, hanno sviluppato una tecnologia che migliora la compatibilità della protesi con l’arto amputato. Si tratta di un’interfaccia mioelettrica (rivolta a sostituire un organo) che estrae le sinergie motorie naturali e si adatta in tempo reale ai nuovi input dell’utente. “In questo sistema”, hanno affermato gli autori, “l’utente e il sistema imparano l’uno dall’altro simultaneamente. Ciò presenta potenziali vantaggi nel migliorare la comodità e la robustezza delle protesi robotiche”.
Ma di esperimenti ce ne sono tanti, e disseminati ovunque. Tipo quello degli scienziati della Virginia University, che stanno testando se le onde sonore possano aiutare le persone a superare la dipendenza da cocaina. La sperimentazione, avviata da poco, utilizza gli ultrasuoni focalizzati per colpire il lobo insulare della corteccia cerebrale, che si ritiene svolga un ruolo fondamentale in molteplici forme di dipendenza. Se la sperimentazione avrà successo, potrebbe aprire la strada a un nuovo importante strumento per trattare la dipendenza in generale.
Modelli sempre più potenti
Un’altra sfida degli scienziati è quella di progettare un’intelligenza artificiale più simile al cervello. La tecnologia Ai di oggi ha al suo interno reti neurali artificiali per vedere le cose in un modo che si ispira al cervello umano, ma a volte vacillano. Insomma, sebbene il loro potenziale sia promettente, i sistemi di visione artificiale non sono ancora modelli perfetti della visione umana. Di recente, i ricercatori del Mit e dell’Ibm hanno riferito di aver reso più robusto un modello di visione artificiale (computer vision) addestrandolo a funzionare come una parte del cervello che gli esseri umani e altri primati, come le scimmie, utilizzano per il riconoscimento degli oggetti.
Altro filone di ricerca riguarda il ruolo degli astrociti nel cervello umano dal punto di vista computazionale. I ricercatori del Mit e della Harvard medical school hanno creato un modello matematico che mostra come queste cellule potrebbero essere utilizzate, insieme ai neuroni, per costruire un trasformatore biologicamente plausibile. Questo studio fa parte di una serie di lavori del Mit e di altri laboratori che evidenziano l’importanza degli astrociti nella codifica neuronale e il ruolo delle interazioni tra astrociti e neuroni per le funzioni cerebrali.
“Sotto steroidi”
Tali progetti hanno sollevato problemi di privacy e questioni etiche. Chi possiede i dati generati e chi dovrebbe accedervi? Questo tipo di dispositivi potrebbe minacciare la capacità degli individui di prendere decisioni indipendenti? A luglio l’Onu ha ospitato a Parigi la Conferenza internazionale sull’etica della neurotecnologia. Prima dell’evento, Audrey Azoulay, direttrice generale dell’Unesco, ha condiviso le sue preoccupazioni. “La neurotecnologia potrebbe aiutare a risolvere molti problemi di salute, ma potrebbe anche manipolare il cervello delle persone, produrre informazioni sulla nostra identità e sulle nostre emozioni. Potrebbe minacciare i nostri diritti alla dignità umana, alla libertà di pensiero e alla privacy. C’è urgente bisogno di stabilire un quadro etico comune a livello internazionale, come ha fatto l’Unesco per l’intelligenza artificiale”, ha affermato Azoulay.
Gabriela Ramos, vicedirettrice generale dell'Unesco per le scienze sociali e umane, ha sottolineato che la neurotecnologia non riguarda solo le tecnologie in fase iniziale, che fanno notizia. La convergenza tra neurotecnologia e intelligenza artificiale è “di vasta portata e potenzialmente dannosa”, nel momento in cui “gli algoritmi ci consentiranno di decodificare i processi mentali delle persone e di manipolare direttamente i meccanismi cerebrali alla base delle loro intenzioni, emozioni e decisioni”.
Secondo Mariagrazia Squicciarini, economista dell’Unesco specializzata in intelligenza artificiale, l’Ai ha messo la neurotecnologia “sotto steroidi”. Si stima che gli investimenti privati nel settore siano cresciuti di più di 20 volte dal 2010 al 2020. Ha aggiunto che l’Unesco non sta dicendo che la neurotecnologia sia una cosa negativa. "Semmai è fantastico", ha detto, sottolineando come la tecnologia potrebbe consentire ai ciechi di riacquistare la vista o alle persone paralizzate di camminare. Ma con la neurotecnologia che “avanza a grande velocità”, si richiede una maggiore regolamentazione.
La società Neuralink di Elon Musk ha recentemente ricevuto l’approvazione della Food and drug administration per testare i suoi impianti cerebrali delle dimensioni di una moneta sugli esseri umani negli Stati Uniti. Nello stesso periodo, gli scienziati dell’Università del Texas hanno rivelato di aver utilizzato scansioni cerebrali e intelligenza artificiale per trasformare “l’essenza” di ciò che le persone pensavano in parole scritte. Il risultato sarebbe stato ottenuto tramite un’interfaccia cervello computer basata sulla risonanza magnetica funzionale (fMRI) che attinge più direttamente alle aree del cervello che producono il linguaggio. Diversi osservatori hanno descritto questo metodo come un primo passo verso la lettura del pensiero, per quanto possa sembrare oggi uno scenario fantascientifico.